La partita di Natale: quando il calcio sconfisse la guerra
Alle primi luci dell’alba del 25 Dicembre 1914 Bruce Bairnsfather si svegliò. Si trovava in una località nelle Fiandre, di cui non riusciva mai a ricordare il nome esatto. La sua divisa era ormai un blocco di ghiaccio che gli opprimeva gambe e polmoni. Dovette impegnarsi con quelle poche energie che ancora conservava per non lasciarsi vincere dal freddo. Quando si fu alzato, sfinito, sempre attento a non far spuntare la testa oltre la trincea, fu il naso ad accorgersi per primo che quello sarebbe stato un giorno speciale. Bruce fiutò l’aria e, per la prima volta da settimane, la sentì pulita. Il tanfo insopportabile di putrefazione era sparito. Anche le orecchie, allora, si fecero attente e il giovane capitano inglese di un'unità del Royal Warwickshire Regiment finalmente non sentì nulla. Nessun grido di terrore, nessun fischio di proiettile, nessuna esplosione, nessuna mitragliatrice incessante.
Bruce rimase immobile, confrontando la sua incredulità con quella degli altri uomini intorno a lui. Tutti lo guardavano, aspettando un suo segnale o almeno la rassicurazione che non fossero impazziti. Bruce scorgeva nei loro occhi la paura che quel silenzio e quel lindore fossero delle allucinazioni nate nelle loro teste per combattere la paura. Il capitano sapeva di dovere una risposta a suoi uomini, sapeva di doverli confortare, lui, più giovane di tanti altri, perché non si sentissero ancor più abbandonati.
Afferrò il caschetto, lo poggiò sulla sua testa e, senza aggiungere niente che non avesse già fatto intendere con il suo sguardo, si voltò e sollevò gli occhi oltre la trincea. Per un istante, si sentì perso nell’oblio. Credette davvero di essere vittima di un miraggio, che forse anche il freddo poteva dare alla testa come il caldo, congelare le sinapsi e catapultare le persone nel mondo dell’impossibile. Perché esattamente lì credeva di essere il capitano Bruce, nell’impossibile.
La Terra di Nessuno, così come avevano ribattezzato quella striscia di 50 metri che li divideva dalla trincea nemica dei tedeschi, era sgombra. I cadaveri che fino alla sera prima giacevano senza nessuna sepoltura non c’erano più. Dall’altro lato del fronte, sul bordo dei fossati in cui i soldati della Germania si nascondevano ormai da settimane, iniziarono ad apparire, una alla volta, delle fioche fiammelle, che in quella mattina senza sole e senza vento iniziarono a brillare irradiando l’aria. Prima una, poi un'altra, poi ancora molte, tutte insieme. I tedeschi continuarono ad accendere candele, e alcuni raggiunsero addirittura gli alberi intorno per addobbarli. Poi, una voce forte e scura intonò una melodia e subito molte altre la seguirono, dando vita a un coro che Bruce non avrebbe mai dimenticato.
I tedeschi cantavano una canzone di Natale.
Il capitano non dovette neanche voltarsi verso i suoi uomini, che erano giù tutti in piedi intorno a lui, senza elmetto, senza armi. Tutti, senza provare né il dovere né il bisogno di chiederne il permesso, risposero insieme a quel canto. Le due truppe nemiche intonarono la stessa melodia, quella Stille Nacht che nella versione inglese suona come Silent Night.
Per diversi minuti, che a Bruce sembrarono delle ore, i due fronti furono uniti da quel coro comune che, incessante, continuava a festeggiare il Natale in un luogo e in un momento in cui nessuno avrebbe mai sperato di trovare un calore come quello che si può provare nella propria casa. Fu proprio per questo che, dall’una e dall’altra parte, vennero gridate a squarciagola promesse di pace: nessuno voleva più sparare. Ancora intimoriti, ma spinti dalla fiducia, uno alla volta i soldati, inglesi e tedeschi, uscirono dalle loro trincee e mossero i primi passi nella Terra di Nessuno, gli uni verso gli altri. Si vennero incontro e a metà strada, si trovarono e si riconobbero, non più come rivali, non più come nemici da combattere, ma come simili con l’unico comune desiderio di trascorrere un Natale normale. Gli uomini, non più soldati, si abbracciarono anche se non si erano mai visti prima, se non nascosti dal fumo di un’esplosione o nel mirino di un fucile. Si promisero ancora di non fronteggiarsi e tutti si scambiarono regali con chi avevano affianco. Fotografie o sigarette, sorsi di rum e whiskey, addirittura bottoni della divisa: tutti erano pronti a offrire qualcosa al nuovo compagno. Per la prima volta, in quella landa gelata riecheggiò un suono che nessuno di loro sentiva da ormai troppo tempo: una grassa e fragorosa risata che contagiò tutti i presenti, aldilà del colore delle divisa.
Fu proprio durante questi festeggiamenti che qualcuno calciò dal fondo della trincea inglese un pallone di stracci. Quello strano oggetto, lontano dall’essere sferico, rimbalzò tra i commilitoni senza che nessuno ebbe inizialmente il coraggio di toccarlo. Tutti lo fissavano, restando immobili, aspettando che il piede di chi avevano affianco si muovesse per primo, incapace di resistere alla tentazione di giocare. Gli occhi si sfidarono, le labbra si piegarono al sorriso, e bastò che un grosso tedesco più ubriaco degli altri colpisse di punta la palla scagliandola lontana, per iniziare l’inseguimento. Tutti corsero dietro a quel pallone di stracci, urlando di gioia come non facevano da quando erano bambini. Non ci furono squadre, né porte o limiti del campo, né tanto meno arbitri o regole: si poteva correre ovunque, tirare, calciare e inseguire la palla fino allo sfinimento. Spontaneamente gli uomini si schierarono con chi aveva la divisa dello stesso colore, ma due masse informi di giocatori, l’una da 50 titolari in campo e l’altra da 70, non possono essere considerate propriamente delle squadre. Tedeschi e inglesi continuarono a tirare quella palla da una parte all’altra della Terra di Nessuno fino a notte fonda, e qualcuno continuò anche quando ormai quelli stracci erano completamente infradiciati. La partita finì 3-2 per i tedeschi, o almeno cos' scrissero alcuni soldati nei loro diari.
Il capitano Bruce non partecipò a quell’incontro. Preferì sedersi al bordo del campo, godersi lo spettacolo come un qualsiasi spettatore, mentre sorseggiava del whiskey e fumava un sigaro offerto da un tenente tedesco. Non avrebbe mai dimenticato quei momenti. Riuscì a conservarli come pochi altri hanno saputo fare. "L'Uomo che vinse la guerra”, così viene ricordato, dopo quell’esperienza intraprese la strada del disegnatore umoristico, dando vita al celebre personaggio Old Bill.
Il ricordo della Partita della Pace
La Partita della Pace, questo è il nome con cui è passata alla storia, è entrata a far parte dell’immaginario universale, nonostante in molti, tra storici e giornalisti, ne contestino la reale esistenza. Nonostante il dibattito sia ancora acceso, molti artisti hanno voluto affrontare l’argomento, ognuno con il proprio stile. Nel 1983, nel video del suo brano Pipes of peace, Paul McCartney ne presentò una versione romanzata.
L’11 Dicembre 2014, l’allora presidente Uefa Michel Platini , ne commemorò il ricordo inaugurando a Ploegsteert un monumento in memoria a quei soldati giocatori che decisero di festeggiare il loro Natale. Una frase, letta dal diario di uno dei soldati tedeschi presenti, rimane ancora oggi la testimonianza più importante:
Il pallone aveva rimpiazzato le pallottole, e per la durata di una partita di calcio l'umanità aveva ripreso il sopravvento sulla barbarie
La Premier League ha deciso di ricordare quelli eroi in un video in cui diciassette giocatori del campionato inglese recitano alcuni versi di un poema in loro onore.
A Liverpool, invece, si è fatto qualcosa di più, erigendo una gigantesca scultura destinata a tenere per sempre vivo il ricordo di quando il calcio riuscì a dimostrarsi più forte della guerra. Almeno per un giorno.