Notiziario: LA TRAGEDIA DI BALVANO

LA TRAGEDIA DI BALVANO

Con un’Italia ancora in guerra, spezzata in due dal fronte, impantanato sulla Linea Gustav, che, snodandosi dalla foce del Fiume Garigliano tra Lazio e Campania, arrivava fino all’Adriatico, sul Fiume Sangro e ad Ortona, comune in provincia di Chieti, passando per Cassino, il frusinate e la Ciociaria. Il 2 marzo 1944 la Linea Gustav era ancora saldamente in mano tedesca, nonostante i vani tentativi alleati di sfondare il fronte (triste, quanto inutile, il bombardamento, nel febbraio, dell’Abbazia di Montecassino), quando su ordine del Comando Alleato fu organizzato un convoglio ferroviario che, partendo da Napoli, avrebbe dovuto raggiungere Potenza. Il treno merci speciale 8017 fu attrezzato per caricare del legname da utilizzare per ricostruire i ponti distrutti dalla guerra, così da facilitare i collegamenti via terra; essendo composto da numerosi vagoni, fu dotato di una motrice elettrica molto potente ma, una volta arrivato a Salerno, essa venne sostituita da due vecchie locomotive a vapore, dal momento che il tratto dopo Battipaglia non era elettrificato.

Alle 19.00 il treno 8017 partì dalla stazione di Battipaglia, con i suoi 47 vagoni e le sue 520 tonnellate; la seconda motrice, inizialmente non prevista, venne aggiunta in testa al treno per facilitarne la corsa in un tratto molto ripido e scosceso, tra Baragiano e Tito. Sul treno, però, iniziarono a salire centinaia e centinaia di clandestini che, dai centri vicini, speravano di raggiungere le grandi città dove poter barattare sigari e caffè distribuiti dagli Americani con razioni alimentari: ciò influì notevolmente sul peso, che rapidamente superò le 600 tonnellate. Dopo aver attraverso Eboli ed essere poi giunto alla stazione di Balvano, alle ore 00.50 del 3 marzo 1944 ripartì alla volta di Bella Muro: tempo di percorrenza della tratta, poco più di venti minuti. Alle 02:40, però, il convoglio non era ancora stato segnalato. Che cosa era successo al treno 8017 scomparso nel nulla?Tra Bella Muro e Balvano è ancora oggi situata la Galleria delle Armi, lunga quasi due chilometri: a causa dell’umidità e dell’eccessivo peso del convoglio, le ruote iniziarono a slittare, facendo dapprima rallentare e poi fermare del tutto il treno. Nonostante gli sforzi, i macchinisti Espedito Senatore e Matteo Gigliano e dei fuochisti Luigi Ronga e Rosario Rocco tentarono invano di dare massima potenza alle due motrici per riprendere la marcia, ma ciò causò uno sprigionarsi di monossido e di acido carbonico che saturarono l’aria della galleria, seminando morte tra il personale delle ferrovie e gli ignari passeggeri a bordo. Soltanto il fuochista Ronga e il frenatore del carro di coda Giuseppe De Venuto riuscirono a salvarsi, unitamente a quanti riuscirono a mettersi in salvo prima di perdere i sensi, appena 90 persone. Furono poi Ronga e De Venuto che, attraversando a piedi e al buio la galleria, solo dopo che l’aria all’interno era diventata più respirabile, ad avvisare il capostazione di Balvano che all’interno della galleria era bloccato un treno merci con centinaia di cadaveri a bordo.Ad oggi, non esiste un vero bilancio delle perdite. Le cifre ufficiali dell’epoca riportarono di 501 passeggeri, otto militari e sette ferrovieri morti per le esalazioni tossiche, mentre alcuni stimarono il numero delle vittime in oltre 600. La Commissione d’Inchiesta che ne seguì non rilevò alcuna responsabilità, limitandosi a dire che fu “una combinazione di cause materiali, quali densa nebbia, foschia atmosferica, mancanza completa di vento, che non ha mantenuto la naturale ventilazione della galleria, rotaie umide, cause che malauguratamente si sono presentate tutte insieme e in rapida successione. Il treno si è fermato a causa del fatto che scivolava sulle rotaie e il personale delle macchine era stato sopraffatto dall’avvelenamento prodotto dal gas, prima che avesse potuto agire per condurre il treno fuori del tunnel. A causa della presenza dell’acido carbonico, straordinariamente velenoso, si è prodotta l’asfissia dei passeggeri clandestini. L’azione di questo gas è così rapida, che la tragedia è avvenuta prima che alcun soccorso dall’esterno potesse essere portato”. Erano soltanto dei morti in più in una guerra che sarebbe dovuta essere finita già da un pezzo.