SERGIO BRESCIANI, L'EROE FANCIULLO
Nacque a Salò il 2 luglio 1924, secondogenito di una famiglia numerosa, figlio di Bortolo Davidee di Maria Carattoni. Da giovane, lavorò come operaio presso la Falck di Vobarno. Allo scoppio della seconda guerra mondiale era avanguardista moschettiere in forza alla Gioventù italiana del littorio (G.I.L.), ed appassionatosi alla vita militare a soli 15 anni, nel dicembre 1940 scappò di casa, per arruolarsi nell'esercito, mosso da puri sentimenti verso l'Italia (da come si può evincere dalle sue lettere), ma venne riportato a casa dai carabinieri che lo trovarono a Milano. Un mese dopo effettuò un nuovo tentativo ma i carabinieri lo fermarono a Genova riconsegnandolo ai genitori, che questa volta lo redarguirono pesantemente. Solamente al terzo tentativo riuscì a raggiungere la Libia clandestinamente. Partito da Vobarno in sella alla bicicletta del fratello, raggiunse Salò prendendo il traghetto che lo portò a Desenzano del Garda dove prese il treno per Milano. Venduta la bicicletta per procurarsi il denaro con cui comprare un biglietto ferroviario per Napoli, raggiunse la città partenopea ma fu nuovamente intercettato dai carabinieri che gli diedero un primo foglio di via e lo rispedirono a casa. Sceso a Roma per imbarcarsi nuovamente per Napoli, i carabinieri lo intercettarono di nuovo e gli consegnarono un secondo foglio di via, ma egli eluse tutti i controlli e salì a bordo di un treno diretto a Napoli,[2] dove poi si imbarcò su un piroscafo diretto a Tripoli, in Africa settentrionale.
Giunto in Libia fu preso in consegna dalle autorità militari, e mandò una lettera alla famiglia spiegando le ragioni del suo gesto chiedendo loro di firmare il consenso per il suo arruolamento, in quanto egli era minorenne. I genitori di Sergio, però, ricevettero anche una lettera dal maggiore Guido Zironi del Reggimento Artiglieria Celere "Principe Amedeo d'Aosta" (3°), che rendendosi conto che Sergio era giunto clandestinamente, chiese il loro consenso affinché il ragazzo si arruolasse, altrimenti lo avrebbe rimandato in Italia. I genitori, sebbene contrari, decisero ormai di assecondare il desiderio del figlio, e il 2 luglio 1941, al compimento del diciassettesimo anno di età fu definitivamente arruolato, ricevendo le tanto sospirate "stellette".
La giovane "voloira" si fece subito onore, e durante l'Operazione Battleaxe fu citato dal Comando e proposto per la concessione di una Medaglia d'argento al valor militare, e decorato con la Croce di Ferro di seconda classe germanica che gli venne consegnata direttamente dal Feldmaresciallo Rommel. Verso la fine dell'estate 1941 si distinse successivamente a El-Adem in un combattimento contro 20 carri armati Matilda Mk.II, e alcuni mesi dopo ad Agedabia dove fu proposto per la concessione di una Medaglia di bronzo al valor militare.
Il 4 settembre 1942 un autocarro, in cui c'era anche lui, con la ruota anteriore passò su una mina a pressione e la seguente esplosione gli tranciò la gamba sinistra.Sergio Bresciani morì, nonostante i vari tentativi di salvarlo e dopo aver ricevuto dal cappellano conforto e l'estrema unzione, presso la 53ª Sezione di sanità della Divisione Folgore. Inizialmente il suo corpo venne sepolto al chilometro 41,5 della Pista Rossa o Massicciata nella tomba numero 1. Dopo la fine della guerra la salma, insieme a quella di tanti altri militari, fu recuperata da Paolo Caccia Dominioni e trasferita al Sacrario militare italiano di El Alamein dove si trova attualmente.
Gli fu conferita la Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.
A Salò, in P.zza Sergio Bresciani, è ubicato un monumento con iscritte le seguenti parole: SERGIO BRESCIANI VOLONTARIO ARTIGLIERE MEDAGLIA D'ORO AL VALOR MILITARE SALÒ 2. VII. 1924 EL ALAMEIN 4. IX. 1942
Onorificenze
Medaglia d'oro al valor militare
«Avanguardista sedicenne, fuggito di casa per accorrere sul fronte libico, portava nella batteria che lo accoglieva la poesia sublime della sua fanciullezza eroica. Sempre primo nel pericolo, rifiutava qualsiasi turno di riposo, riuscendo in ogni occasione di superbo esempio ai camerati più anziani. Durante una giornata particolarmente aspra, in cui il suo reparto veniva sottoposto a violentissimo tiro di controbatteria, in qualità di tiratore dell’ultimo pezzo rimasto efficiente, in piedi continuava a sparare fino all’ultimo colpo al grido di: “Viva il Terzo Celere“. In altra azione di guerra, colpito dallo scoppio di una mina che gli recideva una gamba, sopportava con stoica fermezza la medicazione e, prossimo alla fine, pronunciava stupende parole di amor patrio, rammaricandosi di doversi separare dal reparto e dai compagni. Splendida figura di eroe fanciullo, simbolo purissimo della virtù della gente d’Italia. Marmarica - Egitto (A.S.), marzo - dicembre 1941; maggio - settembre 1942.[5]»