Padre Fabian Barcata e il Cimitero Militare austriaco di Bondo
Utilizzando la manodopera dei soldati stessi, tra cui vi erano numerosi scultori, scalpellini e fabbri, nel 1916 iniziarono i lavori per realizzare il camposanto, lungo una collinetta posta su un dolce declivio di Bondo: velocemente, la voce si sparse nel paese e nelle valli circostanti; anche gli Italiani, che inizialmente sparavano sporadici colpi di artiglieria sul cantiere credendolo in funzione per attività militari, iniziarono ad osservare un composto e dignitoso silenzio per l’opera di questo sacerdote. Se nel Natale del 1914 le armi tacquero per un breve periodo, a Bondo non si registrarono più eventi bellici per buona parte del restante conflitto: grazie a Padre Fabian, era come se gli uomini schierati nelle trincee avessero ritrovato la loro umanità e anticipato la pace. Ma la guerra continuava ad infuriare e a mietere migliaia di morti al giorno: anche il Cimitero Militare di Bondo cominciava a riempirsi di soldati poco più che ventenni, spezzati nel fiore della loro gioventù per l’ingordigia dei regnanti e dei capi di governo europei. L’armistizio giunse prima della fine ufficiale dei lavori, senza dare la possibilità a Padre Fabian di realizzare una piccola cappella dove poter celebrare le funzioni religiose: la grande carneficina era terminata, ma le fosse venivano ancora scavate. Molti dei soldati sepolti a Bondo, infatti, morirono settimane dopo l’armistizio del 4 novembre 1918, a causa delle ferite riportate nei combattimenti e per la nuova piaga mortale che mieteva altri milioni di morti: l’influenza spagnola. Oggi il Cimitero Militare è ancora lì, dove lo volle Padre Fabian: curato grazie all’intervento dell’Amministrazione Comunale locale e della Provincia Autonoma di Trento, in collaborazione con la Croce Nera austriaca, resta l’ultimo testimone della memoria dei 697 soldati sepolti.