Corsino e Mario, eroi dimenticati morti cacciando mine
PISTOIA – Hanno combattuto una battaglia impossibile con un nemico invisibile e micidiale. Hanno vinto, ma solo con il loro sacrificio. Come fanno gli eroi. Sono i cacciatori di mine, i “rastrellatori” che sono stati a tu per tu con le mine seminate dietro la loro ritirata dai nazisti. Le chiamavano “macchie del terrore” in quei campi proibiti delle nostre colline. Nome che fa capire bene con quale spettro avessero a che fare: pezzi di morte sospesi nel nulla, mischiati con il terreno e implacabili.
Un relitto terribile della guerra, una insidia subdola per la popolazione civile. Vinta solo con il coraggio e il sacrificio di coloro che per mesi si mossero sulle loro tracce, eliminandone a migliaia senza tecniche e senza strumenti particolari: ma solo con decisione e molto coraggio. Ripagato con quasi niente.
Un compito difficile. Una sorta di roulotte russa che ha lasciato sul campo decine di uomini. In Italia il sacrificio di questi eroi silenziosi parla di un migliaio di vittime: una ecatombe. In Toscana ne morirono più di 70, il 90 per cento di questo gruppo di coraggiosi, che operarono per l'esercito italiano, soprattutto lungo la linea gotica: dalla Futa alle nostre colline. E qui parecchi erano pistoiesi. Alla fine ne rimasero meno di 10. Ma quanti drammi hanno disinnescato con il loro sacrificio? Certo furono decisivi per far uscire il loro paese dalle trappole lasciate dietro dalla guerra. Eroi. Eroi silenziosi. Eroi dimenticati.
Se non fosse per qualche ritaglio di giornale e pochi riconoscimenti di qualche studioso di storia locale, sono quasi dispersi.
Di loro rimane solo l'eco lontana di una esplosione. Una mattina di 74 anni fa, proprio il 18 gennaio, morirono sui primi contrafforti delle Piastre, a “Poggiolino”, Corsino Corsini e Mario Meini.
Già quattro mesi prima Pilo Bovani e Francesco Bardi erano passati su una mina sui primi contrafforti della Linea Gotica. Poco dopo a Valdibrana una nuova tragedia in zona “Il Moro”: Arcibiade Civinini e il suo compagno Berto Bechini accorso per aiutarlo, e finito su un “filo fantasma”.
A Croce a Uzzo nell'aprile del 45 la stessa sorte toccò a Spartaco Niccolai. E ancora scoppi fantasma a Cireglio nel dicembre 1945 dove morì Efisio Ledda; e qualche mese dopo nella stessa zona tocca a Sergio Benesperi. Un'ecatombe di "sminatori", tracce drammatiche di una bonifica che è costata ai pistoiesi drammi infiniti. Drammi che sembrano cancellati dai ricordi e dalle radici.
Corsino Corsini si chiama come il nonno, saltato in aria una mattina di 74 anni fa. Lui aveva partecipato nei mesi precedenti alla bonifica di vasti territori, soprattutto lungo la Porrettana.
Corsino Corsini non ci sta che il nonno sia dimenticato e vorrebbe che nella vicinanza del posto dove morì ci fosse un cippo per ricordarne il sacrificio. Il suo e quello di un altro pistoiese, Mario Meini, falciato dalla stessa mina tedesca. Per ricordare tante storie di uomini spente nei campi e fra i boschi della Collina per salvare altri uomini. Per molti anni questa richiesta sacrosanta è stata avanzata, ha raccolto adesioni e seminato promesse.... ma poi, niente: non ci sono cippi o lapidi che ricordano questi brandelli di storia.
Ne c'è, come sembrava fosse cosa fatta qualche anno fa, una strada con il suo nome. O con il nome di altri compagni di avventura, morti per evitare altre tragedie.
E' arrivato forse il momento per capire meglio questo aspetto della nostra storia recente e per recuperarne la memoria.