RELAZIONE UFFICIALE AUSTRIACA PRIMO SEMESTRE DI GUERRA SUL FRONTE ITALIANO - STRALCIO -
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Cadorna, quando vide fallito sanguinosamente il proprio tentativo di sfondare la fronte austro ungarica fra Plava e il mare nelle due prime battaglie dell'Isonzo, si limitò, sul medio e basso corso del fiume, a impegnare le forze avversarie con una serie di operazioni localmente limitate, ma quasi ininterrotte. In pari tempo fece gravitare le operazioni di attacco nella zona Tolmino-Monte Nero-Plezzo.
Cadorna si familiarizzò sempre più con l'apprezzamento, adatto d'altronde alla sua mentalità, che, in luogo della guerra offensiva con scopi molto lontani, dovesse attuarsi, dal più al meno, una penosa guerra di logoramento. Tale decisione doveva riuscirgli tanto più facile, per il fatto che, perlomeno, il tempo non lavorava a danno dell'Italia; che egli poteva fare assegnamento su abbondanti complementi e che le officine di quasi tutto il mondo erano a sua disposizione. Peraltro quel procedimento di lotta non poteva far a meno di scuotere la compagine dell'esercito, come lo dimostrò il contegno dell'esercito italiano nel 1917.
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Le battaglie autunnali. Sebbene il Comando Supremo italiano avesse potuto, per gli attacchi autunnali da lungo tempo predisposti, mettere in campo contro l'avversario una preponderanza così significante di forze e di mezzi di lotta, come di rado può verificarsi in guerra, le operazioni progettate, al pari di tutti i precedenti grandi attacchi, fallirono, specialmente a causa dell'eccessiva metodicità della condotta di esse.
Il Comando italiano sparpagliò la forte preponderanza delle sue forze combattenti, sì che la lotta venne a dissolversi in una quantità di attacchi perlopiù sconnessi, sebbene in se stessi pur sempre poderosi, contro tratti ristretti della fronte austro ungarica. La condotta delle operazioni, tenuta inizialmente rigida e unitaria, era sfuggita gradualmente dalle mani del Comando Supremo, passando prevalentemente in quelle dei Comandanti d'Armata. Questi miravano a obiettivi più limitati, concentrando tutti i loro sforzi allo scopo di ottenere almeno un risultato locale.
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Con la sospensione degli attacchi sulle ali, per la terza battaglia, e col mutamento dei piani di attacco da parte del Cadorna per la quarta, durante la maggior parte della lotta furono immobilizzate all'incirca dieci Divisioni che, una volta decisosi il Comando Supremo a rinunziare agli attacchi nei loro settori, avrebbero pur sempre potuto essere impiegate in parte nei punti decisivi. La rinunzia a ciò da parte di Cadorna contribuì non poco all'insuccesso definitivo dell'offensiva autunnale, iniziatasi con così grandi speranze.
E pertanto la tragedia dell'esercito italiano, nel suo primo anno di guerra, astraendo dal fatto che esso aveva urtato contro un avversario disposto ai più gravi sacrifici, sta probabilmente per la massima parte nel fatto che il suo Comando, nonostante tutte le condizioni favorevoli in cui l'Italia era entrata in guerra, non seppe trarre dalla situazione le deduzioni del caso. [Parlare di “condizioni favorevoli in cui l'Italia era entrata in guerra” ci sembra palesemente falso, oltreché impietoso nei confronti degli straordinari sforzi e sacrifici degli italiani. È vero piuttosto l’esatto contrario1.]
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1: Cfr. Piero Pastoretto, Sinossi della preparazione bellica del Regio Esercito nel 1915, Quaderno 2/2015; Maggio-dicembre 1915, primo semestre di guerra per l'Italia – cronologia, Quaderno 1/2016.