I campi di prigionia italiani nel Regno Unito durante la seconda guerra mondiale La storia postale corregge la storia

Di David Trapnell
Negli ultimi anni c’è stato un ritorno di interesse per la storia, e per la storia postale, della seconda guerra mondiale. Per quel che riguarda i campi di prigionia nel Regno Unito, c’è stata molta confusione e grande disaccordo tra vari autori. Sembra che parte dei problemi derivi da un Rapporto, cui si fa frequentemente riferimento, commissionato da una prestigiosa organizzazione britannica finanziata dal governo, English Heritage (Patrimonio culturale inglese). Si tratta di uno studio su tutti i campi di prigionia nelle isole britanniche scritto da Roger JC Thomas. Il problema è che in questo studio non c’è un solo campo in cui si riporti la presenza di prigionieri italiani!
Scrivendo alla Rivista della società di storia postale nel 1995, Michael White chiedeva dove fossero situati i tre campi di prigionia in cui erano detenuti prigionieri italiani. Alistair Kennedy ha fornito alcune risposte immediate. Nel numero successivo della rivista ha incluso un estratto da un libro in tedesco che, diceva, “offre dettagli sui campi nei quali erano detenuti i prigionieri tedeschi. C’è da sperare che esista una lista simile per i prigionieri italiani”. Due numeri dopo, veniva pubblicata un’altra lista con l’intestazione in francese: “Campi di prigionia italiani in Gran Bretagna durante la seconda guerra mondiale”. Sorprendentemente, la lista riportata nei due documenti (che era in inglese) era essenzialmente la stessa! Non indicava dove fossero detenuti gli italiani o i tedeschi ma semplicemente indicava (quasi) tutti i campi di prigionia nel regno Unito - fatto di cui nessuno sembra di essersi accorto fino a poco tempo fa. L’obiettivo dei due documenti non aveva niente a che fare con la storia postale.
Per quel che riguarda la localizzazione dei vari campi di prigionia, nel Regno Unito e all’estero, Peter Burrows ha offerto un rilevante contributo alla nostra conoscenza con la pubblicazione del suo eccellente saggio in sei parti per il quale gli è stato conferito il premio Alan Brown 2015 della Società di Storia postale.
Fino ad oggi non è stata pubblicata alcuna lista di campi britannici nei quali fossero detenuti prigionieri italiani (o tedeschi?). Se consideriamo il fatto che in molti campi i tedeschi e gli italiani erano detenuti in periodi diversi, come possiamo distinguere, settanta anni dopo la fine della guerra, quale gruppo era stato in un particolare campo in un particolare periodo? Se ricordiamo che, sempre in termini virtuali, le due nazionalità erano tenute separate, come possiamo distinguere i campi che detenevano gli italiani da quelli che detenevano i tedeschi?
Per provare che un campo ospitava prigionieri italiani, mi sono messo alla ricerca di lettere inviate dai prigionieri italiani nel Regno Unito, scritte in italiano ed inviate in Italia con una chiara indicazione del numero del campo nell’indirizzo del mittente. Circa la metà di tali lettere riportava anche il timbro di autorizzazione del campo, che includeva il numero del campo stesso. In alcuni casi i timbri erano illeggibili. Più difficili da trovare, ma altrettanto significative, sono le lettere inviate dall’Italia ai prigionieri italiani detenuti nei campi del regno Unito. Inizialmente sono state usate altre fonti di informazione per provare la presenza di prigionieri italiani, anche se sono poi state trovate delle lettere mandate da alcuni di essi. Per esempio, sull’isola di Lambholm, nelle isole Orkney (campo 60) e a Henllan, Galles occidentale (campo 70) ci sono ancora delle baracche, splendidamente decorate e trasformate in chiese cattoliche dai prigionieri italiani che risiedevano in quei luoghi. Nella Foresta di Dean, Gloucestershire (campo 61) c’era un monumento a Marconi con iscrizioni in italiano. Queste testimonianze sono affidabili ma limitate. Alcune fonti letterarie, come il Rapporto dello English Heritage, inducono purtroppo a conclusioni del tutto sbagliate.
I campi nei quali si dice fossero detenuti prigionieri italiani, ma per i quali la storia postale non è stata in grado di fornire conferme, sono stati inclusi in una Tabella che sarà pubblicata on line (ma non in formato cartaceo ) dalla Società di Storia postale all’inizio del 2016.
La mia ricerca di materiali sarebbe stata impossibile senza la gentile collaborazione di Giorgio Migliavacca, Peter Burrows e Mike Grimwade, ciascuno dei quali possiede una ricca collezione di posta dei prigionieri di guerra. Anche la lista dei campi di prigionia italiani in Gran Bretagna, pubblicata su internet da Vitoronzo Pastore, mi è stata di grande aiuto.
Risultati dello studio
Questo studio di storia postale ha mostrato (sembra per la prima volta) che più di 250 campi sono stati occupati da prigionieri italiani almeno per una parte del periodo bellico. Tuttavia, il numero 250 non è esatto, perché in alcuni casi alcuni campi hanno avuto più di un numero (in momenti diversi) ed in altri casi c’è stato più di un campo con lo stesso numero nello stesso momento! Le lettere inviate dai prigionieri italiani che fanno parte di questo studio hanno definitivamente provato che 16 campi, descritti come campi di lavoro tedeschi nel recente libro di Jon & Diane Sutherland, erano occupati da prigionieri italiani.
Per più di 190 dei 250 campi, è stato definitivamente dimostrato che vi fossero detenuti prigionieri italiani, sulla base della corrispondenza da essi inviata. Per i restanti campi inclusi nella Tabella esistono elementi di prova indicanti una presenza italiana, ma questa presenza non è stata comprovata da alcuna corrispondenza da parte dei prigionieri italiani.
Da questo studio sono anche emersi altri aspetti di cui non si era ancora a conoscenza, in parte a seguito dell’ottenimento delle copie della corrispondenza completa di due prigionieri di guerra italiani gentilmente inviatemi dalle loro figlie.
La corrispondenza del Sergente Bruno Porciani mostra che era stato catturato ad El Alamein, Nord Africa, nel luglio 1942. Appena giunto nel Regno Unito nell’ottobre del 1942, è stato dapprima mandato al “Campo 8”. Poiché non gli era permesso di dire dov’era, non possiamo sapere in quale dei tre campi, ciascuno noto come “N.8” , fosse in effetti detenuto. E’ rimasto in quel luogo fino al mese successivo. Una carta postale datata 10 dicembre 1942 mostra che in quella data era giunto nel campo 61 (Wynol’s Hill Camp, Forest of Dean, Gloucestershire). E’ rimasto in quel campo fino a poco tempo prima del suo rimpatrio, avvenuto all’inizio del 1946.
All’inizio il timbro di autorizzazione del Campo 61 era del tipo a doppio anello. Un nuovo tipo di timbro ad anello singolo - il più comune fra i molti tipi diversi di timbri di autorizzazione esistenti nei campi di prigionia del regno Unito - è stato usato per la prima volta sulla sua corrispondenza il 14 gennaio 1943. Ed è rimasto in uso nel Campo 61 fino a quando è partito per rientrare in patria nel gennaio 1946. La sua corrispondenza, costituita da 43 pezzi, rivela alcune fasi interessanti dello sviluppo delle corrispondenze dei prigionieri nel corso della guerra. La lettera del 14 dicembre 1942 era la prima ad essere qualificata come “lettera in italiano” (come sempre fatto da allora in poi).
Questa pratica di qualificare le lettere indicando la lingua usata era così comune da far ritenere probabile che ai prigionieri presenti nel Regno Unito (come in alcuni altri paesi europei) si richiedesse di seguirla, anche se alcuni non lo facevano. L’intento era di accelerare le procedure di censura. Un’indagine di tali indicazioni, fatte a mano o con un timbro, è stata pubblicata in Postal history, 2015. Alcuni campi applicavano un timbro con la stessa dicitura.
La lettera di Bruno Porciani del 9 settembre 1943 è stata la prima sottoposta a censura tedesca, avendo raggiunto l’Italia subito dopo la resa del Regno d’Italia dell’8 settembre 1943. Il primo timbro di censura britannico di tipo meccanico, da distinguere dai timbri a mano utilizzati fino ad allora, è stato apposto sulla sua carta postale datata 26 luglio 1945 mentre il primo timbro di censura britannico che includeva anche delle linee a onda era datato 24 settembre 1945. Questo timbro meccanico era usato nella seconda metà del 1944 in altri luoghi del Regno Unito. All’inizio, come per il Campo 61, nel timbro del censore esisteva solo l’elemento “corona”. Le linee a onda sono state introdotte più tardi, nell’estate del 1945.
Il diritto all’affrancatura gratuita per i prigionieri di guerra restava in vigore fino a quando i prigionieri si trovavano in territorio britannico. Tuttavia, dal novembre 1945 Bruno Porciani ha inviato tutta la sua corrispondenza per posta aerea, alle tariffe correnti nel Regno Unito, affrancando con francobolli postali. La sua ultima lettera prima dell’applicazione dei francobolli era datata 5 ottobre 1945, mentre la lettera del 12 novembre 1945 era la prima inviata per posta aerea. Questa busta è anche inclusa in uno studio separato sulla corrispondenza per posta aerea da parte dei prigionieri italiani nel Regno Unito. L’ultima lettera di Bruno Porciani dal regno Unito, sempre dal Campo 61, è datata 17 gennaio 1946. Non c’è stata alcuna comunicazione postale da un campo di transito sulla strada verso casa.
Corrispondenza privata di Mario Ferlito
La corrispondenza è costituita da sette pezzi, dei quali solo gli ultimi due sono di particolare rilevanza per la storia postale. Impostate il 3 maggio 1946 e il 3 luglio 1946, sono state entrambe spedite per posta aerea con l’affrancatura pagata. Questo fatto collega tale corrispondenza con il gruppo Porciani e le distingue da qualsiasi altra lettera di prigionieri inviata nel dopo guerra dal Regno Unito all’Italia. L’uso della posta aerea era molto insolito. Le collezioni di Peter Burrows e Mike Grimwade, che comprendono varie centinaia di carte postali e lettere di prigionieri italiani e tedeschi, non includono alcuna lettera inviata per posta aerea. Perché mai queste lettere erano state spedite per posta aerea? Non lo sappiamo con certezza. Un’indicazione utile potrebbe derivare dal fatto che Mario Ferlito ha scritto in una lettera che nel campo era finita la carta da lettere standard data in uso ai prigionieri e che, con l’aiuto di un civile, aveva dovuto procurarsi un foglio e busta- e presumibilmente anche l’affrancatura. Il sergente Porciani non a fatto alcun riferimento alla posta nella sua corrispondenza.
La prima carta postale inviata da un prigioniero di guerra era il modulo di Notifica di cattura. Questa carta postale era il mezzo con cui un prigioniero dava le prime notizie alla famiglia sulla sua cattura. Con l’intestazione in italiano “Carta postale per l’uso dei prigionieri di guerra”, riportava delle istruzioni alla base e sul lato della parte anteriore che ammonivano: “Attenzione. Nulla si deve aggiungere altrimenti questa carta verrà distrutta” e “Cancellare tutto ciò che non è applicabile”. La carta del sergente Porciani era stata inviata dal campo 308 in Egiitto il 26 luglio 1942. Anche la notifica di Mario Ferlito era stata probabilmente inviata dal Nord Africa (Tunisia).
Quando l’esercito registrava per la prima volta un prigioniero italiano nel regno Unito, per ogni uomo veniva completato un modulo dell’esercito W.3000 (italiano). Questo modulo consentiva la registrazione di tutti i luoghi nei quali il prigioniero era detenuto. Quando il prigioniero era trasferito, il modulo veniva trasmesso con lui al campo successivo. Era timbrato e datato in ciascun nuovo punto di arrivo e al momento della ripartenza. Questi moduli (pochissimi) hanno un gran valore per gli storici postali. La parte anteriore aveva uno spazio per la firma del prigioniero, ma in questo modulo non è stato riempito.
Laura Porciani PoW CAMPO 61