Padre Fabian Barcata e il Cimitero Militare austriaco di Bondo

Frate Francescano per vocazione spirituale, Padre Fabian Barcata era nato nella Val di Fiemme nel 1868: di umili origini, abituato fin da piccolo a vivere con lo stretto necessario, a 17 anni decise di entrare nell’Ordine dei Francescani, con i quali venne mandato in missione sulle aspre e brulle montagne dell’Albania. Era il 1895 ma stavano già soffiando i primi venti di guerra su tutta l’Europa: la Belle Époque stava finendo e all’orizzonte si profilavano i profili dei cannoni e delle baionette. Così venne il 28 luglio 1914 e l’attentato di Sarajevo e poi il 24 maggio 1915, con l’entrata nel conflitto del Regno d’Italia e la guerra all’Impero Austro-Ungarico. Anche Padre Fabian venne mobilitato, divenendo uno dei tanti Cappellanni militari aggregati agli eserciti per portare un po’ di sollievo e di umana solidarietà a quei fanti lanciati in mortali e inutili assalti nella terra di nessuno. Ma l’energico Frate diverrà, per la cittadina di Bondo, poco distante dal Lago di Garda, il custode vigile dell’ultima dimora per quasi settecento soldati del multietnico esercito imperiale di Vienna. Per ordine del Colonnello Theodor Spiegel, infatti, Padre Fabian ricevette l’ordine di edificare un cimitero militare per accogliere, in maniera composta ed ordinata, le salme dei caduti morti nelle zone circostanti, durante i furiosi combattimenti sull’Adamello.

Cimitero Militare austriaco di BondoUtilizzando la manodopera dei soldati stessi, tra cui vi erano numerosi scultori, scalpellini e fabbri, nel 1916 iniziarono i lavori per realizzare il camposanto, lungo una collinetta posta su un dolce declivio di Bondo: velocemente, la voce si sparse nel paese e nelle valli circostanti; anche gli Italiani, che inizialmente sparavano sporadici colpi di artiglieria sul cantiere credendolo in funzione per attività militari, iniziarono ad osservare un composto e dignitoso silenzio per l’opera di questo sacerdote. Se nel Natale del 1914 le armi tacquero per un breve periodo, a Bondo non si registrarono più eventi bellici per buona parte del restante conflitto: grazie a Padre Fabian, era come se gli uomini schierati nelle trincee avessero ritrovato la loro umanità  e anticipato la pace. Ma la guerra continuava ad infuriare e a mietere migliaia di morti al giorno: anche il Cimitero Militare di Bondo cominciava a riempirsi di soldati poco più che ventenni, spezzati nel fiore della loro gioventù per l’ingordigia dei regnanti e dei capi di governo europei. L’armistizio giunse prima della fine ufficiale dei lavori, senza dare la possibilità a Padre Fabian di realizzare una piccola cappella dove poter celebrare le funzioni religiose: la grande carneficina era terminata, ma le fosse venivano ancora scavate. Molti dei soldati sepolti a Bondo, infatti, morirono settimane dopo l’armistizio del 4 novembre 1918, a causa delle ferite riportate nei combattimenti e per la nuova piaga mortale che mieteva altri milioni di morti: l’influenza spagnola. Oggi il Cimitero Militare è ancora lì, dove lo volle Padre Fabian: curato grazie all’intervento dell’Amministrazione Comunale locale e della Provincia Autonoma di Trento, in collaborazione con la Croce Nera austriaca, resta l’ultimo testimone della memoria dei 697 soldati sepolti.