STORIA
Il 13 settembre 1943, a Frascati, moriva per un colpo di pistola alla tempia il numero due dell' esercito italiano Maresciallo Ugo Cavallero 63 anni, fedelissimo del regime fascista. Dopo il 25 luglio, aveva tentato di schierarsi con chi aveva deposto il duce, ma la confessione scritta di questa sua "conversione" gli fu fatale.
Quel testo, lasciato in bella vista su una scrivania, fini' in mano ai tedeschi che si suppone poi agirono di conseguenza. Molti sospettano che a tessere l' intrigo fu il rivale di sempre: Pietro Badoglio .
Quella mattina Cavallero sedeva con la testa rovesciata in avanti su una poltrona di vimini, nella tempia destra aveva il foro di una pallottola, a terra accanto alla sua mano destra penzoloni c’era una grossa pistola. Non si seppe mai se fu realmente suicidio.
Per cercare una risposta a tutto questo bisogna rifarsi agli ultimi mesi del 1942, quando Cavallero lascia la sua carica di capo di Stato Maggiore generale. Egli sa delle congiure che si stanno ordendo contro Mussolini e sa soprattutto che l' uomo di domani, colui che con ogni probabilita' prendera' il posto del Duce, sara' Pietro Badoglio, il suo antico, irriducibile e odiato nemico dai tempi di Caporetto.
Occorre dunque acquisire meriti e collocarsi in una posizione di vantaggio ed e' probabilmente questo a spingerlo alla stesura di una confessione per rivelare di avere anch'egli cercato di concorrere all'abbattimento del regime. Di quel memoriale esistono tre copie. Cavallero ne ha consegnata una al capo dei Servizi segreti, Carboni, una al ministro della Guerra Sorice, la terza la tiene per se'. Ricevuto il memoriale da Carboni, Badoglio è soddisfatto: ora ha in mano il suo nemico e puo' colpirlo quando vuole.
Cosi' ordina l' arresto del maresciallo e lo fa chiudere in carcere. Ma, appena informato, Vittorio Emanuele III resta indignato, protesta per il trattamento usato verso un ufficiale superiore. Badoglio si profonde in scuse, incolpa altri di aver frainteso le sue disposizioni e fa rilasciare Cavallero sulla parola. Il maresciallo va a stare in casa di amici, non si muove mai, non esce.
Tuttavia, dopo qualche settimana Badoglio ne ordina un' altra volta l' arresto, viene quindi tradotto al carcere di Forte Boccea. Si arriva cosi' all' otto settembre, quando scappano tutti. Ma prima di fuggire, qualcuno si ricorda del memoriale di Cavallero, il suo scritto sara' lasciato su una scrivania governativa, in modo che i tedeschi lo possano trovare facilmente e sapere così del suo tradimento.
Quando il memoriale finisce in mano a Kesselring, Cavallero e' ancora recluso a Forte Boccea. Il giorno 12 i tedeschi lo liberano e lo trasferiscono all' ambasciata tedesca, poi a Frascati, dove lo aspetta Kesselring. Si conoscono dal tempo dell' Africa settentrionale e si direbbero quasi amici. L’uomo resta perplesso da alcuni atteggiamenti dei tedeschi e lo dira' anche al maresciallo Caviglia, in un breve incontro, sussurrandogli: "Domani mi mettono una palla nella testa".
In serata Kesselring da' una cena, durante la quale comunica ai presenti che all' illustre ospite e' stato offerto il comando del nuovo esercito di Mussolini. Cavallero non raccoglie, durante l' intera serata non tocca cibo, tutti i presenti si accorgono del suo umor nero, del suo aspetto prostrato. Anche se forse lo attribuiscono alle preoccupazioni per la malattia della moglie e all' angoscia di doverla lasciare per trasferirsi l' indomani in aereo in Germania.
A una cert' ora chiede di potersi ritirare e, sotto scorta armata, raggiunge la sua camera al Park Hotel. Chi ha le stanze vicine testimoniera' di averlo udito camminare a lungo avanti e indietro, poi il mattino seguente il suo letto verra' trovato quasi intatto. Si presume che Cavallero sia uscito quand' era ancora buio, che si sia seduto sulla sedia di vimini in giardino, tormentato dai suoi pensieri: e che la' si sia compiuta la tragedia, o per sua stessa mano, o per il sopraggiungere del giustiziere che, probabilmente per ordine di Hitler, Kesserling era stato costretto a mandargli. Un mancino non si uccide sparandosi alla tempia destra e gia' questo fatto renderebbe sospetto il suicidio. Da qui la frase attribuita a Mussolini “..Cavallero si è suicidato con la mano destra di Kesselring”.
Resta da chiedersi chi abbia lasciato in bella vista il memoriale di Cavallero, perche' se ne impadronissero i nazisti. E' sempre stato detto che fu Badoglio, e il reciproco odio tra i due marescialli renderebbe plausibile questo comportamento. Tuttavia il segretario privato di Badoglio, che era anche suo nipote, Valenzano, lo nego' . Ma lo stesso Badoglio , nel 1953, in un' intervista a un giornalista dell' Unita' , che gli chiese: "Numerose pubblicazioni affermano che la sua partenza da Roma fu tanto precipitosa da abbandonare nel suo studio al Viminale alcuni documenti che furono poi trovati dai tedeschi, e cioe' un promemoria del re, una deposizione del maresciallo Cavallero e alcuni documenti importanti e segreti: e' vero tutto cio?". Badoglio rispose: "E' vero, per quanto riguarda i primi due documenti". Quindi il memoriale di Cavallero lo lascio' lui . Lo abbia fatto scientemente o nella fretta di scappare, nell' uno o nell' altro caso si tratto' di aver segnato il destino di Ugo Cavallero.