Era orfano di padre, Carmelo Raiti, Aviere imbarcato sugli Idrovolanti Cant Z 506B per la ricognizione marittima, con funzione di mitragliere. Durante il primo conflitto mondiale suo padre Carmelo, effettivo presso il 64° Reggimento Fanteria, Brigata Cagliari, a causa delle ferite riportate precedentemente in un combattimento, moriva mentre si trovava ricoverato presso l’Ospedale Militare di Cava de’ Tirreni: era il 2 marzo 1917. Cresciuto con la madre e con i nonni in un piccolo paese in provincia di Siracusa, Sortino, raggiunta la maggiore età e terminati gli studi, decise di arruolarsi nella Regia Aeronautica, venendo trasferito, dopo il corso, presso il 31° Stormo da Bombardamento Terrestre. Trattenuto in servizio, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale prenderà parte, in qualità di mitragliere di bordo, a numerose missioni nei cieli sopra l’Isola di Malta e il Mar Mediterraneo. Per la voglia e la determinazione nell’affrontare i numerosi apparecchi da caccia nemici, verrà insignito della Croce di Guerra al Valor Militare: “Armiere di apparecchio da bombardamento, partecipava a numerose azioni di guerra su basi lontane e munitissime, distinguendosi per capacità, ardimento e sprezzo del pericolo. Cielo del Mediterraneo Occidentale, giugno-agosto 1940”.
Trasferito nell’ottobre 1940 presso la 287a Squadriglia da Ricognizione Marittima, compirà numerosi voli di ricognizione alla ricerca di convogli alleati e navi da guerra. Come il 3 aprile 1941, quando veniva segnalata la presenza in Mar Mediterraneo della Portaerei HMS Ark Royal, in procinto di lanciare i suoi velivoli a difesa dell’Isola di Malta. Intercettato il Cant Z 506, iniziò un impari duello con gli aerei da caccia inglesi: durante un primo attacco, Carmelo Raiti riuscì a mettere in fuga l’avversario, tanto da abbatterne uno. Durante il combattimento, però, venne ferito ad un braccio e ad una gamba: nonostante gli altri membri dell’equipaggio gli intimassero di allontanarsi dalla mitragliatrice per farsi sostituire, volle rimanere al suo posto, pronto a fronteggiare un secondo attacco. Questa volta, purtroppo, una raffica lo colpì alla testa, uccidendolo al suo posto di combattimento. Il velivolo, gravemente danneggiato, fu costretto ad un ammaraggio di fortuna, prima di affondare: l’equipaggio superstite trascorse più di diciotto ore in mare sul battellino di salvataggio in balia delle onde, prima di approdare sulla costa algerina. Alla sua Memoria venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: “Armiere a bordo di aereo da ricognizione marittima lontana, compiva numerosi voli di guerra, dando costante e luminosa prova della sua non comune perizia e di superbo sprezzo del pericolo. In una azione, con preciso fuoco della sua arma, respingeva l’attacco di due caccia nemici, colpendone uno e fugando l’altro. Con immutato entusiasmo, partiva volontario su un apparecchio isolato avente il rischioso compito di ricercare una formazione navale nemica, comprendente una nave portaerei. Attaccato da tre caccia, conscio che dal suo comportamento dipendeva la sorte dei compagni di volo e l’esito della missione con la consueta ammirevole calma rispondeva al fuoco nemico, con efficaci raffiche della sua arma. Gravemente ferito al braccio e alla gamba destra, vincendo lo strazio della carne martoriata, non desisteva dalla lotta, ma dal copioso e generoso sangue che gorgogliava dalle sue ferite, traeva incitamento a combattere e con preciso tiro abbatteva uno degli assalitori. In un successivo attacco, le mitragliere avversarie lo colpivano a morte. Le sue mani nell’attimo del trapasso, restavano avvinghiate ancora all’arma fedele e la mantenevano puntata ancora verso il nemico che si dileguava. Cielo del Mediterraneo, 3 aprile 1941″.
Il resto dell’equipaggio dell’Idrovolante Cant Z 506B era composto dal Tenente Pilota Raffaele Fiocca, dal Guardiamarina Osservatore Giovanni Zen Mora, dal Sergente Pilota Nello Gatti e dagli Avieri Bruno Barbieri e Ottavio Di Giampietro: tutti riceveranno la Medaglia d’Argento al Valor Militare. In particolare, il Tenente Fiocca, veniva raggiunto da alcuni frammenti di scheggia alla testa, cosa che lo costrinse a lasciare i comandi al suo secondo, senza però desistere dal continuare a dare ordini chiari e precisi. La motivazione dell’onorificenza a lui conferita ne è la prova: “Ufficiale Pilota di provata esperienza ed entusiasmo, nelle numerose, rischiose, azioni di guerra compiute dava costante prova di grande calma e sereno coraggio. In missione isolata, dopo avere avvistato unità navali nemiche, veniva attaccato da tre caccia levatisi in volo da una nave portaerei. Sotto le raffiche nemiche manovrava abilmente per schivare gli attacchi e permettere ai mitraglieri di rispondere efficacemente al fuoco avversario. Colpito alla testa, in modo non grave, lasciava forzatamente i comandi al secondo pilota per stagnare il copioso sangue che sgorgava dalla ferita ma non cessava di incitare il suo valoroso equipaggio durante tutta l’epica lotta. Dopo avere abbattuto uno degli attaccanti, con le armi divenute inefficienti per la morte del mitragliere e l’esaurimento delle munizioni, con l’apparecchio crivellato dai colpi nemici, ordinava l’ammaraggio. Nelle lunghe, estenuanti, ore trascorse in mare prima di raggiungere la costa rincuorava i superstiti mantenendo integro il loro spirito e la fiducia nella comune salvezza. Cielo del Mediterraneo Occidentale, 3 aprile 1941”.