Gli italiani riconquistano l’isola di Castelrosso nel Dodecaneso
Nel nostro post del 25 febbraio abbiamo analizzato l’operazione Abstention, la conquista da parte di commandos inglesi dell’isola italiana di Castelrosso nel Dodecaneso, piccola isoletta situata a solo 3 chilometri dalle coste turche. Abbiamo concluso il nostro post con i commandos inglesi che annientata la piccola e male armata guarnigione italiana prendono possesso degli edifici principali del piccolo possedimento italiano.
Nel post odierno analizzeremo la reazione italiana all’operazione britannica, che fu un caso non unico ma molto raro nella storia della nostra partecipazione al secondo conflitto mondiale, in cui le nostre Forze Armate reagirono con velocità e determinazione, dimostrando grandi capacità organizzative.
Già nella notte stessa dell’occupazione britannica della piccola isola, da Rodi partirono le torpediniere Lince e Lupo, i cacciatorpediniere Francesco Crispi e Quintino Sella, e poco dopo la mezzanotte del 25 il Lupo si ormeggia nel porto di Castelrosso ed inizia a sbarcare le truppe, opera che deve però presto interrompere per via del rapido deterioramento dello stato del tempo e del mare.
La giornata del 26 e la notte del 26 sul 27 febbraio trascorsero quiete e senza incidenti. Tutti i commandos dormirono a Punta Nifti tranne le sentinelle e le pattuglie di sorveglianza. Ad essi iniziavano a scarseggiare i viveri ed erano piuttosto arrabbiati per il mancato arrivo delle forze che dovevano venire a rilevarli. Vi era qualche reale possibilità di un contrattacco proveniente dal mare e i commandos erano ormai demoralizzati. Per il cibo, essi contavano su qualche sacchetto di gallette biscottate italiane che avevano sequestrato a Paleocastro.
La mattina del 27 alle ore 09.00, mentre pattuglie di commandos dislocate in giro per l’isola per controllare le spiagge e segnalare l’avvicinamento dei rinforzi tanto attese che dovevano venire a rilevare il contingente, avvistarono invece due incrociatori italiani diretti verso l’isola. L’arrivo in porto delle unità italiane, causò il panico tra i commandos inglesi.

Il Lince e Lupo erano infatti tornati insieme ai MAS 541 e 546, ed erano stati raggiunti dal Crispi e dal Sella e all’alba le due torpediniere iniziano a sbarcare le truppe a nord del porto. In tutto vengono sbarcati 250 soldati ed 88 marinai la maggior parte dei quali erano del IV battaglione del 9 ° Reggimento di fanteria della 50ª divisione di fanteria Regina al comando del tenente colonnello Fanizza, che dovevano riconquistare l’isola.
Ben presto le truppe italiane presero terra infiltrandosi lungo le calli e le viuzze che collegano il centro del porto a Paleocastro e verso il cimitero. Attaccano con successo muovendosi con tenacia e ardimento avanzando rapidamente e riconquistando tutte le posizioni, ristabilendo il possesso italiano dell’isola, catturando prigionieri, armi e munizioni ed una bandiera inglese.
Iniziò anche un bombardamento aereo che rese ancora più difficoltosa la posizione delle truppe britanniche. A mezzogiorno, alle due compagnie inglesi rimaste isolate, una al cimitero e una al posto di sbarco, non rimase altra scelta se non quella di ritirarsi scalando la cima dello strapiombo che domina Punta Nifti, conosciuto localmente con il nome di Avlonia. Il loro armamento era leggero e non avevano abbastanza armi e forza numerica per mantenere il controllo della piccola zona costiera dove si erano accampati, decisero quindi di ritirarsi tutti assieme sulla cima più alta.
Gli aerei e le navi da guerra italiane circondano l’isola bersagliando qualsiasi militare britannico che scorgevano a breve raggio. Dopo lo sbarco ed il bombardamento il Lince, insieme al Crispi e al Lupo, si mette a pattugliare le acque a sud dell’isola e alle 2.53, si verifica un’infruttuosa scaramuccia tra il Crispi ed il cacciatorpediniere britannico Jaguar, che si chiude alle 3.30 senza risultati.
Per loro, quando venne il buio, la situazione sembrava quasi disperata, ma decidono di resistere confidando che prima o poi la Royal Navy sarebbe infine arrivata per aiutarli. La compagnia di Sherwood Foresters che avrebbe dovuto rilevare i commandos, partì finalmente da Alessandria d’Egitto alle ore 08.00 del 27 a bordo dell’incrociatore Decoy, arrivando al largo dell’isola poco prima di mezzanotte. I commandos riuscirono a a farsi vedere, accendendo dei fiammiferi e delle torce elettriche.
La seconda ondata della forza d’invasione britannica, comandata dall’ammiraglio Renouf, visto la determinazione con la quale le forze italiane riconquistarono l’isola, non viene fatta sbarcare e al convoglio viene ordinato di ritirarsi e dirigersi verso Alessandria. Viene anzi deciso di evacuare i commandos, nonostante qualcuna delle pattuglie rimaste in giro per l’isola non fosse ancora stata rintracciata nell’oscurità.
Qualcuno fu catturato il giorno dopo dagli Italiani, mentre qualcun altro tentò di raggiungere a nuoto la terraferma in Turchia. Alcuni di quest’ultimi riuscirono poi ad essere rimpatriati, e altri furono dati per dispersi. Il pomeriggio del 1° Marzo 1941 i commandos recuperati, rientrarono a Creta.
Il fallimento dell’operazione Abstention ebbe delle pesanti ripercussioni ad ogni livello. Senza dubbio, il fallimento dell’operazione non fu certo d’aiuto nella campagna di persuasione della Turchia ad entrare in guerra contro le potenze dell’Asse, cosi come l’andamento negativo delle operazioni delle Forze Armate italiana fra le fine del 1940 e l’inizio del 1940, convinsero Francisco Franco, caudillo di Spagna a non attaccare la bse inglese di Gibilterra e non entrare nel conflitto al fianco delle potenze dell’Asse.
Era ovvio che qualcosa fosse andato storto proprio nella prima importante offensiva nel Mediterraneo orientale, sminuendo le aspettative di successo nei piani futuri della Gran Bretagna nel Mediterraneo.
Cunningham, artefice di questa operazione, chiarì nel comunicato datato 28 febbraio 1941 che l’incursione era da considerarsi solo come un tentativo isolato. Lo stesso giorno, Churchill fu informato circa il comunicato di Cunningham sull’esito dell’operazione e trasmise immediatamente un telegramma ad Anthony Eden, Segretario agli Esteri al Cairo, dicendo:
” Sono piuttosto perplesso per qualcosa che ancora non sono riuscito ad accertare su quanto accaduto a Castelrosso.
Il rapporto su Castelrosso non spiega esattamente quanti uomini siano effettivamente sbarcati; dove sono sbarcati; quanto hanno percorso; cos’hanno fatto; che prigionieri hanno fatto; quante perdite hanno subito; come sia stato possibile che il nemico abbia potuto rafforzare la sua presenza dal mare nel momento in cui si supponeva che noi avessimo la supremazia marittima; quali sono state le forze navali e militari che hanno rafforzato il nemico; quando e da dove sono arrivati; com’è stato possibile che quando era già stata annunciata la conquista dell’isola, si sia scoperto solo allora che una grande nave da guerra nemica fosse entrata in porto; se abbiamo mai conquistato il porto e le difese attorno ad esso.
E’ cresciuta anche l’ansietà a causa dei numerosi attacchi aerei.
Questo era prevedibile ?
Da dov’è provenuto ?
Dagli Italiani o dai Tedeschi ?
Prego accertare questi dettagli.
Per queste ragioni è di vitale importanza capire l’intera sequenza di questo piano per Lei e i nostri militari. “
Non è reperibile la risposta data da Eden a Churchill. Il Comandante in Capo in Medio Oriente rispose in data 7 marzo 1941 dando maggiori informazioni sull’operazione, ma dando maggior risalto ai risultati sperati, anziché dire chiaramente che l’attacco nemico dal mare e lo sbarco di una forza molto superiore lo aveva costretto a ritirarsi dall’isola.
Churchill rimase molto perplesso dalle scarne informazioni ricevute e indirizzò quest’ulteriore lettera al Capo di Stato Maggiore generale Ismay:
“Mi sono state riferite solamente delle mistificazioni circa questa operazione ed è compito dello Stato Maggiore far maggior chiarezza.
Voglio sapere come sia stato possibile che la marina abbia consentito lo sbarco di così tanti rinforzi, quando in un affare del genere tutto dipende esclusivamente dalla capacità della marina di isolare tutta l’isola.
E’ necessario chiarire questo punto per impedire che questo possa ripetersi in occasione di operazioni più importanti.
Nessuno dovrebbe far preoccupare la nostra nazione che ci sostiene in qualsiasi maniera ed è pertanto indispensabile che simili situazioni non abbiano a ripetersi mai più. “
Le interrogazioni di Churchill obbligarono Cunningham a dare ulteriori spiegazioni sull’operazione e i motivi per cui la marina non riuscì ad isolare l’isola e a rilevare i commandos. Emersero così tutte le divisioni che esistevano tra esercito e marina e fu chiaro come ognuno si incolpassero fra di loro per questo insuccesso. L’esercito puntualizzò che la vicinanza delle basi aeree nemiche a Rodi non permettevano una difesa dell’isola in grande scala. Dall’altra parte, la marina replicava che la condotta dei commandos in questa operazione, aveva molto da desiderare.
Nella sua autobiografia, Cunningham riporta una lettera che in seguito avrebbe scritto al Primo Lord del Mare:
“La presa e l’abbandono di Castelrosso è un’operazione fallita che non dà credito a nessuno.
Gli Italiani sono stati incredibilmente intraprendenti e non solo bombardarono l’isola, ma colpirono con precisione gli obiettivi e sbarcarono loro truppe dagli incrociatori.
Per qualche imprevisto, non funzionò il sistema radio dell’esercito che si trovò così senza alcuna informazione su quello che stava succedendo.
Questi commandos erano armati leggermente e apparentemente non si potevano difendere se seriamente attaccati.
Avevo inviato ulteriori 25 marines armati di mitragliatrici a bordo del Ladybird, ma qualche pazzoide ha poi dato l’ordine di reimbarcarli.
L’unica cosa che possiamo dire è che da questa esperienza abbiamo imparato molto e che non ripeteremo gli stessi errori. “
Queste divergenze e queste inconsistenti visioni dell’accaduto portarono inevitabilmente ad un’interrogazione convenzionata tra le varie parti in causa che ebbe luogo il 12 Marzo ad Alessandria d’Egitto. Ancor prima che i risultati dell’interrogazione fossero noti, Churchill insistette per scoprire le cause di questo disastro:
“Quali altre misure disciplinari dobbiamo prendere su questo deplorevole pezzo di operazioni sbagliate che sono accadute dopo ben 18 mesi di esperienza in guerra ?”
Con l’interrogazione, vennero mosse nuove critiche sulle responsabilità della marina per non essere riuscita ad isolare l’isola. Tuttavia i risultati finali della stessa non sono mai stati resi noti pubblicamente in quanto una regola Britannica prevede che certe informazioni di carattere militare non vengano divulgate prima che siano trascorsi almeno 100 anni dagli avvenimenti e pertanto tali risultanze potranno essere pubblicate non prima dell’anno 2041.

In totale nei quattro giorni dell’operazione morirono 14 militari italiani mentre i feriti furono 52. Furono fatti prigionieri 12 italiani e fu confiscato un grande numero di armi e munizioni. La stazione radio, la centrale elettrica il palazzo e la casa del Governatore furono seriamente danneggiate durante gli scontri.
Da parte Britannica i morti furono 5, 11 i feriti e 27 furono i dispersi durante la precipitosa evacuazione. Di questi 27 dispersi, 7 non furono mai più rintracciati.
Come punizione per l’assistenza data da alcuni locali ai commandos Britannici, gli Italiani arrestarono 29 cittadini locali maschi sospettati di “attività contro lo stato” e furono deportati prima a Rodi, poi a Coo e infine a Brindisi per essere processati. Molti di questi non ritornarono mai più nell’isola. L’esodo della popolazione da Castelrosso continuò ininterrottamente.
Con il fallimento dell’operazione i britannici rinunciarono per tutta la durata del conflitto a rivendicare l’Egeo e la situazione militare nella zona rimarrà calma fino ai tragici giorni dell’armistizio, quando in seguito al crollo dell’ apparato militare italiano gli inglesi occuparono Castelrosso e le altre isole del Dodecaneso. I gravi errori commessi verranno ripetuti nella notte fra il 13 e il 14 febbraio 1942 durante l’operazione Daffodil, quando il tentativo di conquistare Tobruk presidiato dalle forze del battaglione “San Marco” si risolse in un disastro, con 779 morti e 576 feriti fra i commandos inglesi.
Prima di chiudere il post, vogliamo ricordare che l’isola di Castelrosso fu teatro del film “Mediterraneo” del 1991, diretto da Gabriele Salvatores, con Diego Abatantuono, Claudio Bigagli e Giuseppe Cederna, che ha vinto il premio Oscar per il miglior film straniero nel 1992.