Ammiraglio, tutti abbiamo ancora negli occhi le immagini del comandante della portaerei americana Roosvelt Brett Crozier applaudito dal suo equipaggio dopo essere stato rimosso per avere lanciato pubblicamente l’allarme Covid che aveva infettato quasi 2mila uomini a bordo. Mentre sulla portaerei francese De Gaulle i positivi sono stati più di mille. In Italia, invece, su 10mila uomini imbarcati il numero dei contagiati quasi si conta sulle dita di una mano. Come è stato possibile?
Abbiamo vissuto l’emergenza Covid giorno per giorno facendo quello che si chiama “training on the job”. Alcune scelte vincenti ci hanno aiutato. Innanzi tutto abbiamo agito in modo molto aggressivo quando abbiano avuto due o tre casi sulle due navi anfibie che stavano rientrando da una missione, la San Giusto e la San Marco. Temevo un effetto domino maggiore perché abbiamo un riciclo di aria del 70%. Abbiamo subito messo in quarantena circa 400 persone ma i contagi sono stati minimi. Per cui da allora in poi quando si è verificato un caso di infettato invece di mettere in quarantena tutto l’equipaggio abbiamo isolato solo chi era venuto in contatto e su quelli fatto verifiche e tamponi. Siamo riusciti così a mantenere la nostra attività internazionale senza cancellare alcuna missione internazionale. Tutte le navi in partenza le facevamo uscire nelle acque territoriali con tamponi a bordo e dopo 14 giorni altri tamponi per essere sicuri di non fare partire navi con contagiati a bordo e nei porti all'estero nessun personale scendeva a terra. In questo modo abbiamo potuto portare a termine tutte le missioni. C’è da dire che siamo stati tra i primi a subire l’attacco del virus. Ho contattato subito le Marine alleate chiedendo di scambiarci le best practices. Gli inglesi hanno usato le nostre metodologie mentre Stati Uniti e Francia avevano due grandi portaerei in mare e forse avevano fatto soste in altri porti. Ma gli americani ci hanno ora contattato e abbiamo un tavolo nel quale condividiamo le nostre esperienze.
Ma anche a terra gli uomini della Marina hanno collaborato per far fronte all’emergenza Covid...
Come tutte le altre Forze armate ci siamo subito attivati anche grazie alla nostra grade capacità di reazione. Abbiamo messo a disposizione 120 tra medici, infermieri e personale di supporto in quasi tutte le regioni. Un vero fiore all’occhiello è stato l’ospedale da campo allestito in meno di 72 ore a Jesi dalla Brigata Marina San marco. Su un totale di 69mila uomini di tutte le forze armate impiegate per l’emergenza Covid la Marina ha messo in campo 16mila uomini.Sul fronte estero è italiano il comando della nuova missione Irini per far rispettare l’embargo di armi alla Libia. Non ci saranno problemi tra sei mesi quando il force commander della missione greco dovrà bloccare le navi turche dirette a Tripoli?
Nei primi sei mesi il Force commander di Irini sarà italiano imposterà il lavoro alla missione che comunque avrà sempre un comandante in capo italiano, un ufficiale di grande esperienza. Dobbiamo anche considerare che Italia, Grecia e Turchia fanno parte dell’alleanza Nato e c’è una buona capacità di collaborare. Irini è la naturale erede di Sophia che era una missione navale ma sarà in grado di far rispettare l'embargo di armi in Libia.
Come ci si comporterà per eventuali salvataggi di migranti?
Ora con il contagio il problema non sussiste. I flussi dei migranti sono ai minimi. Ma non mi sentirei di dire che questo è lo standard di un Paese come il nostro che resta sempre una meta privilegiata per l’accesso all’Unione europea. Bisognerà vedere cosa succederà dopo il coronavirus. La zona di operazioni è situata più a Est rispetto a Sophia ma se troveremo migranti in difficoltà continueremo a salvarli come previsto dalle norme internazionali e anche perchè tutti i marinai cercano sempre di salvare un essere umano che sta per annegare
L’ultimo contratto di Fincantieri per la Fremm della Marina Usa in che modo premia un modello dello strumento militare italiano?
Si tratta di un grandissimo traguardo per l’Italia, per la capacità di costruzione di Fincantieri ma anche la Marina italiana ci ha messo un po' del suo. Nel 2018 ha portato la fregata Alpino negli Stati Uniti e ha mostrato che cosa è una fregata europea multiruolo. La Marina americana ha toccato con mano le capacità antisommergibili e antimissili colmando un ruolo lasciato scoperto dalle fregate della classe Perry per fornire la cornice di sicurezza alle portaerei.
Lotta al Covid: la Marina italiana esporta il suo modello negli Usa
Una Marina che spiega agli Stati Uniti come affrontare e sconfiggere il Covid in mare e a terra. Che esporta, sempre negli Stati Uniti, il modello della fregata multiruolo Fremm di Fincantieri e che aiuta a stabilizzare il Mediterraneo e riportare la pace in Libia con la nuova missione Irini avviata il 4 maggio. Una Marina che ha, come suo primo impegno, quello di tutelare gli interessi di un Paese con 8mila km di coste e il 90% dei dati che viaggia sul fondo dei mari.
È il quadro che traccia in questa intervista per il Sole 24 Ore il Capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio di squadra Giuseppe Cavo Dragone .