Notiziario: La morte del Colonnello Aminto “papà” Caretto

La morte del Colonnello Aminto “papà” Caretto

“Vi sono bersaglieri con i piedi maciullati che seguitano a combattere, questo non è il momento di abbandonare il reggimento”

Cosi rispondeva il colonnello Aminto Caretto comandante del III reggimento bersaglieri che stava combattendo sul fronte russo inquadrato nella 3ª divisione Celere Principe Amedeo Duca d’Aosta, dopo essere stato ferito al ginocchio, nella zona di  Serafimowitch, il 31 luglio, da una scheggia di granata.

Il 19 luglio il “Terzo” aveva occupato Millerovo e il 29 luglio, dopo una marcia di oltre 450 chilometri, raggiunse la riva destra del Don, nell’ansa di Serafimowitch, con il compito di concorrere col 6° bersaglkieri ad eliminare la testa di ponte russa. Tra il 29 ed il 30 luglio, il XX battaglione occupò Serafimowitch, il XVIII Belajewski ed il XXV  Bobrowski.

Quando finalmente acconsente ad essere trasportato all’ospedale, la cancrena gassosa era già inesorabilmente avanzata. Ogni trattamento antisettico risulto ormai inutile e il 5 agosto, a soli 48 anni, «papà» Caretto, come ormai era chiamato dai suoi soldati, spirava presso l’ospedale da campo n. 46.

Al colonnello Aminto Caretto sono dedicate vie e piazze in alcuni comuni italiani, tra i quali Milano e Crescentino, dove nacque, e dove in quest’ultima a lui è intitolata anche una scuola ed è presente anche un monumento alla sua memoria.

Nel suo folto medagliere, sono presenti una croce di guerra, 3 medaglie di bronzo, 3 medaglie d’argento e la medaglia d’oro alla memoria concessa con la seguente motivazione:

«Soldato di tempra purissima e di indomito valore, veterano di tre campagne da lui vissute a capo di unità scelte e d’assalto, comandante abile ed audace che a carattere integerrimo univa le risorse più esaltatrici del sentimento, in ogni prova, in ogni rischio, in ogni evenienza di guerra, dava testimonianza delle sue doti inestimabili di comando e di azione. Alla testa di un reggimento bersaglieri, che all’impronta del suo personale ardimento ragguagliava ovunque i vertici di nobili tradizioni e di storia superba, si distingueva per sagace perizia ed elette qualità guerriere nelle operazioni sul fronte iugoslavo e su quello russo, dove la sua unità meritava una seconda medaglia d’oro. Dopo aver guidato per oltre un anno vittoriosamente sul fronte orientale i suoi battaglioni, avventandone con impeto leggendario le logore file contro nemico soverchiante che in impari lotta era ricacciato oltre il Don, soccombeva per ferita, consacrando col supremo sacrificio il suo destino di eroe. Balcania, 13 aprile – 30 giugno 1941; Fronte russo, 26 luglio 1941 – 5 agosto 1942
— Decreto Luogotenenziale 25 febbraio 1946

Medaglia commemorativa

Aminto Caretto nasce a Crescentino, provincia di Vercelli, il 7 ottobre 1893, arruolatosi nel Regio Esercito, viene nominato Sottotenente dei Bersaglieri nel 1914, e con i bersaglieri partecipò alla grande guerra prima col 4° poi, da Capitano, col 14° reggimento. In forza al suddetto rimane ferito a Monte Zebio nel giugno del 1916. Ritornato al fronte l’anno dopo fu assegnato ad un reparto di arditi, il XXVI e si distinse particolarmente durante la battaglia del Solstizio del giugno del 1918.

A guerra terminata chiese di essere destinato al Regio corpo truppe coloniali d’Eritrea, assegnato al X Battaglione eritreo, partecipando tra il 1923 e il 1926 alle operazioni belliche in Cirenaica, finalizzate alla riconquista del Gebel. Rientrava al 4° dopo un encomio solenne e la promozione a Maggiore e nel 1936 venne destinato all’ispettorato delle truppe celeri.

Trasferito all’ 11°, e poi al 3º Reggimento bersaglieri, una volta promosso tenente colonnello fu assegnato all’ Ispettorato delle truppe celeri. Promosso Colonnello il 1° gennaio 1940, nell’ottobre dello stesso anno, assunse il comando del 3º Reggimento bersaglieri con cui combatterà fino alla morte.

Al comando del “Terzo” partecipò nella primavera del 1941 all’invasione della Jugoslavia, e alle successive operazioni nell’area del Balcani. A seguito dell’attacco da parte tedesca dell’Unione Sovietica il reparto, nel luglio del 1942 venne richiamato in patria per essere inquadrato nel C.S.I.R. il Corpo di Spedizione Italiano in Russia.

Il CSIR, al comando del generale Giovanni Messe, contava tre divisioni la 3ª Celere Principe Amedeo Duca d’Aosta, 9ª Autotrasportabile Pasubio e 52ª Autotrasportabile Torino, per complessivi 62.000 uomini e fu inquadrato nell’ 11ª Armata germanica.

La Divisione Celere comprendeva il Reggimento Savoia Cavalleria, il Reggimento Lancieri di Novara e il 3° Reggimento Artiglieria a Cavallo e appunto il 3° Reggimento Bersaglieri, al comando del colonnello Caretto.

Il colonnello bacia la bandiera del reggimento

Il reparto era costituito da un Comando, una Compagnia comando, tre battaglioni (XVIII, XX e XXV), due Compagnie motociclisti, due Compagnie cannoni controcarro da 47/32 , il 122° Autoreparto  su due Autosezioni.

I battaglioni erano organizzati ciascuno su Compagnia comando, tre compagnie di bersaglieri armati con fucile Mod. 91 e con un fucile mitragliatore calibro 6,5 per ogni squadra, una compagnia mitraglieri con le Breda 30. Ogni compagnia aveva un plotone comando e quattro plotoni ciascuno su dodici squadre costituite da dodici bersaglieri, un pezzo e un autocarro.

Il trasferimento del 3° Reggimento iniziò il 24 luglio 1941 dagli scali ferroviari di Verona e di Peri, procedette attraverso la Germania, l’Ungheria e la Romania attraverso i Carpazi e si concluse al fronte attestato sul fiume Dnjester.

I primi scontri sono sui due fiumi del Dnjester e  Bug, dove assieme ai fanti della Pasubio i bersaglieri impegnano duramente il nemico che tenta di resistere. Le vicende dell’ avanzata italo-tedesca, vedono il 3° Reggimento, impegnato alla fine di settembre nei combattimenti sul fiume Dnjepr sino alla conquista di Petrikowka, che apre la strada a un’ulteriore avanzata.

Ai primi di ottobre è la volta di Ulianowka; il percorso però è difficoltoso, perché pioggia e neve costringono i bersaglieri, appiedati, a marciare nel fango con estrema lentezza e determinano grandi difficoltà nella manovra degli automezzi, minacciati dal freddo e impediti nei movimenti dal fango.

In ottobre il reggimento occupa Michajlowka, e il giorno 20, contemporaneamente ai tedeschi, entra in Stalino, capoluogo del bacino del Donez, mentre il XXV Battaglione si attesta a Jussowo. I rifornimenti cominciano a creare seri problemi e per organizzare le salmerie occorre sequestrare carri e muli ai russi.

Prosegue inesorabile l’avanzata e a novembre vengono conquistate Gorlowka e Rykowo. Un’azione tra le più impegnative a cui prendono parte i fanti piumati è quella su Nikitowka, dove l’80° Reggimento Fanteria della Pasubio è accerchiato dai sovietici: due battaglioni del 3° Bersaglieri, il XVIII e il XX, attaccano il nemico assieme alle camicie nere della Legione Tagliamento consentendo ai fanti di aprirsi un varco e di liberarsi.

Alla fine di novembre le truppe germaniche sono a un centinaio di chilometri da Mosca e avanzano sino a raggiungere quasi la città ai primi di dicembre, quando i sovietici sferrano una dura offensiva che, iniziata con la conquista di Rostov, si concluderà nel marzo successivo.

Il giorno scelto per lo sforzo maggiore, nel tentativo di sfondare le linee italiane con una massiccia concentrazione di forze, è la mattina del 25 dicembre e sarà proprio il 3° Reggimento uno dei protagonisti della battaglia del Natale 1941. Saranno proprio il XVIII Battaglione Bersaglieri e due battaglioni della 63ª Legione Camicie Nere Tagliamento i primi a subire l’impatto dei sovietici.

Ad attaccarli sei divisioni ternarie, ovvero ordinate su tre reggimenti che costringono i reparti italiani a ripiegare su Mikailowka. Nel frattempo anche il caposaldo di Petropawlowka, difeso da tre compagnie del 3° Reggimento, viene investito da forze soverchianti, e i bersaglieri sono costretti a ripiegare.

Dalle nuove posizioni appena occupate, i russi sferrano l’attacco su Stohskowo, dove ancora resiste il XX Battaglione, che è una località strategica per la tenuta dell’intera divisione; ma la posizione rimarrà saldamente nelle mani dei bersaglieri sino al passaggio delle consegne ai paracadutisti tedeschi.

Sarà lo stesso XX Battaglione, passato al contrattacco, a prendere assieme ai tedeschi Petropawlowka. Durante i combattimenti perderà la vita il cappellano Don Giovanni Mazzoni. Durante le operazioni per la riconquista di Woroschilowa, già precedentemente tenuta dalle camicie nere e appena presa dai russi: il XVIIII battaglione, dopo avere scacciato il nemico deve poi evacuare il villaggio a sua volta e nell’ operazione perde il comandante colonnello Nigra.

Dopo alterne vicende, quindi, alla fine di gennaio l’offensiva sovietica può considerarsi fallita ma gli italiani hanno subito gravi perdite, e lo stesso 3° Reggimento ha metà degli effettivi inutilizzabili e l’intera divisione lamenta difficoltà di rifornimenti di materiali e di personale. I reparti già decimati nei combattimenti debbono essere ricomposti con l’immissione nei ranghi di complementi giunti dall’Italia; i villaggi vengono fortificati e le posizioni riorganizzate, si scavano trincee ed emergono tragicamente i problemi di organizzazione del CSIR.

I fucili Modello 91 sono inadeguati; la fanteria non dispone di un armamento controcarro efficace e i pezzi da 47/32 risultano insufficienti contro i carri armati sovietici; i carri L sono troppo modesti in confronto a quelli del nemico; gli automezzi sono scarsi, privi di liquido anticongelante e di catene e inadatti al territorio; il vestiario, non protegge dalle temperature invernali russe; gli scarponcelli chiodati, fatti valere per tutti i teatri d’operazione, rivelano qui la loro inidoneità.

Nel periodo tra febbraio e i primi di luglio 1942 il 3° Reggimento vive un periodo relativamente tranquillo, limitando i suoi impegni alle azioni di pattuglia sulla linea del fronte e a lavori di fortificazione, disturbato solo dalla scaramucce tra artiglierie nemiche e da qualche incursione aerea; nel frattempo giungono dall’Italia i complementi del CIII Battaglione e da altri reggimenti.

Il CSIR il 3 giugno 1942 passa alle dipendenze del Gruppo Corazzato von Kleist e dal 9 luglio con la denominazione di XXXV Corpo d’Armata viene inquadrato nella 8ª Armata Italiana al comando del generale Italo Gariboldi nota anche come ARMIR (Armata italiana in Russia). Forte di quasi 230.000 uomini, l’armata era costituita da 3 corpi d’armata, il II, il XXXV ex CSIR e il Corpo d’Armata Alpino oltre alla divisione di occupazione “Vicenza” dipendente direttamente dal comando dell’Armata.

Il II con le divisioni di fanteria “Sforzesca”, “Ravenna” e “Cosseria” e il  Raggruppamento Camicie Nere XXIII Marzo su due gruppi battaglioni CC.NN, il Corpo d’Armata Alpino con le divisioni “Julia”, “Tridentina” e “Cuneense” e il XXXV con le divisioni autotrasportabili “Torino”, “Pasubio” e la divisione celere 3ª “Principe Amedeo Duca di Aosta” e il Raggruppamento Camicie Nere III Gennaio sempre su due gruppi battaglioni CC.NN.

In luglio, a partire dal giorno 14, le operazioni riprendono con una rapida marcia verso il Don, lungo un percorso che si prefigura di oltre 500 chilometri, all’inseguimento dei russi in ritirata, spesso procedendo nel fango sotto la pioggia. Le tappe, che vengono bruciate rapidamente, sono Ivanovka, Millerovo e Voloscilovgrad.

Messa al campo per un reparto di bersaglieri impegnato sul fronte russo

Messa al campo per un reparto di bersaglieri impegnato sul fronte russo

Il 26 luglio i due reggimenti bersaglieri superano il Donez su un ponte di barche costruito dal Genio; i chilometri percorsi ammontano ormai a 440. È poi la volta di Serafimovich, importante testa di ponte dei sovietici, che viene conquistata con una battaglia durata cinque giorni, dal 30 luglio al 3 agosto, e con l’intervento massiccio dei bombardieri germanici per neutralizzare i carri armati sovietici T-34.

Sarà proprio nei sanguinosi combattimenti nella zona di Serafimovich che trovò la morte “papa Caretto” glorioso comandante del “Terzo” reggimento bersaglieri e proprio per i combattimenti sostenuti in quei giorni, al reggimento, che è il più decorato d’Italia, verrà assegnata la medaglia d’oro con la seguente motivazione:

«Al reggimento: “Superba unità di guerra, non paga del grande sangue versato e delle eroiche imprese compiute nel precedente cielo operativo, si prodigava ancora con suprema dedizione per il buon esito in numerosi combattimenti. Balzato per primo dalle posizioni tenacemente difese durante tutto l’inverno, prendeva d’assalto un importante centro ferroviario e creava la premessa per afferrare alla gola il nemico ripiegante, distruggerlo e conquistare una ricca zona mineraria. Lontana avanguardia delle truppe italiane in Russia con la 3ª Divisione Celere, slanciatosi con fulminea marcia dal Donez al Don, attaccava e conquistava con dura e sanguinosa lotta una munitissima testa di ponte, sconvolgendo il piano offensivo nemico. Travolto l’avversario in rovinosa fuga, ne frustrava i successivi suoi ritorni offensivi compiuti con forze sempre rinnovantisi. Chiamato all’arresto di masse nemiche transitate sulla destra del Don, le ricacciava con impetuoso attacco; quindi, inchiodato al terreno, costituiva insormontabile barriera ai reiterati, sanguinosi, ma vani assalti nemici, spezzandone l’impeto e facendo brillare di piena, fulgida luce, di fronte agli alleati ed allo stesso nemico, le virtù guerriere delle stirpe italica.»
— Fronte Russo. Rassipnaja, Staz, Fatschewka, Iwanowka, Serafimowitsch, Broboski, q. 244,4 Jagodnyi 11 luglio – 1º settembre 1942