Se il sacrificio del Carabiniere Salvo D’Acquisto, che offrì la propria vita in cambio di quella di un gruppo di ostaggi che stavano per essere fucilati per rappresaglia dai Tedeschi, o parimenti quello dei tre militari dell’Arma uccisi a Fiesole in analoghe circostanze (Alberto La Rocca, Fulvio Sbarretti e Vittorio Marandola) sono noti da sempre, tanto da essere studiati anche nei libri delle scuole, meno conosciuta è la sorte di dodici uomini trucidati senza pietà il 25 marzo 1944 in località Malga Bala, nell’estremo confine orientale, nei pressi di Tarvisio. Come sempre accade, infatti, la storia di questo periodo storico è stata cancellata, rimossa dalla mente e dimenticata. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, infatti, diramò precisi ordini affinché i propri uomini, ovunque si trovassero, rimanessero ai propri posti e continuassero nello svolgimento delle proprie funzioni, in particolare il mantenimento dell’ordine pubblico nelle città e la difesa delle installazioni nevralgiche di tutto il paese: questo voleva dire opporsi ai tentativi di sabotaggio dove i Tedeschi erano in ritirata, ma anche difendere centrali elettriche, fabbriche e altri stabilimenti dalle azioni dei partigiani, che spesso culminavano in feroci rappresaglie contro la popolazione inerme. Una simile situazione venne a crearsi lungo la strada che da Tarvisio portava fino a Gorizia, dove l’11 ottobre 1943 due reparti di SS incendiarono con i lanciafiamme le abitazioni in cui venivano rinvenute armi e munizioni, nel luogo dove pochi giorni prima era stato ucciso un soldato tedesco.
Così, per prevenire eventuali sabotaggi alla vicina centrale idroelettrica di Bretto di Sotto, venne costituito presso l’impianto un piccolo nucleo di Carabinieri, un distaccamento di dodici uomini comandati dal Vice Brigadiere Dino Perpignano. Ma la sera del 23 marzo 1944 cadde in una trappola: mentre era sulla strada di ritorno verso il suo reparto, Dino Perpignano, recatosi al paese con un altro militare, il Carabiniere Attilio Franzan, venne preso prigioniero e disarmato da due partigiani jugoslavi. I due militari, condotti con l’uso di minacce al resto del reparto, nel frattempo già circondato da altri slavi, furono costretti a pronunciare la parola d’ordine al corpo di guardia: i partigiani fecero irruzione nella piccola caserma e presero prigionieri i Carabinieri restanti. Dopo essersi impossessati delle armi e di quanto ritenuto necessario, gli Slavi minarono la centrale elettrica e si allontanarono nei boschi con i prigionieri, per i quali iniziò la “marcia della morte” verso Malga Bala, intervallata da poche soste, durante la quale i dodici uomini vennero malmenati e costretti a portare lungo ripidi sentieri tutto il materiale depredato al distaccamento. Nell’ultima tappa del cammino, gli aguzzini si divertirono a somministrare ai Carabinieri del minestrone a cui era stata aggiunta della soda caustica: colpiti da dolori e spasmi, la mattina del 25 marzo il gruppo raggiunse il luogo finale del martirio. Ai piedi di un casolare del bosco di Malga Bala, tutti i militari, dopo essere stati spogliati e incaprettati con del filo di ferro, vennero trucidati a colpi di mitra e di piccone. La sorte peggiore fu riservata al Vice Brigadiere Perpignano che, dopo essere stato arpionato con un uncino ad un albero, fu costretto ad assistere alla barbara fine dei suoi uomini, prima di venire finito con una serie di colpi alla testa. Sepolti alla meglio i corpi, l’eccidio fu noto solo tra il 31 marzo e il 2 aprile 1944, quando i corpi vennero ritrovati per caso da una pattuglia tedesca.
Il piccolo distaccamento di Carabinieri era composto, oltre che dal Vice Brigadiere Dino Perpignano, anche dai Carabinieri Domenico Dal Vecchio, Antonio Ferro, Primo Amenici, Lindo Bertogli, Rodolfo Colsi, Fernando Ferretti, Attilio Franzan, Pasquale Ruggero, Adelmino Zilio, Michele Castellano e Pietro Tognazzo, alla cui memoria è stata conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile: “Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, in servizio presso il posto fisso di Bretto Inferiore, unitamente ad altri commilitoni, veniva catturato da truppe irregolari di partigiani slavi che, a tappe forzate, lo conducevano sull’Altopiano di Malga Bala. Imprigionato all’interno di un casolare, subiva disumane torture che sopportava con stoica dignità di soldato, fino a quando, dopo aver patito atroci sofferenze, veniva barbaramente trucidato. Preclaro esempio di amor patrio, di senso dell’onore e del dovere, spinti fino all’estremo sacrificio. Malga Bala, Slovenia, 23-25 marzo 1944”.