a cura di Lucio De Bortoli
Il volume sarà presentato giovedì 15 giugno p.v. ore 20:45 in Sala Consiliare a Nervesa della Battaglia in occasione del 99° Anniversario della Battaglia del Solstizio.
Saggi di Lucio De Bortoli, Roberto Tessari, Paolo Pezzato, Lisa Bregantin e Matteo Bernardel. Schede a cura dell'Associazione Battaglia del Solstizio di Nervesa.
Il taglio dello studio -che non intende aggiungersi ai molti volumi di storia militare sul fronte montelliano e plavense- pone al centro le coordinate che vengono presentate nella prefazione che segue e che si propone all'attenzione.
Arrivederci, dunque, alla presentazione pubblica.
Nervesa della Battaglia è una presenza fissa nella ormai imponente bibliografia del fronte italiano sul Piave. Lo è a partire dall’opera di Oreste Battistella, La battaglia del Montello, che nel 1924 inaugurò, per certi versi, gli studi di settore.
Come si è cercato di argomentare nel saggio dedicato ai primi anni del dopoguerra, il libro di Battistella non è stato soltanto un importante e documentato repertorio (anche fotografico) di fatti e di figure destinato alle necessarie integrazioni di contenuto e di approccio; è stato molto di più, vale a dire un modello. In particolare, un modello valoriale.
Con Battistella, come già sottolineato nella sua recente riedizione, prende inizio la glorificazione di Nervesa e la lettura consapevolmente patriottica del conflitto. E ciò avviene forse anche al di là delle stesse intenzioni dell’autore, compilatore preciso ed accurato dello svolgimento della battaglia del Solstizio. Quel che conta, però, è che nella realtà dei decenni che seguiranno, il modello proposto diventerà, di fatto, l’unico sostenibile, prima nel ventennio in funzione celebrativa e edificatrice della memoria del sacrifico; successivamente come rievocazione rispettosa della dimensione dei caduti e più recentemente come palinsesto locale in cui poter continuare a leggere il passaggio della grande storia in un paese montelliano che vi era già aduso grazie ai segni religiosi, architettonici e culturali che lo hanno nei secoli attraversato.
Il taglio di ricerca che proponiamo in questa nuova occasione tiene naturalmente conto dei fattori costitutivi richiamati (la centralità del conflitto e le sue derivazioni memoriali e rievocative) e ad essi viene assegnato il ruolo che la storia ha loro consegnato; ma un ruolo in un quadro non più o non solo ufficiale. Quello che ha visto sinora luogo e comunità come figure di fondo, una sorta di quinta convenzionale e funzionale agli attori della grande storia e delle sue declinazioni. Il quadro che allora ci è sembrato giusto restaurare e portare alla luce contiene invece anche qualche tratto più espressivo e distorsivo.
In questo nostro pendant la Nervesa solo citazione di un testo alto e mitico assume dunque i contorni di un luogo materiale, abitato, svuotato, ripercorso e riabitato tra le macerie, lungo un dopoguerra desolato e inevitabilmente incattivito.
Insomma, un altro racconto, più nudo più crudo, soprattutto parallelo a quello leggendario di una Nervesa “un tempo ridente” ma che ora “così fracassata ci sembra assai più cara e sacra di quanto era tutta agghindata”. La Nervesa anteguerra lieta di strade pulite e di leggiadre fanciulle - secondo il cronista del Giornale d’Italia- che viene contrapposta alle sacre macerie del dopo in chiave, evidentemente, tutta ideologica e culturale.
La nostra chiave, quella che abbiamo trovato nel sottoscala del palazzo memoriale nazionale, apre così anche la porta delle baracche e della profonda povertà con cui i nervesani dovranno fare i conti per poter nascere una seconda volta. Ed è anche di questo che, ormai, si deve scrivere.
Lucio De Bortoli
Istresco
Il taglio dello studio -che non intende aggiungersi ai molti volumi di storia militare sul fronte montelliano e plavense- pone al centro le coordinate che vengono presentate nella prefazione che segue e che si propone all'attenzione.
Arrivederci, dunque, alla presentazione pubblica.
Nervesa della Battaglia è una presenza fissa nella ormai imponente bibliografia del fronte italiano sul Piave. Lo è a partire dall’opera di Oreste Battistella, La battaglia del Montello, che nel 1924 inaugurò, per certi versi, gli studi di settore.
Come si è cercato di argomentare nel saggio dedicato ai primi anni del dopoguerra, il libro di Battistella non è stato soltanto un importante e documentato repertorio (anche fotografico) di fatti e di figure destinato alle necessarie integrazioni di contenuto e di approccio; è stato molto di più, vale a dire un modello. In particolare, un modello valoriale.
Con Battistella, come già sottolineato nella sua recente riedizione, prende inizio la glorificazione di Nervesa e la lettura consapevolmente patriottica del conflitto. E ciò avviene forse anche al di là delle stesse intenzioni dell’autore, compilatore preciso ed accurato dello svolgimento della battaglia del Solstizio. Quel che conta, però, è che nella realtà dei decenni che seguiranno, il modello proposto diventerà, di fatto, l’unico sostenibile, prima nel ventennio in funzione celebrativa e edificatrice della memoria del sacrifico; successivamente come rievocazione rispettosa della dimensione dei caduti e più recentemente come palinsesto locale in cui poter continuare a leggere il passaggio della grande storia in un paese montelliano che vi era già aduso grazie ai segni religiosi, architettonici e culturali che lo hanno nei secoli attraversato.
Il taglio di ricerca che proponiamo in questa nuova occasione tiene naturalmente conto dei fattori costitutivi richiamati (la centralità del conflitto e le sue derivazioni memoriali e rievocative) e ad essi viene assegnato il ruolo che la storia ha loro consegnato; ma un ruolo in un quadro non più o non solo ufficiale. Quello che ha visto sinora luogo e comunità come figure di fondo, una sorta di quinta convenzionale e funzionale agli attori della grande storia e delle sue declinazioni. Il quadro che allora ci è sembrato giusto restaurare e portare alla luce contiene invece anche qualche tratto più espressivo e distorsivo.
In questo nostro pendant la Nervesa solo citazione di un testo alto e mitico assume dunque i contorni di un luogo materiale, abitato, svuotato, ripercorso e riabitato tra le macerie, lungo un dopoguerra desolato e inevitabilmente incattivito.
Insomma, un altro racconto, più nudo più crudo, soprattutto parallelo a quello leggendario di una Nervesa “un tempo ridente” ma che ora “così fracassata ci sembra assai più cara e sacra di quanto era tutta agghindata”. La Nervesa anteguerra lieta di strade pulite e di leggiadre fanciulle - secondo il cronista del Giornale d’Italia- che viene contrapposta alle sacre macerie del dopo in chiave, evidentemente, tutta ideologica e culturale.
La nostra chiave, quella che abbiamo trovato nel sottoscala del palazzo memoriale nazionale, apre così anche la porta delle baracche e della profonda povertà con cui i nervesani dovranno fare i conti per poter nascere una seconda volta. Ed è anche di questo che, ormai, si deve scrivere.
Lucio De Bortoli
Istresco