Il Trentino, posto al centro dell’arco alpino meridionale, è sempre stato uno degli assi principali di comunicazione e transito fra l’Europa centrale e il bacino del Mediterraneo. Per questo il territorio è stato densamente fortificato con opere di sbarramento e di controllo collocate lungo vie e percorsi, sin dalle epoche più antiche, dalle rocche preistoriche ai castra romani, alle chiuse e ai castelli medievali. Particolare importanza strategica nel contesto europeo, il Trentino lo raggiunge però nel periodo intercorrente tra la seconda metà del XIX secolo e la prima guerra mondiale, nell’ambito della Contea del Tirolo e dell’Impero austro-ungarico, dopo che con la seconda e terza guerra di indipendenza, gli adiacenti territori della Lombardia (1859) e del Veneto (1866) furono annessi al Regno d’Italia.
PRIMA FASE/GENERAZIONE : 1860 - 1880
Nella prima fase di costruzione i forti vennero realizzati come "tagliate stradali", ovvero opere di sbarramento per bloccare la via al passaggio di truppe nemiche. si trattava di opere con murature frontali in pietra, in grado di resistere alle artiglierie che all’epoca utilizzavano proietti sferici, in uso fino ai primi anni del 1860. I forti erano adatti per resistere ad attacchi frontali ma non a bombardamenti dall’alto. Con l'evoluzione delle artiglierie divennero ben presto obsoleti.
SECONDA FASE/GENERAZIONE : 1880 - 1890
Nella seconda fase i forti vennero realizzati sulle sommità di alture e dovevano resistere alle nuove artiglierie attraverso appunto la morfologia del territorio; si trattava di postazioni protette per artiglierie all’aperto, che però divennero obsoleti in breve tempo.
TERZA FASE/GENERAZIONE : 1890 - 1906 EPOCA VOGL
Nella terza fase i forti avevano spesse murature in pietra granitica, mattoni e copertura in calcestruzzo, con gli armamenti principali appostati in casematte corazzate e non più all’aperto.
QUARTA FASE/GENERAZIONE : 1906 - 1914 EPOCA CONRAD
I forti di quarta generazione erano realizzati sotto terra e in roccia, con corazzature in cemento armato rinforzate da putrelle in acciaio e artiglierie in cupole corazzate girevoli.
QUINTA FASE/GENERAZIONE : 1914 - 1915
Nella quinta e ultima generazione ritroviamo un ritorno alle origini, per cosi dire, con forti costruiti in roccia o all'interno della roccia, con le sole bocche di fuoco che affioravano in superficie. Questo perchè in piena guerra era più facile approntare una postazione difensiva su roccia che costruirne una in cemento armato ben più dispendioso e con tempi più lunghi.
1. La funzione strategica del Sudtirolo fino al 1860
A partire dall’età medievale, con la costruzione dei primi castelli in Trentino, iniziò la funzione strategica del Sudtirolo quale punto di passaggio tra l’Europa orientale ed il bacino del Mediterraneo. Con l’introduzione delle prime armi a fuoco nell’età moderna, i castelli non ebbero più nessuna funzione difensiva dato che le loro murature non potevano resistere ai primi proiettili d’artiglieria.
Il superamento della funzione difensiva dei castelli nel Trentino risale al 1703 con l’occupazione delle truppe francesi del generale Véndome. Durante il periodo napoleonico l’ispettore generale del genio, l’arciduca Giovanni, con uno suo Stato Maggiore, elaborò un piano di difesa per l’impero asburgico che non prese in considerazione il Sudtirolo.
I primi provvedimenti per la difesa del Tirolo vennero presi a partire dal 1830 con l’inizio dei lavori di costruzioni del Quadrilatero.
Soltanto dopo infinite discussioni fu possibile la costruzione degli sbarramenti di Fortezza (1833 – 1838), posta a controllo della Val Punteria e di Nauders, posta a difesa della Valle dell’Inn (1837 – 1841). Secondo l’opinione condivisibile di Rainer, “il contributo più importante dell’Austria al sistema di sicurezza e di fortificazioni dopo il Congresso di Vienna, fu la costruzione del quadrangolo di fortezze nell’Italia settentrionale progettato contro i movimenti francesi e più tardi anche contro quelli italiani ( il “Quadrilatero” Verona, Peschiera, Mantova e Legnago), nonché la Franzensfeste – Fortezza di Francesco, la quale doveva sbarrare l’accesso al Brennero e allo stesso tempo anche attraverso la Val Punteria l’accesso alla Carinzia”.
Per meglio comprendere l’importanza e la sua funzione strategica, basti citare i costi per la costruzione di Franzensfeste, 2.6000.000 gulden (fl) una cifra enorme per il bilancio dell’Impero.
Franzensfeste era costituita da due corpi di fabbrica separati: il forte principale sul fondo della Valle dell’Isarco e quello superiore, detto anche “cittadella”, sito a 80 metri circa di dislivello su un dosso naturale della montagna, verso occidente ed in una posizione dominante. Le due parti dell’opera erano collegate da una scala sotterranea di 452 gradini, scavata nella roccia. L’intero complesso era costituito da una serie di casermette affiancate e sovrapposte, a prova di bomba, in grado di ospitare 1.200. uomini, mentre in tempo di pace, l’opera era presidiata da soli 70 uomini di guarnigione e di piazzole per 130 pezzi d’artiglieria.
Questa tipologia di opera fortificata era assimilabile alle cittadelle, fortificazioni molto grandi che dalla metà dell’ottocento non vennero più costruite dati gli elevati costi e la vulnerabilità alle artiglierie allora in uso.
Dopo la guerra del 1848, i comandi militari austroungarici dovettero apportare modifiche al sistema difensivo, dato che con lo sfondamento delle linee nel Tonale di formazioni irregolari lombarde, si capì che le fortificazioni fino ad allora erette erano insufficienti.
Per ridurre i pericoli di una futura invasione del Sudtirolo, il comando della difesa territoriale di Bolzano, con appositi decreti, ordinò di rendere più sicuri i confini con il Lombardo – Veneto tramite costruzioni fortificate nelle zone di confine come il Pian delle Fugazze, attorno alla città di Trento e al Passo del Tonale.
Il primo piano difensivo che esaminò in modo dettagliato il Trentino fu quello steso dal generale Johann Karl Huyn il 31 agosto 1859. Il corposo documento, chiamato Denkschrif, per la prima volta partendo dallo studio del teatro geomorfologico della zona di confine tra il Trentino e il Lombardo – Veneto, individuò le zone dove si potevano erigere delle fortificazioni.
Così Bardelli parla del documento del generale Huyn: “La mente di questo piano fu il Generale Maggiore Huyn che con una squadra di valenti topografi, genieri come 50 anni prima l’arciduca Giovanni, condusse una serie di dettagliatissime ricognizioni sul posto e le cui conclusioni furono riportate in un ricco e voluminoso Denschrift datato Bolzano, 31 agosto 1859. Fanno la loro comparsa per la prima volta i rilievi a linee orizzontali (curve di livello).
Questo memoriale individua con precisione 11 porte di accesso principale che andranno subito fortificate e sono partendo da nord: Tubre, Trafori, Ossana, Tonale, Strino, Mostizzolo, Rocchetta, Buco di Vela, Loppio, alto Garda, Lardaro e Ampolla.
In un secondo tempo dovranno rinforzarsi le linee più arretrate individuate nei seguenti luoghi: passo Palade, Mendola, Madonna di Campiglio, Molveno, passo Bollino. Questo studio non si sofferma solo nell’esatta indicazione sulle carte e sui rilievi topografici dei punti da fortificarsi ma fornisce talvolta, allegato ad ogni capitolo che tratta specificatamente la singola vallata, forma e dimensione delle opere da progettarsi.
In questo piano troviamo quindi un abbozzo di “abaco” dei tipi da impiegarsi nella varie situazioni. La forma base di partenza in pianta è il cerchio che innalzato diviene torre, torre di massimiliana memoria. Il riferimento a noi più vicino ed evidente è il forte Wohlgemuth di Rivoli. Il generale Huyn non rimane comunque prigioniero della forma circolare e pur partendo da essa propone delle soluzioni più articolate: a ventaglio (Strino, Ossana), ad “L” con teste arrotondante a semicerchio (Lardaro). Queste soluzioni troveranno in parte conferma, con l’apporto di qualche modifica, nelle successive realizzazioni”.
L’armamento delle fortificazioni in esame consisteva di 4 cannoni da 12 cm M 61 per la difesa frontale e 4 pezzi d’artiglieria da campagna da 10 cm M 63 per la difesa ravvicinata in casamatte: il loro campo di tiro, vista la loro collocazione in feritoie, era di 46º.
2. Le opere fortificate in Trentino e lo stile Vogl 1860 – 1904
Con la fine della 3ª Guerra d’indipendenza e la perdita del Veneto da parte dell’Austria – Ungheria, il Trentino divenne una regione di confine.
Tale mutamento fece in modo che la regione Sudtirolese venne a rappresentare il principale baluardo difensivo e offensivo dei confini meridionali dello stato Austro - Ungarico. Il fautore di un nuovo ruolo strategico per il Sudtirolo fu l’allora comandante della difesa territoriale, feldmaresciallo Franz Kuhn von Kuhnenfeld: a partire dall’agosto del 1866 aveva scritto in un voluminoso memoriale, le proprie opinioni riguardanti le potenzialità del nuovo quadro geopolitico susseguenti alla sconfitta di Königgratz.
Il generale Kuhn, fu il primo sostenitore dell’importanza del Sudtirolo quale base di partenza per un’azione offensiva verso l’Italia, idea che venne presa a prestito anche dal suo successore Conrad. Quindi: le opere fortificate avrebbero rappresentato sia punti di difesa sia un luogo di deposito per le truppe che dovevano attaccare l’Italia.
Per la realizzazione del pianto operativo, che prevedeva anche un attacco verso la Russia, dovevano esser realizzate oltre 30 fortificazioni al confine con l’Italia (dallo Stelvio sino a Cortina d’Ampezzo). Inoltre Trento doveva diventare una città fortezza e dovevano esser costruite nuove difese all’interno del campo trincerato di Bressanone. Infine gli sbarramenti già costruiti nel periodo 1860 – 61 dovevano esser riammodernati.
Un passo in avanti nello sviluppo dell’architettura militare austroungarica si ebbe negli anni ’80 dell’800 con la costruzione dei forti “stile Vogl”. Il progetto, ideato dal colonnello del Genio Julius Vogl, divenuto poi direttore delle costruzioni del Sudtirolo, portò innovazioni sia sul campo architettonico che strategico.
Le caratteristiche delle opere Vogl, chiamate anche “Gebirgsfort”, vengono così riassunte da Bardelli: “La nuova potenza di fuoco messa in campo dalle artiglierie abbiamo visto obbliga una risposta che registra, almeno in termini quantitativi, un impressionante salto di scala nelle soluzioni finali adottate. Il parametro dimensionale è, infatti, il più evidente, che porta generalmente ad un raddoppio delle strutture, nonché degli sviluppi in pianta ed in alzato. Seppur più compatti, i forti di questo periodo, hanno ingombri medi di larghezza /lunghezza di 40/50 mt. Fino ad allora i forti in stile trentino raggiungono i 20/30 mt. con profondità del corpo di fabbrica molto contenute (10 – 15 mt.).
In verticale la complessità delle relazioni interne con le nuove funzioni obbliga a raddoppiare anche i livelli; scelta questa che non va comunque a scapito dei bassi profili esterni, di fatto, sempre più interrati per defilarsi dal nemico. L’aumentata specializzazione interna che fa del forte una complessa macchina porta, accanto ai soliti vani che oggi definiremmo tecnici. Ciò si riflette con nuove figure e mansioni all’interno della guarnigione: telegrafisti, macchinisti, addetti ai riflettori. Guarnigione che passa da un numero medio di 50 – 70 uomini ai 150 – 200 di questa fase”.
In merito alle innovazioni che lo stile Vogl apportò nelle costruzioni fortificate Bardelli distingue tre fasi delle opere Vogl: “
a. il primo legato al forte San Rocco, vero prototipo per quelli che seguiranno, tipica opera di transizione con presenza di elementi legati alla fase coeva (1882). Costruito in piena epoca “leggera”, anticipa di circa un decennio la nuova fase confermando come l’ambiente montano e quello Trentino in particolare sia terreno fecondo di sperimentazione (vds. prime cannoniere di Civezzano).
b. il secondo tipo, di fine anni ’80, coincide con lo sbarramento di Tenna, dove nella soluzione in pianta spezzata su due o tre ali tendente al ferro di cavallo ripropone il concetto difensivo, seppur a scala dilatata, del sottotipo trentino a. dei forti precedenti. Resistono alcuni elementi come la saponiera in pietra per il tiro di fiancheggiamento di forme composite: bilodate, circolare, a triangolo…la parziale copertura in terra della sommità, la corte aperta all’entrata (Tenna). Un caso a parte il forte Corno di Lardaro che, ancorato ad uno sperone roccioso aggettante sulla valle, si modella completamente ad esso riproponendo l’anarchia in pianta dell’antica architettura castellana.
c. il terzo momento quello della fase matura, di fine anni ’90 primi anni del nuovo secolo, si consolida in forme sempre più raccolte e regolari tendenti al quadrato. Spariscono le corti aperte interne all’opera o addossate e cinte da muri troppo esposte al preciso tiro delle artiglierie. Le saponiere vengono sostituite da cofani corazzati, muniti in genere di una o due mitragliatrici, staccati sempre più dalla costruzione principale uniti a questa con lunghi corridoi/Poterne a prova di bomba (cfr. Dossaccio, Strino)”.
Nel periodo 1900-1905, il Parlamento stanziò 6.86.000 corone (K) per le fortificazioni mentre 14.000.000. K per l’armamento. In quegli anni ci fu una diminuzione verso i forti di 10.00.000. K. il 30% del totale.
A causa della situazione militare e politica, che nel corso degli anni era mutata, il programma sviluppato dallo Stato maggiore imperiale prevedeva come provvedimenti urgenti il rafforzamento del confine di sud – ovest, valeva a dire il Tirolo ed il porto di Cattaro. All’interno del territorio tirolese, erano previste opere a Trento, Riva ed al Tonale, una nuova costruzione a Fortezza e, a partire dal 1907, il completamento di uno sbarramento a Cortina che doveva fungere da punto di sostegno per la difesa attiva. Per la difesa di Cattaro si doveva rafforzare il fronte a mare e la sicurezza degli impianti marittimi presso Teodo. La somma prevista di 20.500.000 di corone era così divisa: 8.800.000 per il fronte galiziano, il Tirolo 3.600.000 di corone e 6.000.000 per Pola e Cattaro; nonostante il programma la riduzione della spesa era stata del 20% in Galizia, del 40% per il Tirolo e della zona costiera del 54%.
Alla fine del 1904, fu studiato un programma per i successivi 10 anni, considerando come la cosa più urgente il rafforzamento delle difese di sud-est, e, in secondo luogo della zona di Cattaro. Per il Tirolo, i punti importanti da fortificare erano Trento, Riva, Tonale, Fortezza e dal 1907 venne previsto anche uno sbarramento a Cortina.
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