Notiziario: Manfredi Talamo, e il maggior successo dei servizi segreti italiani nel secondo conflitto mondiale

Manfredi Talamo, e il maggior successo dei servizi segreti italiani nel secondo conflitto mondiale

Il tenente colonnello dei Carabinieri Reali Mandredi Talamo nasce a Castellammare di Stabia il 2 gennaio 1895. Arruolatosi volontario nella legione allievi di Roma e nominato carabiniere a piedi nell’agosto 1914, partecipò alla prima guerra mondiale dal maggio 1915 raggiungendo il grado di maresciallo d’alloggio capo nel febbraio 1919.

Nello stesso anno, conseguito a Napoli il diploma di ragioniere, veniva ammesso alla Scuola allievi ufficiali , ottenendovi nell’aprile 1920 la promozione a sottotenente. Inviato a Pola, assumeva il comando del 262° plotone Carabinieri del XXVI del C.A. distinguendosi per il suo comportamento nella cattura di tre evasi, azione per cui ricevette la medaglia di bronzo al valor militare.

Tenente nel 1923, fu trasferito a domanda in Tripolitania, dove rimase fino al 1930, meritandosi nella sua lunga permanenza in colonia quattro encomi dal Governo della Tripolitania. Rientrato alla legione di Bolzano, quindi, passò a disposizione del Ministero della Guerra.

Promosso maggiore per meriti eccezionali, venne assegnato al S.I.M. (Servizio informazioni militari) e, posto al comando di una particolare e delicatissima sezione, la P (Prelevamento), che si occupava soprattutto della decifrazione di documenti sottratti alle ambasciate straniere.

Assieme ad altri due militari, e due agenti infiltratisi all’interno dell’Ambasciata americana di Roma come semplici uscieri, il maggiore Manfredi Talamo, riuscì a impossessarsi nel settembre 1941 del Black Code, una serie di tabelle cifranti e decifranti in dotazione agli addetti militari statunitensi.

Tale azione si rivelò di importanza senza precedenti. Non credendo di dover cambiare i codici cifranti nel momento dell’entrata in guerra, il Dipartimento della Difesa di Washington commise un gravissimo errore, acuito ancora di più dal fatto che il colonnello Norman Fiske, addetto militare di Washington, lasciò in ufficio le chiavi della cassaforte dove erano custoditi.

Ma ciò che fece il gioco del Servizio Informazioni furono gli utilizzi fatti del Black Code. Il Colonnello Franck Bonner Fellers, ufficiale americano «ben introdotto nel comando britannico del Medio Oriente e nel comando dell’Ottava Armata», trasmetteva dal comando britannico in Africa Settentrionale utilizzando proprio quei codici.

Così le truppe dell’Asse del feldmaresciallo Erwin Rommel riuscirono a riportare numerose vittorie sul nemico. Grazie all’azione di Manfredi Talamo e dei suoi uomini gli italo-tedeschi riuscirono ad avanzare fino ad El Alamein, enormemente agevolati dall’intercettazione e dalla decifratura dei dispacci trasmessi.

Soltanto il 10 luglio 1942 gli Alleati si resero conto che le loro trasmissioni erano quotidianamente intercettate e decifrate. Durante un’azione offensiva della 9ª Divisione australiana, una sezione intercettazioni dell’Afrika Korps che aveva con sé parte del Black Code cadde in mano nemica.

Promosso tenente colonnello per meriti di guerra nel 1942, Manfredi Talamo e i suoi uomini continuarono a operare per conto del SIM riuscendo, nell’estate 1942, a mettere a segno un altro importante successo, cosa che pochi mesi più tardi gli costerà la vita.

Egli infatti riuscì a scoprire che l’addetto culturale tedesco presso l’Ambasciata a Roma, Kurt Sauer, era in realtà un agente doppiogiochista. La cosa non piacque alle autorità tedesche e a Herbert Kappler, ufficiale delle SS, il quale chiese espressamente agli uomini della Sezione P di mantenere il più stretto riserbo sull’intera faccenda per non intaccare il prestigio tedesco.

Nella rete caddero anche un ingegnere milanese e una spia finlandese che operava per conto di Mosca. Ma il fastidio provato durante vicenda dell’arresto del funzionario tedesco – nel corso della quale gli agenti italiani del SIM sopperirono a una chiara inefficienza dei servizi segreti tedeschi e delle SS in particolare – non venne mai dimenticato da Kappler.

Herbert Kappler

Un anno dopo, con l’armistizio, l’ufficiale italiano entrò nella Resistenza. Lavorò col Fronte militare clandestino guidato dal colonnello Montezemolo, ma il 5 ottobre cadde nelle mani dei tedeschi. Incarcerato e torturato, Talamo non parlò.

Così Kappler, nel frattempo promosso capo di tutte le polizie tedesche a Roma inserendo il nome dell’ufficiale del SIM tra quelli di coloro che sarebbero stati trucidati alle Ardeatine, ebbe modo di consumare la sua vendetta.

Alla memoria del valoroso ufficiale venne conferita la medaglia d’oro con la seguente motivazioene

“Nell’assolvere delicate rischiose mansioni, eccelleva per rare virtù militari ed impareggiabile senso del dovere, rendendo al Paese, in pace e in guerra, servizi di inestimabile valore. Caduto in sospetto della polizia tedesca che ne ordinava l’arresto, sopportava stoicamente prolungate torture, senza svelare alcun segreto sulle organizzazioni clandestine e sui loro dirigenti. Condotto alla fucilazione, alle Fosse Ardeatine, dava sublime esempio di spirito di sacrificio, di incrollabile fermezza, di alte e pure idealità, santificate dal martirio e dall’olocausto della vita”.