Notiziario: Un altro primato italiano sconosciuto – Il bombardamento delle isole del Bahrein

Un altro primato italiano sconosciuto – Il bombardamento delle isole del Bahrein

Nell’ottobre del 1940 viene progettata una missione aerea offensiva mai pensata da nessuna forza aerea in conflitto, una missione ispirata alle teorie di strategia aerea del generale Dohuet, il bombardamento dei pozzi petroliferi di Manama nelle isole delle Bahrein, a migliaia di chilometri dalle spiagge di Rodi, nel possedimento italiano della isole del Dodecaneso.

Questa missione fu la più lunga tra quelle effettuate in totale autonomia di volo fra tutte le aeronautiche belligeranti nei teatri d’operazione europei ed orientali. In questo senso essa fu un primato sebbene poco noto, si trattava di coprire la distanza di 4.100 km, nel corso dell’intero conflitto mondiale nessuna Aeronautica riusci neppure lontaneamente ed eguagliare questa distanza.

L’idea nasce in ambito Superaereo, Ettore Muti allora Segretario del Partito Nazionale Fascista conosciuto anche come “il più bel petto d’Italia”, per l’alto numero di decorazioni ricevute per le missioni di guerra nell’abito della Regia Aeronautica,accetta immediatamente la proposta. Pertanto richiede il sostegno del generale Pricolo, all’epoca capo di stato maggiore della Regia Aeronautica, che gli promise quattro Savoia Marchetti SM 82 a condizione di un analisi rigorosa del piano di volo.

Ettore Muti soprannominato il più bel petto d'Italia per l'altro numero di decorazioni
Ettore Muti conosciuto anche come “il più bel petto d’Italia”

Viaggiare con oltre 3 tonnellate di sovraccarico non era impresa semplice, considerando la bassa velocità di crociera consentita (meno di 300 km/h) una semplice brezza contraria di 30 km/h avrebbe significato terminare la missione in pieno deserto arabico. A queste difficoltà oggettive se ne aggiunse una di natura politica, l’incolumità di Muti, preoccupava i vertici della Regia Aeronautica.

Quando Pricolo esternò tale preoccupazione a Mussolini ebbe la seguente risposta “se Muti e i suoi pensano di potercela fare, lasciateli fare”. Questa affermazione unitamente alla conferma tecnica della fattibilità da parte del generale Bernasconi diedero il via ufficiale alla missione. I velivoli decollati da Ciampino il 14 ottobre atterrano a Gadurrà e nei giorni seguenti effettuano le simulazioni con fusti di acqua a bordo.

Per la missione si allestirono quindi i 4 Savoia Marchetti SM 82 Marsupiale promessi da Pricolo, del 41° Gr.Autonomo con 3000 litri in più di carburante ed un carico di bombe dirompenti da 15 kg. Ai comandi del velivolo capo formazione, erano – T.col.Ettore Muti, il Cap. Paolo Moci e il Maggiore Roma , sul secondo velivolo – gregario – Capo equipaggio Ten. Col. Federici, sul terzo velivolo gregario Capitano Meyer e quarto velivolo gregario Capitano Zanetti.

Un Savoia Marchetti SM82 Marsupiale in volo con la Regia Aeronautica

Non essendo possibile il ritorno per la stessa rotta a causa della limitazione di autonomia dei velivoli S 82 Marsupiale impiegati e per la prevedibile reazione avversaria, la formazione doveva atterrare nel territorio dell’Africa Orientale Italiana precisamente a Massaua.

Due parole prima di raccontare la missione sul mezzo utilizzato per la stessa. Il SAVOIA – MARCHETTI SM 82 meglio noto come “Marsupiale” volò la prima volta il 30 ottobre 1939 nella versione da  trasporto, mentre il modello armato volò il 5 febbraio 1940. Concepito inizialmente, come aereo da trasporto pesante: poteva trasportare carichi pesanti ed ingombranti e fino a 40 uomini equipaggiati di tutto punto. Era il diretto discendente del SM 75, la fusoliera era a due livelli, separati da una pavimentazione in metallo removibile all’ occorrenza. Venne impiegato su tutti i fronti sia come velivolo da trasporto e per esigenze belliche particolari alcuni esemplari vennero convertiti in versione bombardiere ed armati con mitragliatrici.

Torniamo ora al racconto dell’impresa. La formazione decollò da Gadurrà alle ore 17,10 del 18 ottobre 1940. La visibilità era scarsissima infatti uno dei 4 SM 82 perse il contatto visivo con la formazione restando indietro, così intorno alle ore 02:00 del 19 ottobre i velivoli furono sopra le isole Bahrain. Tre aerei sganciarono il loro carico dirompente sulla raffineria, il quarto velivolo rimasto separato dalla formazione sganciò per errore le bombe su Dhahran, senza provocare danni.

Il percorso compituo dai 4 marsupiali.jpg

I quattro bombardieri ripiegarono verso la rotta di rientro intorno alle 05:00 per dirigersi in Eritrea ed atterrare sull’ aereoporto di Massaua. Giunti vicino la linea della costa, vengono avvertiti che Masaua e zone limitrofe a nord erano sotto attacco, i quattro decisero di dirottare verso l’aeroporto più vicino che era situato a Zula a circa 60 Km da Massaua, con un volo radente sul mare – per non essere intercettati dagli inglesi – alle ore 09:00 gli SM82 atterrarono a Zula con un autonomia di soli 30 minuti di volo. L’impresa era compiuta! Erano stati coperti 4.100 km in 15 ore e 33 minuti di volo.

Ecco il racconto della missione che ne fa uno dei protagonisti: il Capitano Paolo Moci:

«Dopo il decollo, quando in formazione completa iniziavamo la navigazione in salita verso il Libano, mi accorsi che ero tutto sudato come se fossi uscito da una sauna! Ma ero sereno, rilassato e soddisfatto: ce l’avevamo fatta!…Alle ore 18,35 raggiungiamo la quota ottimale di navigazione: metri 3.000. Sopraggiunge presto la notte. Intravediamo sulla nostra sinistra l’isola di Cipro e correggiamo la rotta per la presenza di forte vento da Ovest. In quel momento stavamo volando sopra un banco di nubi a carattere temporalesco: lampi frequenti illuminavano vistosamente per un attimo il dorso dei cumuli nell’oscurità della notte poi tornava il buio. Poco dopo la luna si presentava alla nostra vista e di colpo aumentava la visibilità. La presenza delle nubi l’aveva occultata fino quel momento, alle 20.00~eonosciamo Beirut, e venti minuti dopo Damasco: questo è l’ultimo punto di riferimento, dopo di che il deserto, fino alle coste dell’obiettivo.Navigazione tranquilla per un certo tempo e poi saliamo a quota: metri 3500, per superare formazioni cumuliformi. Poco dopo, alle ore 22,30 Federici informa di aver perduto il contatto visivo con la formazione.Per agevolare i gregari nel tenerci d’occhio durante il volo notturno avevo fatto dipingere sulle nostre ali due grossi rombi bianchi, illuminati con due lampade che rendevano visibili l’aereo anche da lontano.Avevo anche previsto, in caso di perdita di contatto visivo, una procedura di ricongiungimento, consistente in un’emissione radio del capo pattuglia, a potenza di antenna ridotta, che avrebbe consentito ai gregari. dotati di radiofaro di ricollegarsi nuovamente con noi. Non mi preoccupavano né gli avvistamenti né le intercettazioni radio nemiche, perché avevo calcolato che, dopo le prime ore di volo, a meno della zona d’arrivo, non avremmo dovuto incontrare caccia avversari Alle 22,40 Federici. aiutato dalla nostra trasmissione, è nuovamente in formazione. La visibilità è diminuita per l’aumento della foschia, tanto che Federici e Zanetti perdono il contatto con la formazione. Ma 20 minuti dopo con la solita procedura, sono di nuovo in pattuglia. Alle ore 24.20 siamo sulla costa del Golfo Persico, e riconosciamo Dohat-Az-Zar. dirigiamo verso l’obiettivo. Alle ore 01,90 aumenta ancora la foschia, riduciamo a quota di 1000 metri per non perdere il contatto con il terreno. Alle ore 0,30 ancora emissione d’antenna per agevolare il velivolo n. 4 (Federici) a mantenere la formazione. La visibilità è effettivamente scarsa. Per questo scendiamo a quota 1500 metri e così possiamo riconoscere la città di EI Katiff.
Alle ore 02.00 con l’aiuto di alcuni fari in funzione, riconosciamo le isole Bahrein e un quarto d’ora dopo siamo su Manaua. Alle ore 02.20 tiriamo sulla raffineria, ben identificata perché illuminata a giorno. Anche Manaua e Mubarrak sono illuminate. Roma dalla cabina di puntamento vede i bagliori delle esplosioni delle nostre bombe sulla raffineria e dintorni.Per garantire la simultaneità del tiro delle bombe dei gregari con le nostre, usammo l’accorgimento di accendere una luce molto appariscente sulla cabina di puntamento nell’attimo dello sgancio del primo grappolo di bombe. Lanciammo sull’obbiettivo 132 bombe da 15 Kg. l’una, cioè bombe relativamente piccole per consiglio dei tecnici della nostra Direzione Generale delle Armi e delle Munizioni: essi le ritennero più adatte, essendo numerose a provocare danni diffusi agli impianti da colpire. In effetti, dalle informazioni successive venimmo a conoscenza dopo qualche giorno, di aver provocato seri danni alle strutture di raffinazione.
L’aeroporto di Manaua, sentendo aeroplani in volo, non pensò nemmeno per un attimo all’ipotesi che fossero nemici ed accese le luci della pista per agevolare l’atterraggio ma le chiuse immediatamente subito dopo il nostro bombardamento. Dirigiamo quindi in rotta per Massaua (Africa Orientale) e lentamente riprendiamo quota d’ottima navigazione ai fini del minor consumo di carburante e cioè 3000 metri. La visibilità è notevolmente migliorata. Alle 6.20. vediamo davanti a noi una serie di catene montuose con andamento generale Nord-Sud. Sono le montagne che ci separano dalla costa, sotto i noi, sul terreno i primi rari segni di vegetazione. Sul nostro traverso a destra, verso Nord, c’è la Mecca e Medina. le città di Maometto ed allora mi torna in mente un avviso che ci è stato comunicato a Roma, prima della partenza: si dice che la zona che stiamo sorvolando essendo vicina alla Mecca è vietata ai non mussulmani. Se fossimo stati sorpresi a terra, come cristiani, saremmo stati sicuramente scotennati dagli ortodossi islamici. Ma eravamo tranquilli: i motori andavano bene e non avevamo nessun’intenzione di scendere per cogliere.., qualche fiore del deserto.
Alle ore 7,30 siamo sulla verticale della costa: sotto di noi c’è l’abitato di Wakla e riconosciamo l’isoletta di Simer. Rinunciamo a dirigere su Massaua e poggiamo verso Zula perché in quel momento c’informano via radio da terra che l’aeroporto di quella città e sotto bombardamento. La presenza di forze aeree avversarie in zona ci suggerisce di portarci subito in volo radente sul mare per evitare, se possibile, sgraditi incontri con i caccia nemici: i nostri aerei sarebbero sicuramente perdenti in un combattimento con i «Gloster Gladiator» che stavano operando a Massaua. Alle ore 8.25 siamo sull’isola di Gahbihu del gruppo delle Dahlak e dopo 20 minuti atterriamo a Zula. Il vento favorevole nel primo tratto del volo ci consente di giungere all’atterraggio con una sufficiente riserva di benzina; avevamo chi più e chi meno un’autonomia residua di circa 30 minuti.In mattinata abbiamo la visita del Duca d’Aosta (vicerè d’Etiopia ndr) che si trattiene con noi un paio d’ore»