GUERRA ALLA GUERRA di Ernst Friedrich
Quando venne dato alle stampe, nel 1924, dieci anni dopo l’inizio della Prima Guerra Mondiale e a sei dalla fine del primo conflitto meccanizzato e moderno che sancì l’inizio del declino dell’Europa quale centro e fulcro della cultura e del commercio, Guerra alla guerra del polacco Ernst Friedrich (1894-1967) fu osteggiato e boicottato dalle
classi politiche e culturali infarciti dalla retorica guerresca della “bella morte” da ricercare durante gli assalti alla baionetta tra le trincee e i reticolati nella terra di nessuno, in cui trovarono la morte tanti giovani poco più che ventenni strappati alle loro case e alle loro famiglie. Assieme al celebre Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque, e a tanti altri romanzi e diari pubblicati dai reduci che si reinserivano nella vita civile dopo quattro anni di sofferenze al fronte, il libro di Friedrich impressionò moltissimo: non si limitava solo ad
una descrizione della carneficina che quotidianamente si consumava tra assalti all’arma bianca e bombardamenti dell’artiglieria, ma mostrò al pubblico le fotografie mai mostrate e tenute nascoste negli archivi militari, gli effetti sui soldati della guerra, che si portarono dietro le cicatrici sui loro corpi per sempre. Ma mostrò anche i villaggi sventrati dalle cannonate e dai bombardamenti, gli effetti nelle trincee dei gas asfissianti, le fucilazioni per diserzione e corpi di soldati morti in attesa di una sepoltura. A partire da quest’anno, molti sono i comuni e le città, in tutta Europa come in Italia, che si appresteranno a celebrare il centenario della Grande Guerra, magari leggendo quei “manifesti futuristi” che la definivano “sola igiene del mondo”: ebbene, a margine delle celebrazioni ufficiali, magari andando anche controcorrente, noi preferiamo definirla con le parole di Papa Benedetto XV: inutile strage.

