L’uomo affacciato a una finestra, vide i parà con le armi in pugno e chiese ai suoi carcerieri se fossero inglesi. “ No eccellenza, sono tedeschi “ gli risposero. Una smorfia di disappunto accompagnò l’esclamazione del prigioniero “Questa non ci voleva proprio”. Benito Mussolini, dopo l’arresto del 25 luglio 1943, venne trasferito prima a Ponza, poi alla Maddalena ed infine a Campo Imperatore sul Gran Sasso.
E fu appunto lì che con un'operazione apparentemente ardita venne liberato da paracadutisti tedeschi. Ma lo svolgimento del “ L’operazione Quercia” ha suscitato più di un dubbio. Con il responsabile del dispositivo di sicurezza italiano Gueli che dichiarò di aver appreso la notizia di un imminente azione tedesca per liberare Mussolini, avvalorata poi da un ambiguo telegramma del 12 settembre del capo della polizia Senise che invitava a “comportarsi con la massima prudenza” e da lui interpretato come un ordine a non intralciare l’operato dei tedeschi.
Diede così degli ordini precisi, volti ad agevolare il più possibile il buon esito dell’operazione: fece accantonare le armi automatiche e le scorte di munizioni dentro una stanza chiusa a chiave; fece smontare le due mitragliatrici pesanti che erano poste sul tetto e che avrebbero potuto abbattere facilmente gli alianti nazisti; fece tenere i cani da guardia legati alla catena.
Il maggiore Mors, alle 3 di mattina del 12 settembre, alla testa di circa trecento parà tedeschi si diresse verso Assergi per occupare la funivia che saliva a Campo Imperatore e che rappresentava una via di comunicazione strategica per giungere al rifugio. Durante l’occupazione tedesca dei posti di controllo italiani ci furono le uniche due vittime di questa operazione, cadute nell’oblio: la guardia forestale Pasqualino Di Tocco e il carabiniere Giovanni Natale.
Poi fu tutta una sceneggiata fatta di macchine fotografiche, di flash, dell'intrusione di Skorzeny che doveva fungere solo da "osservatore", di tutti che facevano a gara per farsi immortalare accanto a quell'uomo dalla faccia stravolta, ormai solo il fantasma del Duce dell'impero. In pratica più che una liberazione sembrò trattarsi di un rilascio.
Ad alimentare i sospetti ha contribuito anche il libro “ L’ultimo segreto di Mussolini ” tra inediti e nuove testimonianze come quella dell’agente Nelio Pannuti, addetto alla sorveglianza personale di Mussolini al Gran Sasso, che in una dichiarazione scritta affermò senza mezzi termini che quell’incursione dei tedeschi “sembrava proprio un’azione concordata, tant’è che, una volta liberato il Duce, ci fu un momento conviviale tra soldati italiani e tedeschi nella sala dello stesso albergo, tutti con le armi in spalla pacificamente”.
Una tesi storica revisionista che è raccontata grazie anche alla testimonianza, non a tutti nota, di Karl Radl, l’aiutante di colui che erroneamente è stato sempre considerato il vero artefice dell’“Operazione Quercia”: il capitano Otto Skorzeny. Proprio Radl affermò " che a Campo Imperatore era tenuto prigioniero Mussolini lo sapevano tutti, persino i bambini ne erano a conoscenza.
Addirittura ci fu un pastorello di tredici anni che trafugò dagli alianti tedeschi alcuni armamentari. Alla resa dei conti si trattò di un accordo tra gli italiani e i tedeschi". Basta tutto questo per avvalorare le diverse teorie sul reale svolgimento dei fatti dopo l'8 settembre 1943? Come quello di un accordo sottobanco tra il governo Italiano e i tedeschi?
Ma se così fosse significherebbe che dopo l’ 8 settembre ci fu un altro tavolo, quello non ufficiale, dove il governo Badoglio trattò con il vecchio alleato tedesco la liberazione dell’illustre prigioniero Mussolini. Il Duce veniva così sottratto agli Alleati e consegnato a Hitler quel 12 settembre a Campo Imperatore.