Trattato di Brest-Litovsk, 3 marzo 1918: la Russia esce dalla Grande Guerra
Il 3 marzo del 1918 nella città di Brest-Litovsk, nell’odierna Bielorussia, la neonata Repubblica Sovietica russa firma la pace con gli Imperi centrali. Il trattato sancisce la vittoria di questi ultimi sul Fronte Orientale e l’uscita di scena della Russia dalla Prima Guerra mondiale.
Verso la pace separata
Una volta giunto al potere il governo rivoluzionario presieduto da Lenin iniziò ad agire in modo sempre più autoritario nella convinzione che tutto ciò fosse necessario per giungere alla vera e propria dittatura del proletariato. Il nuovo governo manifestò disprezzo per le regole democratiche e avvallò il ricorso a metodi spietati nella lotta al nemico contro-rivoluzionario. Un passo decisivo per l’inizio del “terrore rosso” venne rappresentato dal decreto “La patria socialista è in pericolo!”, firmato da Lenin il 21 febbraio 1918. La guerra in corso, inoltre, che continuava ad essere combattuta con un esercito praticamente alla deriva, costituiva un pericolo gravissimo per il fragile stato rivoluzionario appena nato. Lenin si espose in prima persone e si impegnò fortemente per far accettare alle altre forze politiche e agli stessi bolscevichi l’idea di uscire dal conflitto mondiale.
Il trattato di Bresk-Litovsk, 3 marzo 1918
Il trattato di Brest-Litovsk che sancì l’uscita della Russia dalla Grande guerra venne firmato il 3 marzo 1918. I firmatari erano la Russia bolscevica da un lato e l’impero tedesco, austro-ungarico, la Bulgaria e l’Impero ottomano dall’altro. Fu Georgij Cicerin, diplomatico di carriera subentrato a Trockij come commissario per gli Affari Esteri a mettere la firma sul documento che siglava una pace durissima e umiliante per la Russia: oltre a dover pagare una cospicua indennità di guerra, la Russia perdeva la Polonia Orientale, la Lituania, l’Estonia, la Finlandia, l’Ucraina e la Transcaucasia. Complessivamente la pace di Brest-Litovsk strappava alla Russia 56 milioni di abitanti (pari al 32% della sua popolazione) e la privava del 75% della produzione del carbone e del ferro, del 32% della produzione agricola e di circa 5.000 fabbriche. A parte l’Ucraina il resto dell’area territoriale strappata al precedente Impero russo era costituita da territori che la Russia aveva assorbito e conquistato nel corso dei secoli.
Un prezzo alto ma necessario
Il prezzo della pace fu altissimo per la Russia; Lenin giunse persino a minacciare le dimissioni dal Comitato centrale per superare l’opposizione al trattato, che rimaneva forte nel partito, specialmente tra gli esponenti della fazione raccolta intorno alla figura di Nikolaj Bucharin. Il ridimensionamento territoriale della Russia con lo spostamento del baricentro del paese verso est fu ben simboleggiato dal trasferimento della capitale nel mese di marzo da Pietrogrado a Mosca. Per Lenin e i suoi seguaci la pace separata rappresentò un evento doloroso e umiliante, ma necessario perché la fine alla guerra era stata la parola d’ordine con la quale i bolscevichi avevano ottenuto il consenso tra le masse popolari.Nel firmare il trattato Lenin volle anche dare un segnale rivoluzionario: contravvenendo alle regole della diplomazia internazionale, il leader bolscevico denunciò pubblicamente gli accordi segreti tra le potenze imperialiste, rendendo pubblica a tutti la trama di interessi egoistici che aveva di fatto preparato lo scoppio della Grande guerra. Sul portale 14-18 Documenti e immagini della Grande guerra è possibile consultare periodici, cartoline e volantini relativi al trattato di Brest-Litovsk del 1918.