LE CONDIZIONI FEMMINILI DURANTE IL PERIODO DELLA GRANDE GUERRA

L’assenza di molti uomini chiamati a combattere provocò delle conseguenze disastrose a livello economico e sociale. Durante la Grande Guerra i posti di operai e contadini furono lasciati vuoti e vennero coperti dalle donne che passarono da "Angeli del Focolare" a membri attivi dell’economia e della società. Questo processo, però, non fu indolore perché le donne furono obbligate a compiere gli stessi lavori degli uomini e esse presero anche il posto dei mariti nelle faccende domestiche maschili. A questo non corrispose una maggiore libertà poiché spesso nelle case rimanevano gli anziani, i quali continuavano ad esercitare un ruolo autoritario all’interno della famiglia.
Ma diamo uno sguardo al "ruolo diretto" che le donne ebbero in prima linea, durante il primo conflitto bellico mondiale, iniziando a parlare delle "Portatici Carniche".
Le portatrici carniche furono quelle donne che nel corso della prima guerra mondiale operarono, lungo il fronte della Carnia, trasportando con le loro gerle rifornimenti e munizioni fino alle prime linee italiane, dove combattevano i reparti alpini.
Erano dotate di un apposito bracciale rosso con stampato il numero del reparto dal quale dipendevano e percorrevano anche più di 1000 metri di dislivello portando sulle spalle gerle di 30–40 kg. Ogni viaggio veniva loro pagato una lira e cinquanta centesimi, pari a 3,50 euro. La loro età variava dai 15 ai 60 anni.
Durante l'adempimento ai propri doveri, tre di loro rimasero ferite: Maria Muser Olivotto, Maria Silverio Matiz entrambe di Timau e Rosalia Primus da Cleulis. Una di loro, Maria Plozner Mentil, cadde colpita da un cecchino il 15 febbraio 1916.
Alla sua memoria venne dedicata nel 1955 una caserma nel comune di Paluzza (unica caserma dell'Esercito Italiano dedicata ad una donna). La caserma venne dismessa nel 2001 e ceduta al Comune che ne demolì una parte pericolante lato strada che porta al vicino confine austriaco. Il resto della caserma venne riconvertito ad uso sede del locale del Gruppo Alpini, Soccorso Alpino per addestramento unità cinofile, Protezione Civile e sede di una società sportiva.
Nel 1997 il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, conferì, con "Motu Proprio", a questa giovane madre, la medaglia d'oro al valor militare, come rappresentante di tutte le Portatrici.
"AMA, CONFORTA, LAVORA, SALVA."
Con questo bellissimo motto, le crocerossine hanno dato e continuano ancora oggi a dare, un contributo importante alla nostra società.
Il Corpo delle infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana (in sigla II.VV.-C.R.I.) è la componente esclusivamente femminile della Croce Rossa Italiana, nonché un Corpo ausiliario delle Forze Armate Italiane.
Ma facciamo un tuffo nel passato e leggiamo insieme il ruolo, che poi sarà fondamentale per i nostri soldati al fronte, che ebbero anche queste giovanissime donne durante il primo conflitto bellico mondiale.
Ben 7.000 infermiere volontarie furono presenti nei 204 ospedali da campo della Croce Rossa Italiana, gestendo un totale di 30.000 posti letto. Nonostante le prime difficoltà ad essere inserite in un ambito, quello militare, prettamente maschile, le infermiere volontarie negli anni trenta furono presenti in Etiopia, Somalia, Abissinia, Libia ed Eritrea, come anche in durante la guerra civile spagnola. In seguito fu fondamentale il loro ruolo di soccorso in tutti i teatri della seconda guerra mondiale, in particolare sulle navi ospedale, tra le quali si possono ricordare il piroscafo Toscana e l'Aquileia, nel quale diciotto crocerossine caddero per cause belliche, di cui due in campo di concentramento e due fucilate dalla Wehrmacht.
In ONORE di tutte le donne, madri, mogli e figlie che si sono sacrificate per la Patria.
Gli scenari bellici hanno tolto molto, troppo a tante vite umane e la memoria è l'unico mezzo per permettere a chi è andato avanti, di continuare a vivere nei cuori di chi resta.:
MAI DIMENTICARE