Il 12 ottobre 1940 il cacciatorpediniere italiano veniva affondato durante la battaglia di Capo Passero, contro la Royal Navy britannica. Il relitto della nave è stato ritrovato al largo dell'isola di Malta, perfettamente conservato. Le immagini esclusive, la storia dimenticata
testo di GIANLUCA DI FEO
L'Artigliere è stato ritrovato lo scorso marzo dal team oceanico di Paul Allen, il co-fondatore di Microsoft, appassionato di esplorazioni sottomarine. "È stata una vera sorpresa", racconta a Repubblica David Reams, responsabile delle attività nautiche di Vulcan, la fondazione creata da Allen per progetti filantropici e lo sviluppo di tecnologie innovative. La loro nave-laboratorio, il Petrel, stava testando i nuovi equipaggiamenti appena installati. Apparecchi che sfiorano la fantascienza: "Avevamo iniziato le prove del nuovo sonar a scansione quando è apparsa una sagoma anomala". Il profilo di un vascello, a 3600 metri, dove finora nessuno era in grado di compiere ricerche. Un sottomarino robot l'ha raggiunto, trasmettendo immagini stupefacenti: "Non sembrava sommerso da 77 anni. Era poggiato sul fondo, perfettamente riconoscibile, senza corrosione, né incrostazioni, persino il colore della sigla era intatto". Merito delle condizioni del mare in quella zona, con temperature e salinità ideali per la preservazione, conservando il cacciatorpediniere come un sacrario, in memoria dei caduti di quella che i libri chiamano "la battaglia di Capo Passero".
Le caratteristiche della nave

Il capitano

Ma l'Ajax ha un'arma segreta: è l'unica unità inglese nel Mediterraneo dotata di radar, un apparato sperimentale capace però di squarciare la notte anche a novanta chilometri. Evita i siluri, poi apre il fuoco con precisione mai vista prima. Le torpediniere vanno avanti, si spara anche a cento metri di distanza. "Più che una battaglia è stato un corpo a corpo", ha scritto il Tempo nella prima cronaca dell'evento. Sono venti minuti di bordate letali che massacrano l'Airone e l'Ariel. Pure i quattro caccia italiani si gettano nella mischia, combattendo sempre più vicino. "Una corsa spavalda nella fauci della morte", l'ha definita Carlo Quintavalle riportando il racconto di un testimone: "Come la carica disperata dei lancieri di Balaklava in Crimea".

L'Artigliere gravemente danneggiato durante lo scontro notturno del 12 ottobre 1940
L'Ajax era solo la vedetta esterna dell'intera Mediterranean Fleet, impegnata nella scorta a un convoglio. Ci sono quattro corazzate, due portaerei, sei incrociatori, sedici caccia. Dalle sette del mattino cominciano gli attacchi dal cielo contro le due navi italiane, che si difendono come possono. Un'ora di incursioni, senza tregua. Quando in lontananza l'orizzonte si riempie dei fumaioli della grande flotta, il secondo caccia taglia il cavo e si ritira.
L'Artigliere è solo, immobile. Il maggiore Mario Giannettini, l'unico ufficiale incolume, non vuole arrendersi e ordina l'autoaffondamento. L'incrociatore pesante York gira intorno alla preda. Con le bandiere trasmette il segnale di abbandonare la nave. Poi ripete l'intimidazione con un proiettile davanti alla prua. I feriti vengono calati nelle scialuppe, gli altri si buttano in acqua assistendo all'agonia del loro vascello. Il colpo di grazia è lungo, tante cannonate e infine due siluri, che fanno letteralmente saltare in aria lo scafo. Tutto fotografato minuto per minuto, con immagini diffuse sui giornali del Commonwealth, che aprono le prime pagine con la spettacolare distruzione dell'Artigliere: dopo mesi di disfatte, gli inglesi avevano bisogno di un successo da propagandare.
La flotta britannica non raccoglie i naufraghi; soltanto il caccia Vampire ne carica ventidue, tutti gli altri restano in mare. Teme che ci siano sottomarini in zona e si allontana a tutto vapore. L'ammiraglio in capo però fa trasmettere due messaggi radio su più frequenze con la posizione delle scialuppe: "Quegli italiani hanno combattuto bene". Un gesto di clemenza criticato da Winston Churchill in persona: "Questo genere di belle maniere infuria la gente che in patria sta sopportando l'ordalia".
Per i sopravvissuti è l'inizio di un'odissea. I marinai dell'Artigliere, dell'Airone e dell'Ariel cercano di raggrupparsi: sono più di duecento, legano zattere e barche. Il mare sta crescendo, supera forza quattro; le nuvole si gonfiano e scatenano temporali violenti. Dalla Sicilia partono idrovolanti e motovedette. Ma quando cala la notte, le ricerche sono ancora infruttuose. Le onde invece non hanno pietà e alcune scialuppe si perdono nel buio. All'alba la Marina raddoppia gli sforzi e dopo 36 ore si riesce a raggiungere i superstiti. Solo cento uomini dell'Artigliere ce la fanno. Tra loro il faentino Vincenzo Ciolli, arruolatosi volontario a ventuno anni e ferito nello scontro. Ha dedicato il resto della vita all'acqua: bagnino della piscina comunale di Bologna, ha insegnato nuoto ai bambini fino agli anni Ottanta. Si è spento nel 2012, a 94 anni.
I marinai rimasti per sempre sull'Artigliere venivano da tutta Italia. Atride Nigiotti era di Livorno: per lui nel 2012 i familiari hanno comprato una pagina del Tirreno: "Avevi poco più di vent'anni. La Regia Marina ti dette "disperso", mamma ti ha aspettato tutta la vita. I tuoi fratelli, Tommaso e Cesare, vecchi rincoglioniti ti ricordano con immutato affetto". "Quand'è sparito inghiottito dal mare Atride si era appena sposato: di lì a poco sarebbe diventato babbo, la moglie era incinta" - ha raccontato il fratello al giornale toscano - "Se in guerra dicono che tuo fratello risulta disperso al fronte, la speranza forse ha qualcosa alla quale aggrapparsi. Se invece, com'è accaduto per Atride, sei disperso in mare l'unica cosa in cui puoi sperare è che ti diano un corpo sul quale piangere". Adesso almeno ci sono le immagini dell'Artigliere, monumento nell'abisso in ricordo di quei ragazzi mai tornati a casa.
Le immagini di un pezzo di storia della Marina militare italiana, che è anche la testimonianza di uno snodo cruciale desecondo conflitto mondiale nel Mediterraneo.
La storia dell' Artigliere
4 novembre 1938

L’artigliere entra in servizio. Viene assegnato alla XI Squadriglia Cacciatorpediniere, facente parte della II Squadra Navale.
1939

Attività addestrativa: l’ Artigliere effettua crociere nel Tirreno, in Africa Settentrionale e nel Dodecaneso.
10 giugno 1940

L’Italia entra nella seconda guerra mondiale. L’Artigliere, al comando del capitano di vascello Carlo Margottini, è caposquadriglia della XI Squadriglia Cacciatorpediniere, insieme ai gemelli Aviere, Geniere e Camicia Nera.
9 luglio 1940

L’artigliere partecipa alla battaglia di Punta Stillo, durante il ripiegamento della flotta italiana l’ XI Squadriglia avvista e attacca navi britanniche, lanciando infruttuosamente siluri insieme alle altre tre unità (Aviere, Geniere e Camicia Nera).
11 ottobre 1940

Nella notte dell’11 ottobre l’artigliere è chiamato a pattugliare, insieme alle tre unità della sua squadriglia e alle torpediniere della I Squadriglia (Alcione, Airone, Ariel) l'area ad est di Malta, alla ricerca di navi britanniche.
12 ottobre 1940 (tra l’1 e le 2 del mattino)

All’1.37 le torpediniere italiane avvistano l’l'incrociatore leggero HMS Ajax,parte di un ampio schieramento navale britannico. Ne deriva un violento scontro in seguito al quale vengono affondate l’Airone e l’Ariel: l’Ajax riporta invece danni non gravi.
12 ottobre 1940 (ore 2.10 - 2:20)

L’Aviere attacca l’HMS Ajax, ma viene centrato da diversi colpi e dopo aver riportato vari danneggiamenti, con vittime e feriti a bordo, è costretto a ripiegare verso le coste italiane.
12 ottobre 1940 (Ore 2.29)

L’Artigliere sferra l’attacco all’HMS Ajax, ma viene ripetutamente centrato dalla reazione dell'incrociatore: le riservette esplodono causando un violento incendio, mentre i colpi ricevuti causano danni e molte vittime.
12 ottobre 1940 (Ore 2.32)

L’Artigliere è fuori combattimento, oltre metà dell'equipaggio, tra cui tutti gli ufficiali di vascello, è già morta o ferita. Nel corso delle prime ore della mattina il “Camicia nera” prova a prenderlo a rimorchio, ma alle 8.10’ è costretto a ripiegare a seguito dei numerosi attacchi inglesi e abbandonare il cacciatorpediniere.
12 ottobre 1940 (ore 8.29)

L’incrociatore pesante York si allontana dalla flotta britannica per affondare l’Artigliere. Avvicinatosi alla nave italiana, spara un colpo davanti alla prua con il quale ordina di abbandonare la nave. Il comandante in capo, maggiore Giannettini, comunica a questo punto di abbandonare l'imbarcazione: tutti gli uomini capaci di farlo si tuffano in mare. Dopo l’evacuazione dei naufraghi l’incrociatore britannico colpisce ancora e affonda l’Artigliere (ore 9.15). Le perdite sono pesanti: su un equipaggio di 254 uomini, sopravvivono in appena 122.