Le incredibili gesta del vittoriese Alessandro Tandura, ardito, paracadutista, sabotatore e spia della Grande Guerra
E’ uno dei personaggi più incredibili della Grande Guerra, tanto che le sue gesta sembrano tratte dalla sceneggiatura di un film. Stiamo parlando di Alessandro Tandura, nato a Serravalle di Vittorio Veneto il 17 settembre 1893, tenente degli Arditi e primo paracadutista militare al mondo a essere impegnato in azione dietro le linee nemiche.
La sua storia di soldato inizia a 21 anni, allorché decide di intraprendere il "mestiere delle armi" e si arruola volontario. E’ il 14 settembre 1914, la Grande Guerra già infuria sul fronte occidentale da un mese e mezzo anche se l’Italia non è ancora entrata nel conflitto. Immediatamente, si rivela essere un ottimo militare, tanto da meritare nel giro di quattro mesi la nomina a caporale.
L’inizio delle ostilità sul fronte italiano lo vede subito in prima linea nelle fila del 10° Reggimento di Fanteria "Re". Sul Carso, però, subisce una grave ferita all’avambraccio, che lo terrà lontano dal trincee per quasi un anno, sino al maggio 1916. Nonostante la voglia di dare il suo contributo alla causa, le condizioni di salute nei mesi successivi lo allontaneranno nuovamente per ben due volte dal fronte, relegandolo ai depositi nelle retrovie, non senza aver nel frattempo ottenuto una seconda promozione a sergente.
Alessandro Tandura però appartiene a quel manipolo di uomini votati all’azione, che considerano un umiliante declassamento l’essere destinati ad un posto sicuro quale un magazzino imboscato lontano dalle prime linee. Così, nel gennaio 1917, chiede e ottiene di tornare al fronte, dove giunge con il 2200 Reggimento Fanteria "Sile" e dove nuovamente si distingue, al punto da essere scelto per frequentare il "Corso di istruzione per aspiranti ufficiali dell’Arma di Fanteria".
Nominato tenente di complemento nell’ottobre 1917, dopo un mese al fronte arriva un nuovo stop. Tandura si ammala gravemente e viene ricoverato sino a dicembre. Gli vennero dati ben sei mesi di convalescenza, questo a testimonianza della gravità del suo stato di salute, visto che in quel periodo, sul fronte italiano, i medici militari facevano di tutto per rispedire in trincea i feriti e i malati nel più breve tempo possibile, tanto che l’infermità veniva vagliata con grandissimo sospetto dai tribunali militari. Ma Tandura ancora una volta fa vedere di che pasta è fatto rinunciando alla convalescenza per tornare in prima linea.
Come non bastasse, chiede ed ottiene il il trasferimento nel nuovo e già leggendario "Corpo degli Arditi". Con il XX Reparto d’Assalto, partecipa a tutte le azioni nel settore del Basso Piave, compresa l’eliminazione della testa di ponte di Caposile. Dopo mesi di strenui combattimenti, di nuovo e con sua grande insoddisfazione, nel gennaio 1918 viene assegnato al Deposito del Reggimento Fanteria "Novara". Qualche mese dopo arriva il "contentino" della promozione a Tenente di Complemento e durante l’estate, ad agosto del 1918, l’assegnazione all’Ufficio Informazioni, presso il Comando dell'Armata.
Ma quando la sua esperienza di guerra sembra destinata a finire nell’anonimato, il destino gli dà un’altra chance. Il comandante dell’Ufficio Informazioni, Tenente Colonnello Dupont, lo fa chiamare e gli chiede senza giri di parole: "Noi abbiamo bisogno di gente che si infiltri tra le file del nemico per osservare e riferire. Il compito è estremamente difficile, non glielo nascondo. Ma io conosco gli ufficiali veneti, so quanto stia loro a cuore di prendere la rivincita di Caporetto. Non entro nei particolari dell’impresa: tenente Tandura, si sente di accettare quanto le propongo?". Alessandro Tandura accetta.
Dopo aver vagliato più soluzioni, si decide che raggiungerà la Sinistra Piave, occupata dal nemico, paracadutandosi da un aereo nella zona di Sarmede e da lì dovrà raggiunge il Col Visentin, per stabilirvi la base operativa e, mischiandosi alla popolazione, iniziare la sua missione di spionaggio.
Ma lanciarsi in paracadute nel 1918 era qualcosa di estremamente difficile. All’epoca il paracadute era raramente utilizzato, tanto che gli stessi aviatori avevano appena iniziato ad usarlo. L’Esercito Italiano ne possedeva pochi, acquistati dagli inglesi, pertanto, nonostante le richieste di Tandura, neanche a parlarne di prove o lanci d’addestramento, in quanto, una volta aperto, il paracadute non poteva più essere riutilizzato.
Il lancio venne programmato giovedì 8 agosto 1918, da un aereo biposto da bombardamento. Eseguito il lancio, l’aereo proseguì il volo, bombardando alcuni obiettivi, così da dissimulare il reale scopo della missione. Tandura era seduto su di uno scomodo sedile ribaltabile, collocato di spalle all’equipaggio, con i piedi penzoloni nel vuoto e con una fune legata sulla schiena che lo collegava al paracadute, situato in uno scomparto sotto la fusoliera. Da quella posizione aspettava il momento in cui il pilota avrebbe tirato una leva e aperto la botola.
Quella notte infuriava un temporale, che fece smarrire la rotta all’equipaggio: credevano di essere sopra Sarmede, ma in realtà stavano sorvolando le colline a San Martino di Colle Umberto. Raggiunta la quota prestabilita di 1.500 metri il Maggiore Barker tirò la leva, facendo precipitare Tandura nel buio. Come egli stesso più tardi racconterà: "Le orecchie sono straziate da un sibilo che mi devasta il cervello. L’incubo dei sogni orribili! Ma subito ho l’impressione di essere sollevato, di tornare in su. Alzo gli occhi e vedo il paracadute aperto. La pioggia mi sferza il viso. Oso guardare in basso e vedo strade e campi che riddano in un'altalena infernale. Mi smarrisco, perdo i sensi… È un attimo: ad un tratto, colpito fortemente al petto, mi trovo a terra, con le gambe all’aria. Lanciato nel vuoto da circa 1.500 metri di altezza ero caduto in un vigneto, mentre infuriava il temporale".
Toccata terra, Tandura raggiunse il vittoriese per iniziare la sua missione. Cominceranno per lui tre mesi incredibili, durante i quali si manterrà costantemente in contatto con il comando italiano, consentendo all’VIII Armata di "entrare in azione con la piena coscienza delle unità che aveva di fronte e della loro dislocazione", come scrisse nel suo rapporto il generale Caviglia.
Raccoglierà informazioni sulla composizione dei reparti nemici in zona e radunerà alcuni gruppi di soldati italiani sbandati con i quali porterà a termine azioni di sabotaggio. Verrà anche catturato per ben due volte dagli austriaci. Riuscì a fuggire, la seconda volta gettandosi da un treno in corsa.
Nella sua opera di sabotaggio e raccolta informazioni, verrà supportato dalla sorella Emma Tandura e dalla futura sposa Maddalena Petterle. Entrambe le donne saranno poi insignite della Medaglia d’Argento al Valor Militare. Su proposta del Tenente Colonnello Dupont, ad Alessandro Tandura verrà concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare che arricchirà il suo incredibile medagliere composto da 5 Croci al Merito di Guerra, 3 Medaglie di Bronzo, 4 Medaglie d’Argento, Medaglia d’Oro al Valor Civico e Croix de Guerre 14-18 belga.
Ad Alessandro Tandura Vittorio Veneto ha dedicata anche una Caserma, costruita nel 1964 e dismessa nel 2013. La ex Caserma Tandura, come del resto tutte le ex caserme, saranno restituite alla città di Vittorio Veneto tramite una variante che ne cambierà la destinazione d’uso, facendole diventare aree commerciali e residenziali.
Nella sua missione di spionaggio Alessandro Tandura riuscirà anche a ridare dignità di combattenti a tutti quelli sbandati, disertori o soltanto fuggiaschi che, dopo Caporetto, non erano riusciti a ricongiungersi con i propri reparti e raggiungere con questi la sponda destra del Piave, dandosi alla macchia in attesa di tempi migliori.
A fine guerra Tandura salverà la vita a molti giovani, fondendo testimonianza sul fatto che molti di loro non erano disertori e invocando il fatto che sotto la sua guida si erano organizzati in vere e proprie "bande armate" che costituirono una spina nel fianco per l’esercito austro-ungarico, sabotando ponti e ferrovie e modificando la segnaletica stradale per creare caos nei trasporti del nemico. Durante la battaglia di Vittorio Veneto, queste "bande" costituite dal Tandura contribuiranno a stringere gli austriaci nella morsa finale.
Conclusa la Grande Guerra, la vita da soldato di Alessandro Tandura proseguirà poi in Somalia ed Eritrea, dove troverà la morte nel 1937. Il destino gli impedirà di prendere parte e alla Seconda Guerra Mondiale, alla quale parteciperà l’unico figlio di Alessandro Tandura e di Maddalena Petterle, Luigino Tandura, partigiano nella Brigata Osoppo, che cadrà in combattimento il 28 giugno 1944, meritandosi la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.
"Non ho mai visto un uomo più coraggioso di questo piccolo soldato italiano (Alessandro Tandura non raggiungeva il metro e sessanta, ndr), il più valoroso soldato del mondo". Con queste parole, nel suo libro di "Memorie di guerra" il Capitano Wedgwood ha ricordato Alessandro Tandura, un piccolo grande eroe. L’Italia la guerra l’ha vinta anche grazie al coraggio di uomini come lui. Tandura si ritrovò eroe per caso, ma in quel ruolo si trovò così a suo agio da diventare un orgoglio per la sua città e per tutta la Nazione.
(Fonte: Giancarlo De Luca © Qdpnews.it).
(Ricostruzione storica a cura di Chiara Rainone).