Seconda guerra mondiale On line i nomi dei deportati italiani in India e Australia Ecco i soldati del Nord-Barese

di LUCA DE CEGLIA
BISCEGLIE - Navi cariche di prigionieri di guerra italiani, dirette verso la lontana Australia. Centinaia di militari italiani furono catturati dagli angloamericani sul fronte africano, in Abissinia, poi internati dietro il filo spinato nei loro possedimenti coloniali in India ed infine trasferiti in terra australiana. Ora le storie di prigionia sono venute alla luce nel National Archives of Australia
Navi cariche di prigionieri di guerra italiani, dirette verso la lontana Australia. Centinaia di militari italiani furono catturati dagli angloamericani sul fronte africano, in Abissinia, poi internati dietro il filo spinato nei loro possedimenti coloniali in India ed infine trasferiti in terra australiana. Viaggi interminabili e sofferenze atroci, in giovane età e lontano dagli affetti più cari, durante la seconda guerra mondiale, tra il 1939 ed il 1945. Un trasporto via mare su navi sovraccariche e con forti limiti in termini di servizi sanitari e di distribuzione del vitto.
A sognare il rimpatrio in Italia c’erano anche numerosi soldati, circa una quarantina, provenienti dalle città del nord barese: Andria, Barletta, Bisceglie, Canosa, Minervino Murge, Trani. Le loro storie dimenticate di prigionia, oggi contenute in uno schedario elettronico, sono venute alla luce nel National Archives of Australia (http://naa.gov.au), che ha reso agevolmente consultabile on-line la lista di tutti i prigionieri di guerra che furono deportati nel nuovo continente.
La lista fornisce cognome, nome, data e luogo di di nascita e la cronologia dei loro trasferimenti dalla Libia ai campi di prigionia in India, fino all’Australia. La storia dei prigionieri italiani in mano alleata è frustrante e sconsolata, resa ancor più tale dall’ambigua situazione dell’Italia dopo l’ottobre 1943: diventa da paese nemico, paese cobelligerante, ma non riuscì però a modificare lo status dei militari italiani detenuti dagli alleati. Prigionieri e cooperatori allo stesso tempo, questi uomini pagarono con il loro contributo di lavoro gli aiuti economici che gli alleati stavano concedendo all’Italia. Finita la guerra furono trattenuti ancora per molto tempo, con la giustificazione delle difficoltà di trasporto, ma in realtà perché utili e anzi fondamentali per l’economia di quei paesi. La libertà arrivò per loro solo nel gennaio 1947, ad un anno e mezzo dalla fine della guerra, allor quando quasi tutti a bordo del vapore Otranto approdarono a Napoli per far rientro a casa. La fine di un lungo incubo, che li segnò per sempre.