OGGI 18 – 19 SETTEMBRE, ITALIANO RICORDA… 1917 PRIMA GUERRA MONDIALE IL “FATTO DI CARZANO” (VALSUGANA - TRENTO)

Il SOGNO di CARZANO, conosciuto anche come “FATTO di CARZANO”, si verificò durante la prima guerra mondiale nella notte tra il 18 e il 19 settembre 1917 tra l'Esercito Italiano e quello austro-ungarico.
Protagonista dell’episodio bellico fu il Maggiore del Servizio Informazioni (ITO) Cesare Pettorelli Lalatta.
Se realizzato così come era stato pianificato dal Maggiore Pettorelli Lalatta, avrebbe consentito alle truppe italiane di dilagare in VALSUGANA e portarle forse fino a TRENTO.
La notte del 18 settembre 1917, data fissata per l'operazione, i congiurati aprirono la strada agli Italiani che, salendo da SCURELLE, trovarono varchi aperti nei reticolati, ai quali era stata tolta la corrente elettrica; le linee telefoniche e telegrafiche erano state interrotte e, soprattutto, i soldati nemici addormentati con l'oppio fornito dagli Italiani e aggiunto nel rancio della sera dai collaboratori di Pivko.
Per prima cosa i cospiratori tolsero la corrente ad alta tensione dai reticolati e tagliarono i collegamenti telefonici, poi fecero in modo di allontanare parte della truppa di guardia, mentre ai soldati rimasti veniva offerto vino drogato; contemporaneamente la prima colonna italiana, guidata dal Tenente Pifko e da altri boemi irredenti iniziava a muoversi verso il varco che si era creato.
Un particolare, che poi si rivelò decisivo, non venne però preso nella giusta considerazione: sul TORRENTE MASO gli austriaci avevano lasciato solo una piccola passerella in legno e su quella, secondo il piano del Gen. Zincone, dovevano sfilare parecchie migliaia di soldati pesantemente armati, uno alla volta.
Il comando dell'operazione fu affidato al Generale Attilio Zincone al Comando della Brigata “Campania”, del tutto nuovo della zona e alla sua prima esperienza di comandante di truppe in combattimento.
Per le prime fasi dell'azione il Generale Zincone impiegò truppe che non conoscevano il territorio e che, in gran parte, dovevano ancora ricevere il “battesimo del fuoco”.
Tali truppe inoltre, dotate di un equipaggiamento pesante (coperta, telo, tenda, razioni, viveri per più giorni, armamento pesante) furono guidate, inspiegabilmente, attraverso un camminamento largo 80 centimetri anziché sulla strada larga 4 metri.
Le operazioni subirono un forte rallentamento e solo i Bersaglieri del 72º Battaglione, inviati per primi oltre il confine, raggiunsero CARZANO.
Il Maggiore Pettorelli Lalatta, che si trovava già a CARZANO, accortosi del disguido, percorse il tragitto a ritroso e, soltanto a SPERA, trovò un buon contingente di soldati, fermi, sdraiati a terra.
Nel frattempo, con il trascorrere delle ore e ai primi colpi esplosi dall'artiglieria avversaria, il Generale Zincone fece impartire l'ordine di ritirata, che però non pervenne al 72° Bersaglieri che rimase pertanto a CARZANO dove, per effetto del contrattacco nemico, fu neutralizzato, subendo rilevanti perdite in morti, feriti, dispersi e prigionieri.
I soldati italiani penetrarono nelle linee nemiche, arrivando sul rovescio delle altre posizioni difensive che in parte si arresero o attuarono una fiacca resistenza: la breccia si andava allargando.
A questo punto contro gli attaccanti giocò quell'unica piccola passerella sul TORRENTE MASO: l'infiltrazione italiana divenne lenta, mentre le truppe austriache, consce del grave pericolo, accorrevano dalle retrovie.
Il Gen. Zincone non se la sentì di tentare il forzamento delle difese nemiche con un attacco in massa ed ordinò il ripiegamento, abbandonando al loro destino le truppe che erano già passate e si ritrovarono ben presto accerchiate.
Fallì così il piano meticolosamente studiato da Pivko e Lalatta.
Il Bollettino Cadorna del 20 settembre 1917 così dava notizia dello scontro:
"In direzione di Carzano (Val Sugana), un nostro reparto riusciva a spingersi oltre le linee nemiche del torrente Maso e vi catturava 200 prigionieri".
Per lunghi anni, per pudore, sia gli austriaci (scossi dal tradimento subito), sia gli italiani (dimostratisi incapaci nello sfruttare un'occasione unica), hanno preferito far cadere, su questa importante e significativa pagina di storia militare, un velo di silenzio.
Il Comando Supremo Austriaco avviò subito una commissione d'inchiesta per accertare i fatti.