Resana: Luigi, ultimo reduce di Cefalonia, compie cento anni
RESANA. «O vai o stai»: questa era stata la diagnosi di un infermiere prigioniero tedesco dopo una iniezione che era l’ultima speranza di tenerlo in vita. Il destino ha voluto che si verificasse la seconda ipotesi e oggi Luigi Bertollo festeggia il secolo di vita, assieme ai sette figli, ai diciannove nipoti e ai sei bisnipoti.
Dopo la messa di stamattina nella chiesa parrocchiale di Resana, domani la festa nella sua abitazione di via Coriolo. Bertollo è l’ultimo dei trevigiani che rimasero coinvolti, dopo l’8 settembre 1943, nell’incubo di Cefalonia, dove a seguito dell’armistizio, da un giorno all’altro gli alleati tedeschi diventarono nemici da cui difendersi. Ma il brutto per lui doveva ancora avvenire: «Cefalonia era niente al confronto di quello che ho passato in Jugoslavia». È qui che arriva una volta che gli italiani si arrendono ai tedeschi: una prigionia pesantissima, «per restare al caldo dovevamo dormire distesi sui letamai», racconta Luigi.
La ex Jugoslavia si rivela un inferno quando i tedeschi si ritirano e lasciano i prigionieri nelle mani dei titini serbi: «Botte, sempre botte: ognuno si sentiva in diritto di bastonarci e sputarci addosso senza alcun motivo, non solo i soldati anche la popolazione». E per mangiare il minimo per rimanere in piedi.
Luigi si prende il colera e arriva la provvidenziale iniezione. Le atrocità che ha dovuto subire sul piano fisico e umano hanno lasciato un segno indelebile su di lui. Solo qualche anno fa, è dovuto scappare dal bar dove era con un amico: «C’erano degli avventori che erano immigrati dalla Serbia che parlavano nella loro lingua e mi è tornato in mente quanto aveva subìto: non ce l’ho fatta a rimanere al bar».
Bertollo arriva allo stremo: continua a calare di peso, è irriconoscibile. Finita la guerra, nell’autunno del 1946 attraversa tutta la Jugoslavia per tornare a Resana, dove non si sapeva più nulla di lui, neanche se fosse ancora vivo. Vi arriva nel capodanno 1947 e la vita può ricominciare: il lavoro nei campi, il matrimonio con Clementina Callegaro (scomparsa nel 2010) e l’arrivo di sette figli.