
Allora ci siamo recati a Cittadella, là dove riposano 17.652 soldati dell’Impero di Vienna, caduti sul fronte italiano nella Prima Guerra Mondiale contro il Regno d’Italia: non sapremo mai quali furono gli ideali o le speranze di quei giovani che vestirono l’uniforme con lo stemma degli Asburgo; molti di loro, probabilmente, neanche sapevano del perché la loro Nazione era in guerra con gli Italiani o i delicati
equilibri militari e strategici che portarono alla guerra fratricida tra Europei: anzi, magari, come poteva capitare per un esercito poliglotta come quello austro-ungarico, molti parlavano la lingua di Roma e altri ancora, specie chi venne destinato al settore alpino, conosceva personalmente l’avversario sulla cima opposta. Ci fu chi morì per le malattie contratte al fronte, chi per le ferite e chi in prigionia: diverse migliaia dei soldati presenti a Cittadella, infatti, erano prigionieri di guerra catturati dagli Italiani durante le operazioni belliche. Come i soldati di Sua Maestà sepolti a Dueville (134 Caduti) e a Montecchio Precalcino (439 Caduti): essi morirono negli ultimi mesi della guerra, dall’aprile 1918 fino agli inizi del 1919, dopo che avevano esalato l’ultimo respiro presso gli ospedali da campo delle retrovie. In particolare, a Dueville erano stati costituiti due ospedali di smistamento presso le scuole del centro abitato, mentre a Montecchio avevano la loro sede il 9°, il 24° ed il 39° Ospedale di Smistamento.
Stan Sasve, Johann Fabringer, Ferdinand Mober, Jokob Ravaln, Harry North, George Arthur Davis, Frank Watkins, Harry Crossland: assieme ad altre migliaia di loro commilitoni sono caduti sul fronte italiano; alcuni erano nostri alleati, altri nostri avversari. C’è tanto da imparare sulla nostra Storia andando per trincee, sacrari e cimiteri militari: è quello che tentiamo di fare raccontando le loro storie, ricordando il loro sacrificio e recandoci sui luoghi della memoria. Ricordiamoli come è giusto che sia e non solo a margine delle cerimonie ufficiali che a breve fioriranno in tutta Europa per il centenario della Grande Guerra: sono i nostri nonni e bisnonni che sono caduti al fronte e se li dimentichiamo, come amava ricordare Gianmaria Bonaldi, classe 1893, Alpino del Battaglione Edolo, “potrebbero pensare di essere morti invano ed allora si sentirebbero ancora più soli”.