LA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN 1 LUGLIO 1942

"Il soldato tedesco ha stupito il mondo, il fante italiano ha stupito il soldato tedesco" Erwin Rommel
Una delle battaglie più importanti della seconda guerra mondiale, simbolo dell'eroismo dei nostri soldati è stata la battaglia di El Alamein iniziata il 1 luglio 1942.
Dopo la sconfitta di Tobruk del 18 novembre 1941 Rommel, temendo una disfatta irreparabile, impose la ritirata fino alla Sirte; l'arrivo di un convoglio di rinforzi a Tripoli a metà dicembre gli permise tuttavia di preparare il contrattacco.
In 15 giorni, a partire dal 21 gennaio del 1942, l'Asse riconquistò Bengasi e tutta la Cirenaica fino ad Ain el – Gazala, 50 chilometri a ovest di Tobruk. In Libia, Rommel disponeva di 2 divisioni corazzate tedesche equipaggiate con 320 carri, 2 divisioni corazzate italiane con 240 carri, anche se di qualità scadente, 2 divisioni motorizzate (una italiana, l'altra tedesca) e 4 divisioni di fanteria italiana.
L' VIII armata britannica era nettamente superiore: il rapporto dei soldati era di 9 a 6 per gli inglesi, i carri erano 900 contro i 560 dell'Asse e gli aerei 1000 contro 600. Gli italo – tedeschi erano superiori solo nelle armi anticarro, ma i britannici avevano disseminato 500.000 mine attorno ad Ain el – Gazala.
Nonostante questi presupposti ben poco lusinghieri, Rommel decise comunque di attaccare, consapevole che la macchina produttiva degli alleati avrebbe vanificato in poco tempo ogni sforzo dell'Asse, ampliando ulteriormente il divario tra le rispettive disponibilità.
La sera del 26 maggio il generale tedesco diede inizio all'offensiva, e con un'abile manovra di accerchiamento riuscì a isolare a Tobruk una parte delle forze britanniche; il 21 giugno queste capitolarono, lasciando 30.000 prigionieri sul campo. L'avanzata proseguì rapidissima in Egitto fino al porto di Marsa Matruh, conquistato il 29 giugno, per attestarsi, il 1° Luglio, alla stretta di El Alamein, a poco più di 100 chilometri da Alessandria, dove gli inglesi si erano riorganizzati. Le forze dell'Asse erano avanzate per oltre 600 chilometri, catturando 60.000 prigionieri e distruggendo oltre 1.000 carri; una notevole impresa che fece ottenere a Rommel la promozione a maresciallo del Reich, sicché Mussolini, per emulazione, nominò Ugo Cavallero maresciallo d'Italia. In luglio, il duce in persona si recò in Cirenaica con la speranza di poter entrare da trionfatore ad Alessandria, ma gli uomini di Rommel, che il 31 agosto, nel corso dell'ultima offensiva, si portarono a 60 chilometri dalla città, stermati, con pochi mezzi corazzati e privi di riserve di carburante, non riuscirono ad esaudire il desiderio di Mussolini.
Nel frattempo, l'VIII armata britannica si riorganizzò velocemente grazie anche agli aiuti provenienti dall'Australia, dalla Nuova Zelanda e dal Sudafrica: la “guerra dei convogli” vedeva il netto predominio degli Alleati, e in agosto giunsero ai britannici 400.000 tonnellate di materiale bellico – dieci volte quanto ricevette Rommel. Per contro, in settembre la Marina italiana riuscì a trasportare in Africa 77.526 tonnellate di rifornimenti rispetto alle 96.903 di inizio campagna, e in ottobre appena 46.698.
Il nuovo comandante inglese, Bernard Law Montgomery, disponeva dai primi di settembre di quasi 300.000 uomini, per gran parte freschi e pronti a combattere; poteva così contare su 78 divisioni, oltre 1.400 pezzi di artiglieria e più di 1.300 carri; l'VIII armata britannica era ormai pronta alla controffensiva decisiva in Egitto. Gli italotedeschi contavano invece su 69 divisioni, pari a circa 100.000 uomini, poco più di 500 pezzi di artiglieria e circa 500 carri. Il loro stato maggiore, pur essendone cosciente, risultava incompetente a bilanciare la situazione, con il grosso delle truppe tedesche concentrate a Stalingrado e il potenziale industriale italiano del tutto inadeguato a sostenere lo sforzo bellico.
La sera del 23 ottobre 1942, profittando della circostanza che Rommel era in licenza in Germania, Montgomery aprì il fuoco delle artiglierie, sbaragliando completamente le prime linee avversarie. Nei due giorni seguenti Rommel, rientrato precipitosamente, tentò un disperato contrattacco che gli costò altre due divisioni. L' VIII armata sembrò prendersi poi qualche giorno di tregua; in realtà si preparava a sferrare l'attacco decisivo. Il 2 novembre ci fu il secondo, tremendo assalto e due giorni dopo, nonostante l'ordine perentorio di Hitler di resistere ad ogni costo, iniziò una ritirata particolarmente tragica per gli italiani, privi di autotrasporti, senza acqua e abbandonati dall'alleato tedesco al loro destino.
L'esercito di Mussolini, che costituiva una buona parte del contingente di Rommel, si batté valorosamente contro lo strapotere tecnologico del nemico, ma pagò un prezzo altissimo: le divisioni Ariete, Littorio, Trento e Bologna vennero annientate, mentre le divisioni Brescia, Folgore e Pavia si dispersero nella ritirata, lasciando 30.000 uomini in mano al nemico.
Una piccola parte delle truppe dell'Asse riuscì a riparare in Libia, ma l'VIII armata, sicura ed inesorabile nella sua lenta avanzata, nel gennaio 1943, con la caduta di Tripoli, si impossessò di tutta la regione. Nel frattempo era avvenuto lo sbarco angloamericano sulle coste dell'Africa Francese. Difatti, nell'estate del 1942, nonostante le pressanti richieste di Stalin di aperture di un secondo fronte in Europa, le potenze atlantiche, dopo non poche incertezze e cambiamenti di programma, decisero lo sbarco in Africa (operazione “Torch”).
Organizzata in poco tempo e affidata al comando del generale Dwight David Eisenhower, l'azione sembrò allontanare ancora di più nel tempo l'eventualità di una presenza alleata sul continente europeo. Per la buona riuscita dell'attacco in Marocco e Algeria sarebbe risultato determinante l'atteggiamento dell'esercito del governo di Vichy e della popolazione locale, costretti a una forzosa alleanza con la Germania, ma anche ostili alla Gran Bretagna; in autunno emissari statunitensi contattarono le autorità locali e strinsero accordi con l'ammiraglio Henri Honoré Giraud, esponente della resistenza francese più conservatrice, mentre De Gaulle e la Francia Libera furono tenuti all'oscuro. In novembre navi angloamericane si concentrarono all'imbocco dello stretto di Gibilterra; l'Asse pensò a un attacco su Tripoli oppure alla Sicilia e alla Sardegna, piuttosto che nel Nordafrica francese, di cui comunque riteneva certa la lealtà.
L'8 novembre, quando gli Alleati sbarcarono ad Algeri, Casablanca e Orano, la sorpresa fu totale, e le sollevazioni organizzate dalla resistenza ad Algeri e Casablanca riuscirono senza difficoltà. La sera di quello stesso giorno l'ammiraglio Francois Darlan, capo dell'esercito di Vichy, aveva già firmato l'armistizio, anche se i combattimenti di alcuni reparti francesi lealisti si protrassero, senza successo, per altri 3 giorni.
La risposta dell'Asse, il 10 novembre, fu l'invasione del Sud della Francia e della Tunisia, dove giunsero tre divisioni tedesche e due italiane, che riuscirono a riunirsi più a sud con l'Afrika Korps di Rommel, ormai in rotta. In conseguenza dell'operazione “Torch” il regime di Vichy perse dunque ogni potere e alla Francia non rimase che scegliere fra il collaborazionismo e la resistenza al nazifascismo.
Gran parte dei quadri dell'esercito optarono per la seconda ipotesi, senza tuttavia aderire al movimento gollista, ma cercando di raggiungere, attraverso la Spagna, il nuovo esercito francese in formazione nel Nordafrica, o confluendo nell'”Organisation de Résistance de l'Armée”.
La flotta francese alla fonda a Tolone, attaccata il 26 novembre dai tedeschi, piuttosto che cadere in mano al nemico si autoaffondò.