Ritrovato l'incrociatore Giovanni dalle Bande Nere affondato nel 1942. L'ultimo fuochista: «Il mio cuore è rimasto lì»
E' rimasto lì a 11 miglia marine a Sud di Stromboli, dal primo aprile del 1942, quando alle 9 del mattino due siluri del somergibile britannicop H.M. S. Urge lo portò in fondo al mare. L'ha ritrovato il cacciamine Vieste della Marina Militare, durante un'attività di verifica tecnica e sorveglianza dei fondali nel Mar Tirreno: il relitto dell'Incrociatore Leggero Giovanni Delle Bande Nere è stato scoperto a una profondità compresa tra i 1460 e i 1730 metri. L'affondamento era avvenuto mentre era in trasferimento da Messina a La Spezia, per effettuare alcune riparazioni in Arsenale scortato dal cacciatorpediniere Aviere e dalla torpediniera Libra. Spezzato in più tronconi, affondò rapidamente. Nell'evento perì gran parte dell'equipaggio. Ma non tutto.
«Non sono mai sceso dal Giovanni dalle Bande Nere, io mi sono salvato ma il mio destino e il mio cuore sono ancora lì, con tutti i miei compagni che sono morti quel 1 aprile del 1942». Così Gino Fabbri, fuochista ausiliario sull'incrociatore ricordava il terribile giorno dell'affondamento dell'incrociatore leggero italiano a opera del sommergibile britannico Urge. Una storia che segnò tutta la sua vita fino alla morte avvenuta nel 1966 a soli 44 anni: a raccontarlo i tre figli del marinaio, Mirella, Bruno e Aurelio Fabbri. Il fuochista fu poi salvato e ricoverato all'ospedale di Messina dopo molte ore di permanenza in mare, ricoperto di nafta e petrolio su tutto il corpo. «Il più grande rimpianto di mio padre - spiega la figlia - era di non essere riuscito a salvare 4 suoi compagni che erano rimasti con lui aggrappati a una delle zattere. Mio padre, poi, allo stremo delle forze riuscì a nuotare fino alla torpediniera Libra dove fu issato a bordo con una cima».
La scoperta dell'incrociatore è avvenuta grazie all'impiego dei veicoli subacquei imbarcati sul cacciamine Vieste in grado di condurre ricerca e identificazione a quote profonde: il veicolo autonomo subacqueo (Autonomous Underwater Vehicle - AUV) Hugin 1000, della ditta Kongsberg, e il veicolo filoguidato Multipluto 03, della ditta GAY Marine. Circoscritta l'area di ricerca in base alle presunte coordinate dell'affondamento, il cacciamine ha proceduto a mappare il fondale con il veicolo Hugin, scoprendo più contatti correlabili con il relitto. Successivamente i contatti sono stati identificati grazie all'uso del Multipluto, che ha consentito di filmare anche le prime immagini della nave rivelando i tre tronconi in cui si spezzò nell'affondamento e accertandone l'identità.
«Non sono mai sceso dal Giovanni dalle Bande Nere, io mi sono salvato ma il mio destino e il mio cuore sono ancora lì, con tutti i miei compagni che sono morti quel 1 aprile del 1942». Così Gino Fabbri, fuochista ausiliario sull'incrociatore ricordava il terribile giorno dell'affondamento dell'incrociatore leggero italiano a opera del sommergibile britannico Urge. Una storia che segnò tutta la sua vita fino alla morte avvenuta nel 1966 a soli 44 anni: a raccontarlo i tre figli del marinaio, Mirella, Bruno e Aurelio Fabbri. Il fuochista fu poi salvato e ricoverato all'ospedale di Messina dopo molte ore di permanenza in mare, ricoperto di nafta e petrolio su tutto il corpo. «Il più grande rimpianto di mio padre - spiega la figlia - era di non essere riuscito a salvare 4 suoi compagni che erano rimasti con lui aggrappati a una delle zattere. Mio padre, poi, allo stremo delle forze riuscì a nuotare fino alla torpediniera Libra dove fu issato a bordo con una cima».
La scoperta dell'incrociatore è avvenuta grazie all'impiego dei veicoli subacquei imbarcati sul cacciamine Vieste in grado di condurre ricerca e identificazione a quote profonde: il veicolo autonomo subacqueo (Autonomous Underwater Vehicle - AUV) Hugin 1000, della ditta Kongsberg, e il veicolo filoguidato Multipluto 03, della ditta GAY Marine. Circoscritta l'area di ricerca in base alle presunte coordinate dell'affondamento, il cacciamine ha proceduto a mappare il fondale con il veicolo Hugin, scoprendo più contatti correlabili con il relitto. Successivamente i contatti sono stati identificati grazie all'uso del Multipluto, che ha consentito di filmare anche le prime immagini della nave rivelando i tre tronconi in cui si spezzò nell'affondamento e accertandone l'identità.