Notiziario: Vita eroica di Don Annibale Carletti

Vita eroica di Don Annibale Carletti

Durante gli aspri combattimenti in trincea durante la Prima Guerra Mondiale, tra le pietraie del Carso e i ghiacciai dell’Adamello e le nevi del Pasubio, un grande ruolo di conforto ai Fanti italiani fu svolto dai Cappellani Militari, conciliatori tra il ruolo di soldati e quello di messaggero di Dio. La storia di oggi riguarda uno di questi “sacerdoti in grigio-verde”, Don Annibale Carletti, che si guadagnò una Medaglia d’Oro al Valor Militare e una copertina sulla celebre Domenica del Corriere disegnata da Achille Beltrame. Annibale Carletti nasce a Motta Baluffi, in provincia di Cremona, nel 1888; dopo gli studi viene ordinato Sacerdote ma con lo scoppio delle ostilità il 24 maggio 1915 decide di arruolarsi volontario, inizialmente come soldato di sanità, per alleviare le sofferenze dei soldati al fronte, tenendo fede alla sua missione di Cappellano. Promosso Sottotenente, grado cui spettava ai Sacerdoti in divisa, servì nel 207° Reggimento Fanteria della Brigata Taro, partecipando più volte egli stesso ad assalti alle trincee nemiche e soccorrendo numerose volte, sotto il fuoco della fucileria e dell’artiglieria nemica, i soldati feriti e alleviando le sofferenze spirituali ai moribondi. Tanti soldati, raccolti dai campi di battaglia, ebbero in Don Carletti l’ultimo riparo prima di chiudere per sempre la loro esistenza, spesso neanche assistiti dai medici militari perché ormai ritenuti senza speranze.

Don Annibale CarlettiNel maggio 1916, Don Annibale Carletti si distinse particolarmente nella difesa di Passo Buole, attaccato in forza dall’Esercito Austro-Ungarico. E’ in questa circostanza che si guadagnò sul campo la più alta onorificenza al Valor Militare, nella cui motivazione riflette tutto il coraggio che ebbe a dimostrare nella battaglia: “Dal giorno in cui si presentò al Reggimento, con opera attiva ed intelligente, seppe inspirare in tutti i militari i più elevati sentimenti di fede, di dovere e di amor patrio, dando, anche in azioni militari, costante prova di coraggio personale e di sprezzo del pericolo. In vari combattimenti, sempre primo ove più intensa infuriava la lotta, incurante dei gravi pericoli ai quali era esposto, incitava i soldati a compiere, fino all’ultimo, il loro dovere, mostrandosi anche instancabile nel raccogliere e curare i feriti. Ben due volte riunì militari dispersi, rimasti privi di ufficiali, e, approfittando dell’ascendente che aveva saputo acquistarsi fra i soldati, li riordinò e li condusse all’assalto. Intimatagli dal nemico la resa, vi si rifiutò risolutamente, ordinando e dirigendo il fuoco contro le forze preponderanti dell’avversario, al quale inflisse gravi perdite. Costa Violina, 15-17 maggio 1916; Passo Buole, 30 maggio 1916″.

Rimase oltre venti mesi ininterrotti in prima linea, assistendo tutti i soldati del suo Reparto, condividendo con loro le paure e le angosce. Trasferito per breve tempo presso la Scuola Mitraglieri Fiat, vi rimase appena due mesi, prima di tornare in linea quale Cappellano dei reparti di Arditi della 2a Armata. E poi venne Caporetto, di cui condivise le tristi vicende e gli incerti giorni. Lui stesso ricorda come “durante la ritirata, valendomi di un ascendente che ho sempre saputo acquistarmi sui soldati, ho cercato di evitare saccheggi, devastazioni, disordini, violentazioni e profanazione delle cose e della vita umana”. Scrive in Sacerdoti in grigio-verde il Giornalista Emilio Cavaterra sul ritorno di Don Carletti nella sua comunità pastorale a Cremona: “Quando tornò alla diocesi cremonese dalla quale era partito qualche anno prima, Don Annibale fu accolto, anziché con simpatia e ammirazione come s’attendeva, con freddezza e sospetto a causa della fama guerriera che l’accompagnava. A questa strisciante ostilità reagì da par suo, con veemenza, cioè ricordando che per anni era accorso dove i giovani perdevano sangue, dove la vita spasimava tra le strette angosce della morte. Rievocava le uscite con le pattuglie e la guardia dietro le feritoie, ma anche i suoi gesti pastorali, quando andava presso il soldato che non sapeva scrivere alla mamma, che aveva freddo, che non aveva coraggio, che non sapeva perdonare né pregare né sperare”. Tornato da una guerra che lo aveva sconvolto profondamente, Don Annibale Carletti si fece promotore di idee rivoluzionarie per l’epoca, volendo riformare la Chiesa Cattolica dal suo interno, che a suo dire si era allontanata troppo dalla morale cristiana ed evangelica per rincorrere invece un ideale personalistico, quasi da partito politico. Avvenne l’irreparabile: scomunicato, ridotto allo stato laicale, si trasferì a Firenze dove iniziò ad insegnare, diventando al contempo un apprezzato professore di liceo.