

Ma l’avanzata tedesca a marzo è già bloccata: da questo momento, per undici interminabili mesi, si consumerà a Verdun la logorante guerra di posizione che vedrà, alla fine, il 19 dicembre 1916, né vincitori né vinti, ed entrambi gli eserciti dissanguati: tra morti, feriti, mutilati e dispersi, mancheranno all’appello più di un milione di uomini. Lo Stato Maggiore francese, dopo l’iniziale sbandamento, affidò la direzione del fronte all’anziano Generale Philippe Pétein che, nelle prime settimane, farà confluire sull’intero settore oltre 190.000 uomini e 25.000 tonnellate di materiali e munizioni: per suo diretto ordine, le divisioni devono avvicendarsi frequentemente, così che, alla fine, tutte e novantacinque le divisioni costituenti l’Esercito Francese avranno combattuto sul fronte di Verdun; i Tedeschi, invece, preferirono alimentare le divisioni distrutte con riserve e complementi, riducendo di fatto la combattività degli uomini. Per ogni metro conquistato alle forze francesi, i Tedeschi dovevano fare i conti con i reticolati, con le mitragliatrici e con i tiri dell’artiglieria; anche se il 9 aprile riuscirono a fare dei limitati progressi conquistando il Mort Homme, attaccando su entrambi i lati della Mosa, le forze di Falkenhayn risultarono spaventosamente dissanguate: intere compagnie ed interi reggimenti non esistevano più. Inoltre, temendo un’offensiva di alleggerimento inglese sulla Somme, lo Stato Maggiore tedesco esitava a distogliere forze da un settore “relativamente” tranquillo se paragonato all’inferno di Verdun.
Ma la tattica adottata da Pétein non riceveva le dovute simpatie allo Stato Maggiore: agli inutili massacri degli assalti della fanteria preferiva, infatti, il bombardamento dell’artiglieria; venne così rimosso e sostituito dal Generale Robert Nivelle, che diede così ordine di tentare l’assalto e riprendere il controllo di Douaumont, attacco fallito miseramente con un
massacro di uomini senza precedenti: nell’Esercito Francese iniziarono così a manifestarsi i primi atti di diserzione, puniti severamente con la decimazione. Nel frattempo, a giugno i Tedeschi compirono nuovi attacchi conquistando Vaux e Thiaumont, ma l’offensiva russa contro l’Austria-Ungheria costrinse Falkenhayn a distogliere ingenti forze in soccorso dell’esercito di Vienna. Il 10 luglio, le forze tedesche mossero alla volta di Souville, utilizzando anche gas fosgene (lo stesso che annientò gli Italiani a Plezzo) senza ottenere grossi risultati: il fronte resse. Anzi, la peggior aspettativa dello Stato Maggiore tedesco prese corpo, quando già dal 23 giugno 1916 gli Inglesi iniziarono la lor offensiva sulla Somme: altro trieste capitolo che porterà ad un’inutile carneficina, con oltre un milione e duecentomila morti. Da questo momento in poi, la spinta germanica si fece sempre più fiacca, costringendo lo Stato Maggiore tedesco alla difensiva. La battaglia, tuttavia, non poté considerasi conclusa fino a quando i contrattacchi francesi non ripresero Douaumont e Vaux, nonché Louvemont e Bezonvaux tra il 12 e il 16 dicembre 1916: ironia della sorte, la fine della più grande battaglia del primo conflitto mondiale non modificò in alcun modo le posizioni tenute da entrambi gli schieramenti.
Cento anni dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Verdun è stata assurta a simbolo dell’orrore di tutte le guerre e la letteratura che ne fiorì (celebre fra tutti Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque), mettendo in risalto le componenti umane del dramma, lasciò in ombra i manuali militari di strategia e tattiche buoni solo per le accademie militari. E raccontare oggi, e soprattutto capire, dopo quasi un secolo cosa fu Verdun o la Somme, cosa significò per i milioni di soldati che tra il fango delle trincee, i reticolati, i bombardamenti dell’artiglieria, i ratti, i pidocchi e gli assalti all’arma bianca, è recarsi in composto e rispettoso silenzio all’Ossario di Douaumont, dove hanno trovato la loro ultima dimora oltre 130.000 soldati ignoti (solo 15.000 hanno un nome e un cognome) appartenenti agli eserciti di Francia e Germania: furono nemici al fronte, ma subirono lo stesso triste destino, assieme a tanti mai più ritrovati.