Salvatore Giuliano, da Messina all’Etiopia

La storia che raccontiamo oggi è una di quelle che davvero rischiano di cadere nell’oblio della storia, restando di essa solo una breve citazione alla memoria. Essa vede per protagonista Salvatore Giuliano. Ma no, non è quel Giuliano passato alla ribalta nazionale nel secondo dopoguerra: non è il bandito siciliano indicato da molti come l’esecutore materiale della strage di Portella della Ginestra il 1° maggio 1947, in cui trovarono la morte ben undici persone e una trentina rimasero ferite. Il “nostro” Salvatore Giuliano, anch’egli siciliano, era nato in un piccolo comune in provincia di Messina, Roccella Valdemone per la precisione, nel lontano 1885. Era un italiano come tanti, senza pretese, se non quella di condurre una vita dignitosa ed onesta nella sua terra di origine, facendo l’agricoltore nelle terre di sua proprietà. Ma quando venne chiamato ad assolvere il proprio dovere, lo svolse senza battere ciglio e senza recriminazioni: quando arrivò, nel 1905, la cartolina per il servizio militare, si presentò volontariamente, venendo assegnato al 91° Reggimento Fanteria. Tre anni più tardi, all’età di ventritré anni, decideva di congedarsi dal Regio Esercito con il grado di Caporalmaggiore, e tornare nuovamente ai suoi campi e ai suoi animali. Lo scoppio del primo conflitto mondiale, però, lo obbligò nuovamente a vestire il panno grigio-verde: con il grado di Sergente servì, fino al termine del conflitto, nel 154° Reggimento Fanteria della Brigata Novara, la stessa che si rese protagonista il 23 luglio 1916 della conquista del Monte Cimone. Terminata la Grande Guerra, Salvatore Giuliano tornò nuovamente nella sua Roccella Valdemone, continuando il suo, onesto, lavoro.

Camicie Nere in EtiopiaCon l’avvento del Fascismo e la campagna per la conquista dell’Etiopia, si offrì volontario nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, partendo, nell’aprile 1936, per l’Eritrea, dove giunse il 31 ottobre successivo nel porto di Massaua. Venne assegnato inizialmente alla 7a Divisione Camicie Nere Cirene, 267a Legione Etna, CCLXVII Battaglione Catania, transitando in seguito nella 1a Divisione Camicie Nere 23 Marzo, 202a Legione Cacciatori del Tevere, CCII Battaglione Perugia: rivestiva il grado di Capo Squadra, corrispondente a quello di Sergente nell’ordinamento del Regio Esercito. Smobilitato nuovamente alla fine delle operazioni militari, nel 1937, questa volta decise di non tornare in Sicilia, ma di restare nella nuova colonia conquistata dal Regno d’Italia. Salvatore Giuliano si trasferì così a Zerimà, nell’Amhara, la regione centro-settentrionale dell’Etiopia: qua, il Fascismo di Benito Mussolini aveva iniziato importanti lavori stradali per la costruzione di piste e carrozzabili asfaltate affidate alla Ditta Narbone, in cui proprio Giuliano era stato assunto in qualità di Capo Squadra della III^ Legione Lavoratori dell’Asmara. Ed è a questo punto della narrazione che la sua storia, così come quella di tanti altri Italiani rimasti ignoti, sarebbe andata perduta, se non fosse per la Medaglia d’Oro al Valor Militare che si guadagnò, purtroppo alla memoria, nel tentativo di difendere altri lavoratori suoi connazionali. A narrarci della sua morte, è proprio la motivazione stessa della massima onorificenza al valore: “Notato che un gruppo di ribelli si apprestava ad assalire improvvisamente un nucleo di operai intenti a lavorare sulla strada, dopo aver dato l’allarme, imbracciava il fucile e affrontava animosamente il nemico. Rimasto ferito dalle prime scariche avversarie, persisteva nella lotta fulminando taluni ribelli. Cadeva poi da prode, colpito da nuove scariche che ne martoriavano il corpo, con la serenità dei forti. Esempio di sereno coraggio, dedizione al dovere spinto fino al sacrificio e grande sprezzo del pericolo. Zerimà, 26 febbraio 1938”.