Brescia – Nello sconquasso della “Grande Guerra” c’era, insieme ad altre, anche la generazione di Padre Pio (1887–1968). Al tempo dello scoppio del Primo conflitto mondiale, chi ne faceva parte, non aveva ancora trent’anni.
Anche questi giovani avrebbero rispettivamente sperimentato, negli anni immediatamente a venire, tutto ciò che gli eventi bellici avrebbero comportato. Ripercussioni sia per i militari che per i civili, nelle conseguenze delle mobilitazioni in armi, nella vita delle retrovie, come pure, diversamente, nelle contingenze al fronte e nelle sibilline evenienze degli scontri sul campo, confutati, ogni volta, dall’incombere o meno del limite fatale di tragiche circostanze avverse.
Nel calderone delle testimonianze di quegli anni, analogamente alla rispettiva complessità di un’esistenza che, di fatto, li ha sopravanzati, concludendosi con l’assommarsi di molteplici vicende nelle quali i loro vissuti si sono ridimensionati, un frammento di storia pare possa pure riguardare, sul piano collettivo delle persone allora in vita, quanto a livello personale di tutta una specifica peregrinazione terrena, abbia accompagnato l’evolversi dei fatti legati a tale sofferta parentesi bellica, sul filo conduttore di una serie di documentati particolari ad essa attinenti.
A distanza di un centenario dalle date, coincidenti con i quotidiani riferimenti dei bollettini militari sottoscritti a margine dei diversi dispiegamenti, il contesto dell’eco funesta di quella guerra, assurta storiograficamente, nell’avvicendarsi del tempo, ad una centenaria ricorrenza, riserva alcuni estremi connessi alla vita del frate di Pietralcina, secondo un’analisi biografica che, insieme al noto personaggio, intercetta anche una serie di concomitanti avvenimenti di contesto.

Si legge, fra l’altro, nel libro, a firma di Saverio Gaeta, per la “San Paolo Edizioni”, dal titolo “Sulla soglia del Paradiso”, in ordine al tema delle ravvisate bilocazioni interpretate dal religioso cappuccino ed a proposito di un singolare intervento, contestualizzato nell’attestato fenomeno di una presenza a distanza, del frate stesso, circostanziata presso l’allora comandante dell’esercito italiano Luigi Cadorna: costui “dopo la disfatta di Caporetto nel 1917, stava meditando il suicidio, quando vide nella tenda un frate che gli parlava in nome di Dio e lo invitava a deporre la pistola. Anni dopo, avendo visto la foto di Padre Pio su un giornale, si precipitò a San Giovanni Rotondo e si sentì dire dal Padre: “Generale l’avete scampata bella quella notte!”.
Nel novembre del 1915, Padre Pio, al secolo Francesco Forgione, era finito sotto le armi, prima al distretto militare di Benevento, in seguito, a Caserta e poi a Napoli, nella caserma “Sales”, fra i ranghi del “Quarto Plotone della Decima Compagnia del Corpo di Sanità”, giungendovi ad inizio del dicembre successivo, a seguito della mobilitazione disposta da un Regio Decreto del maggio prima.
Qui ci rimane fino al 17 dicembre seguente, per, quindi, essere messo in licenza per ragioni di salute, a motivo di una diagnosticatagli infiltrazione ai polmoni che gli era stata accertata insieme alla prescrizione della convalescenza per un anno.
Natale nell’ospedale militare “La Trinità” di Napoli, quello del 1916, per padre Pio.
Una visita medica, a fine di dicembre, attestava, in tale ambito, un peggioramento della patologia polmonare sofferta, con l’assegnazione di un altro periodo subentrante di convalescenza.
Come, fra altre informazioni, si evince nel libro intitolato “Padre Pio soldato” di Gennaro Preziuso, per le “Edizioni Padre Pio da Pietralcina”, pure, vagliato da una recensione di Michele Totta, le maglie dell’esercito non lo mollano, se non nella metà di marzo del 1918, quando, ad un ennesimo accertamento, l’autorità medica militare non ha motivo di trattenerlo ulteriormente in questa dinamica altalenante di richiami, per la, nel frattempo, riscontratagli affezione di tisi, emersa in una diagnosi poi convertita in “bronco alveolite doppia”, dopo che il già frate di Pietralcina aveva vestito la divisa, con la congiunta stella a cinque punte e la croce rossa dei servizi sanitari, nel corso di brevi ed intensi periodi, intercorrenti durante tutti gli anni di partecipazione a quel conflitto mondiale per l’Italia.

Una annosa conclusione, quella dell’essere riformato che, fra l’altro, era stata pure effettivamente sperata dal frate, come è riferito nel sopra citato libro di Saverio Gaeta: “Poi l’esonero dal servizio militare, per il quale sollecitò la collaborazione di padre Agostino: – Vengo a chiedervi, o padre, un favore: questo sarebbe mi usaste la carità di incominciare al più presto le tre novene alla Vergine di Pompei con la recita giornaliera, durante questo periodo, dell’intiero Rosario”.
Di questo venerato religioso, per la cui mediazione un numero sempre crescente di fedeli testimonia prodigiose guarigioni, sia nel corpo che nello spirito, lo stesso libro riporta un drammatico quadro clinico di espiante sofferenza nella specificazione che “Nel corso degli 81 anni di vita, Padre Pio fu infatti costantemente accompagnato da decine di disturbi e dai relativi patimenti, che il dottor Michele Capuano – per cinque decenni fra i suoi medici curanti – ha descritto con sconvolgente realismo: – Dal dolore bruciante della cistite emorragica a quello conquassante delle coliche renali, dal dolore contusivo delle caviglie e dei polsi a quello corrosivo dell’epitelioma auricolare, dalle fitte laceranti dell’ernia irriducibile a quelle lancinanti delle emorroidi trombizzate, dalle algie fredde dell’artrosi generalizzata a quelle brusche e pungenti della polmonite, dal dolore gravativo della sinusite frontale a quelli terebranti della pleurite essudativa, dal dolore pruriginoso della pediculosi ai dolori pulsanti degli ascessi passeggeri, alle manifestazioni corrodenti dell’ulcera gastrica e ai dolori tensivi delle emicranie – ”.
Sulla prima linea della sofferenza, lungo la quale questo frate ha incontrato anche in confessionale un numero spropositato di persone d’ogni condizione, appurando che, solitamente, le richieste rivoltegli erano il togliere la fatica della croce, piuttosto che cercare l’aiuto necessario per portarla, padre Pio resta arruolato dalla storia al centro di un’agiografica devozione, quale perdurante trincea di orante azione, nella ferma permanente del mistico e pastorale retaggio della sua sorprendente missione, a margine della quale, durante la cerimonia di beatificazione del maggio 1999, Papa Wojtyla “sottolineò, fra l’altro, che la – testimonianza di Padre Pio costituisce un potente richiamo alla dimensione soprannaturale, da non confondere col miracolismo, deviazione da cui egli sempre rifuggì con fermezza – ”.