Notiziario: VARSAVIA: Morti nel lager sepolti da un tombino

VARSAVIA: Morti nel lager sepolti da un tombino

di Ivano Tolettini
Lo scandalo dei militari italiani morti nel campo di concentramento polacco di Stargard, vicino a Stettino, e seppelliti in un ossario al quale si accede attraverso un tombino nel cimitero di Bielany, alla periferia ovest di Varsavia, dura da 55 anni. «Dimenticati di Stato» li ha definiti il ricercatore veronese Roberto Zamboni, che ha dato voce al lugubre silenzio. «Una vergogna per l'Italia che ha il culto dei morti e che qui dimostra assoluta insensibilità, seppellendo le vittime del lager sotto un tombino», dice angosciato Oscar Staffoni. Egli casualmente un anno e mezzo fa, contrariamente a quello che sapeva ufficiosamente, ha appreso che il padre maresciallo maggiore Antonio, nato nel 1899, comandante dei carabinieri di Piovene dal 1930 al 1935, e spirato di stenti il 18 aprile 1944 per essere rimasto fedele a quella monarchia in fuga e per avere detto di no alla Rsi, è seppellito nella capitale polacca. Nel sacrario realizzato nel 1926 sono sepolti 2283 caduti italiani, di cui 868 della Prima Guerra mondiale e 1415 della Seconda. Su due lastre di marmo, sulla destra e sinistra dell'ingresso principale, sono incisi i nomi di 493 caduti.  Per vedere i loculi, però, bisogna sollevare un coperchio di cemento e scendere tre metri sotto terra servendosi di una scala metallica messa a disposizione da un solerte custode, che parla italiano. Prima bisogna però indossare un sacco di naylon per non lordare gli indumenti. Il cunicolo è profondo e lungo tre metri, e largo 80 centimetri. La scena è da girone dantesco.  Quale altra nazione tratta i morti nei lager così? Allo scledense Oscar Staffoni, 75 anni, si inumidiscono gli occhi. Per la prima volta egli è di fronte alla macabra ostentazione di trascuratezza dello Stato italiano, che tramite il ministero degli Esteri gestisce il cimitero, mentre pulisce la targhetta in ottone che indica l'urna che contiene i  resti del papà.