LA GUERRA (IN)FINITA DEL TENENTE VANNUCCHI (pioniere del Basket)
7 dicembre 1918
“Carissimo Pievano, quando siamo affezionati ad una persona noi non si dimentica. Ero lontano; molto lontano, il pensiero mio volava, volava dove aveva lasciato degli affetti più o meno forti. Non io non dimentico; non potevo scrivere! … come fare? … marcia di giorno, marcia di notte; combattevamo sempre, (…) acqua, neve, sole, non interrompevamo la nostra marcia la nostra mania verso la liberazione delle nostre terre. Il 29 di Ottobre passai il Piave, dopo altri tentativi altrove, a Ponte della Priula, vicino a Susegana, il 7 novembre il vecchio confine fu passato a Monte Croce, dove il mio Battaglione d’Assalto ebbe l’onore di ricevere (…) Il Tenente Generale Grazioli il Gagliardetto di Guerra, io presi, essendo l’Ufficiale più giovane, il sacro vessillo (cioè la croce di guerra) , fu una cerimonia commovente!… mai avevo passato un momento così bello ed emozionante. Dopo continuammo la nostra marcia (…) eravamo arrivati a 600 km da Vienna. In dieci giorni facemmo ben cinquecento chilometri, senza mantelline, senza coperte e mangiando scarsamente.
Ma cosa erano questi sacrifici in paragone alla grande battaglia vinta a Vittorio Veneto, la quale divise in due l’esercito nemico e distruggendolo completamente? … Nulla!… La notizia dell’armistizio l’avemmo a Castellavazzo, presso Longarone, ma facemmo ancora delle guerriglie con le truppe di copertura loro che ancora non avevano ricevuto ordine di sospendere le ostilità! A Silian, pur essendo nel Tirolo, dovemmo accampare, e immagini in quali condizioni passammo i 7 giorni che vi dovemmo stare, non avendo neppure le mantelline. Ma dovevamo vegliare contro truppe Germaniche che ci marciavano contro, e quando fu firmato l’armistizio con la Germania l’avevamo a 40 km da noi.
Finalmente il 14 avemmo il cambio da un Reggimento Alpini (…), noi a cavallo ai pantaloni, con le proprie gambe venimmo fino a Vittorio dove si doveva effettuare il nostro meritato riposo… Mi trovo adesso in un paese vicino a Vittorio, siamo stati mandati là per aiutare la popolazione a rialzare un po’ il paese, in parte crollato, dall’abbattimento morale. Quali sono stati gli atti di valore compiuti da tutti li può immaginare, il vitto era scarso ma la nostra bocca rifiutava anche quello e si dava ai bambini, dove ben manifesti erano i segni della sofferenza (…).
La guerra è finita, fummo bravi guerrieri, ma adesso resta distruzione e noi siamo quelli che aiutammo a sfamare questa popolazione. Il riposo è venuto, ma relativamente! Scriverò ancora e a lungo, potremo discorrere con più comodo, saluti a tutti, mi perdoni il mio silenzio (…). E ricordi che sono un suo giovane esploratore”.
Ottorino Vannucchi
Il tenente dei Bersaglieri Ottorino Vannucchi, tornato dal fronte alla fine del 1918, morì subito dopo a causa degli stenti patiti negli ultimi mesi di guerra. Non potè discorre più col suo interlocutore come aveva promesso in quest’ultima lettera. È sepolto a Siena, sua città d’origine, dove per primo aveva introdotto il gioco della pallacanestro nel 1907.
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