Simo Hayha, cecchino leggendario

Il più celebre di tutti fu il sovietico Vasily Zaytsev, la cui storia è stata portata sul grande schermo con il film Il nemico alle porte sulla battaglia di Stalingrado del 1942 e l’epico scontro tra i cecchini dell’Armata Rossa e quelli tedeschi della Wermacht. Ma il più leggendario di tutti, con oltre ottocento uccisioni confermate, fu Simo Hayha, tiratore scelto durante la guerra d’inverno dell’Esercito Finlandese. Abbiamo già parlato dell’Asso dell’Aviazione Ilari Juutilainen, che abbatté ben 94 aerei nemici; oggi raccontiamo quella di Simo Hayha. Storia particolare e insolita la sua: non era un militare di professione, ma un modesto agricoltore ed allevatore di bestiame nella Carelia Meridionale, sua regione natale. Ma a renderlo leggendario, il migliore di tutti, fu l’elevato numero di soldati uccisi: 705 uccisioni confermate e, se contiamo anche i non confermati, il numero sicuramente supererebbe le 800 unità. Come spesso accade, la guerra cambiò drasticamente il suo destino. Arruolatosi nel 1925 a venti anni per il servizio militare, dal 1939, quando la sua Nazione venne invasa dall’Armata Rossa, iniziò la sua personale battaglia contro i militari sovietici, armato di un fucile di precisione Mosin-Nagant, già micidiale arma da guerra nelle mani di un militare di fanteria, ma che diventava una macchina perfetta per uccidere se utilizzato da cecchini esperti con la mira infallibile. Quando raccontava della guerra, più che in battaglia sembrava che stesse per recarsi ad una battuta di caccia: fucile in spalla, poche provviste e indossando sopra l’uniforme una telo mimetico bianco, restava immobile nella neve anche per diverse ore di seguito a temperature che si aggiravano dai -20° ai -40° prima di sparare e colpire anche un solo soldato russo di pattuglia tra le nevi finlandesi.

Articolo americano su Simo HayhaA renderlo ancora di più una leggenda, fu il fatto che a differenza di altri tiratori scelti durante il secondo conflitto mondiale (come i russi Ivan Sidorenko o Vasily Zaytsev o i tedeschi Matthaus Hetzenauer e Josef Allerberger) non usava alcun mirino telescopico per avere una visuale migliore e ingrandita: si affidava soltanto alle tacche di mira del suo fucile, evitando così il rischio che le lenti si riflettessero nella neve bianca o che risultasse un bersaglio visibile. Tiri ancora più leggendari, dal momento che le sue uccisioni avvenivano anche gli oltre quattrocento metri di distanza. Inizialmente i comandi dell’Armata Rossa non prestarono troppa attenzione alle morti provocate dai micidiali colpi di Simo, ma quando cominciarono a risultare dispersi o uccisi troppi soldati in delle semplici missioni di ricognizione lungo la linea del fronte oppure mentre non si trovavano impegnati in alcun tipo di operazione bellica, iniziarono le ricerche per stanare e uccidere “la morte bianca”, come venne soprannominato il cecchino finlandese. Furono inviati decine e decine di tiratori scelti sovietici per localizzarlo e ucciderlo: ma Simo Hayha risultò sempre imprendibile e il cecchino avversario mandato a stanarlo sistematicamente ucciso con un solo colpo, oppure dato semplicemente per disperso non avendo più fatto ritorno al suo reparto. Anche la stampa estera cominciò a interessarsi della storia del Finlandese che bloccava l’avanzata di interi battaglioni sovietici, decimandoli letteralmente.

Simo HayhaIl comando sovietico decise allora che, se non poteva individuare la posizione da dove sparava, avrebbe potuto radere al suolo l’intera zona: iniziò così un violento bombardamento dell’artiglieria con granate a frammentazione e Simo Hayha venne tempestato da una grandine di schegge. Miracolosamente riuscì a salvarsi e riportò soltanto delle lievi ferite: la sua attività di tiratore scelto riprese non appena l’ultima granata esplose. Il 6 marzo 1940 cento giorni dopo l’inizio della guerra d’inverno, però, venne colpito al volto (precisamente alla mascella) da un proiettile esplosivo sparato dalla fanteria russa, che lo ridusse in coma. Nonostante la gravità delle ferite, dopo undici giorni di coma si svegliò nel letto dell’ospedale militare, nello stesso momento in cui veniva decretata la fine delle ostilità tra Finlandia e Unione Sovietica. Mentre si trovava in convalescenza, venne insignito di ben cinque onorificenze al valore dell’Esercito Finlandese e promosso al grado di Sottotenente dal Maresciallo di Finlandia Carl Mannerheim, futuro Presidente dal 1944 al 1946. Dopo la guerra si ritirò a vita privata, lontano dai riflettori e dalle luci della ribalta, divenendo allevatore di cani e cacciatore di alci. Considerato dai Finlandesi un vero Eroe Nazionale, morì il 1° aprile 2002, alla veneranda età di 97 anni.