Notiziario: Sicilia, i cacciatori di bunker della Seconda Guerra Mondiale: «Ne abbiamo scovati più di mille»

Sicilia, i cacciatori di bunker della Seconda Guerra Mondiale: «Ne abbiamo scovati più di mille»

Si chiamano «Palermo Pillbox Finders» e sono un gruppo di 15 tra ricercatori, docenti e volontari che dal 2017 battono a tappeto l'Isola a caccia di reperti militari. «Si aprano al turismo». Avviato il censimento

PALERMO Hanno rilevato e censito più di 1.400 tra caserme, depositi nascosti, installazioni radar tedesche, poligoni di tiro, installazioni militari ritenute scomparse. E, ovviamente, casematte, quelle che il profano potrebbe chiamare «bunker». Ma i bunker, spiegano loro, sono strutture fortificate tipicamente inglesi o tedesche, di solito costruite con il cemento armato. Le casematte italiane no. E anche per questo hanno resistito meglio al tempo. «Loro» sono i «Palermo Pillbox Finders», un gruppo che si è costituito nel 2017. Sono ricercatori dei luoghi della Seconda Guerra Mondiale. Dal lavoro che hanno svolto in questi due anni viene fuori una affascinante mappa della Sicilia del 1943, il teatro dell'operazione Husky, lo sbarco alleato che fece svoltare i destini del conflitto mondiale.

Chi sono

I «Palermo Pillbox» (il pillbox, «scatola di pillole» letteralmente, è appunto il bunker) Finders sono un'associazione che ha messo insieme ricercatori storici, professionisti, docenti universitari, volontari un po' di tutte le età (e comunque di stanno avvicinando a loro, negli ultimi tempi, anche molti studenti). Nove ricercatori, una quindicina di volontari in tutto. Il loro fine è promuovere il turismo storico, come già accade in altre regioni d'Italia, soprattutto nei luoghi della Prima guerra mondiale. Nel novembre 2017 hanno presentato «Ce.r.ca.mi.» acronimo per «Censimento e rilevamento casematte militari». Dei 1.400 siti individuati, 455 li hanno raggiunti fisicamente, per valutarne stato e conservazione. In alcune casematte sui muri ci sono ancora i graffiti lasciati dai soldati: nomi, segni, date. E conducendo degli studi i «cacciatori di bunker» siciliani sono riusciti a risalire ad alcune identità di militari. I bunker nostrani, pardon, le casematte «erano molto ben mascherate: talune da chiesa o da abside bizantina o da casa rurale», spiega Michelangelo Marino, presidente dell'associazione.

L'ultimo ritrovato

«La Sicilia era un enorme muro nel ‘43 per cercare di non fare sbarcare gli alleati», ricostruisce Marino. Un muro che non funzionò. «Sì, ma perché la Marina non mandò le navi e l’aeronautica era stata distrutta dai bombardamenti». La mappa è in continuo aggiornamento perché il patrimonio in Sicilia è davvero vasto. L'ultimo

L'ultimo ritrovato a Palma di Montechiaro
L'ultimo ritrovato a Palma di Montechiaro

bunker è stato scoperto qualche giorno fa nell'ambito dei lavori per la realizzazione delle tombe gentilizie al Comune di Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento. E non ci sono solo le casematte. Ma anche chicche come l’aerofono di San Placido Calonerò a Messina (allora non c’erano i radar, l'impianto convogliava le onde sonore e serviva a capire se arrivavano aerei nemici grazie a un volontario non vedente), l’ultimo dei due rimasti, esempio della tecnologia italiana degli anni ‘30. E ancora i campi di battaglia dove si sono svolti i momenti cruciali dell’operazione Husky. «Vogliamo far conoscere le fortificazioni per farle tutelare. Speriamo che portando le persone per mano sul posto si possa cominciare a diffondere una cultura di storia militare, come avviene già in Trentino dove il turismo storico è diffuso», conclude Marino.