A Varese una compagnia porterà in teatro l’intrigo del bombardiere Savoia Marchetti scomparso mel 1941 e ritrovato in Libia nel 1960
di Sara Bettoni
Alle 5 di pomeriggio del 21 aprile 1941 il trimotore da combattimento S.M. 79, ribattezzato «Sparviero», si alza in volo da Berka, base italiana in Libia. Ha l’ordine di attacco, lancia un siluro contro un convoglio inglese nel Mediterraneo. Da quel momento sparisce. La storia del velivolo con il marchio della Savoia Marchetti di Sesto Calende rimane sospesa per vent’anni. Solo nel 1960 la sabbia del deserto restituisce — in parte — i resti di quella missione, a 400 chilometri di distanza da dove avrebbero dovuto essere. Un altro salto nel tempo e la vicenda dell’apparecchio S.M.79 si riannoda al punto di origine, Sesto Calende. Qui è nata la squadra che porterà sul palcoscenico il mistero dell’aereo inghiottito dal deserto libico. «Vogliamo raccontare il lato nascosto della storia», spiega Antonio Zamberletti, scrittore e sceneggiatore varesino. Scopre lo «Sparviero» a Volandia, il museo del Volo dell’aeroporto di Malpensa. La ricostruzione del velivolo lo colpisce, l’intrigo irrisolto lo seduce. L’autore si mette quindi al lavoro per allestire la narrazione. «Penso a un monologo — specifica — che sappia tratteggiare anche il contesto». Al centro della scena la lunga marcia del primo aviere Giovanni Romanini, armiere 25enne all’epoca dei fatti. Le sue ossa sono state il punto di partenza del ritrovamento. Erano a 90 chilometri dall’aereo. A scoprirle, il 21 luglio del 1960, una squadra di italiani in cerca di petrolio. Forse l’aviere si era incamminato per cercare aiuto. Di lui sono rimasti la borraccia, l’orologio e la targhetta di una chiave che ha rivelato il suo nome. Altri resti umani e la sagoma ricurva del «Gobbo maledetto» (altro nomignolo del trimotore) riappaiono invece qualche mese dopo a un’altra squadra di esploratori.«Vorrei provare a immaginare i pensieri e le paure di Romanini — spiega lo sceneggiatore —. Probabilmente mentre camminava sotto il sole ricordava la famiglia, casa sua a Parma». Al racconto si accosteranno documenti, filmati e testimonianze forniti dall’ufficio storico dell’Aeronautica militare. «Ma abbiamo contattato anche i vecchi operai della Siai Marchetti — prosegue Zamberletti — per tenerli informati». Il testo andrà in scena tra settembre e ottobre 2017, a Varese e in altri teatri. Si procede a ritmi serrati. Nei giorni scorsi è stato girato un video di presentazione all’Idroscalo di Sesto, là dove un tempo si collaudavano gli aerei prodotti in zona. Il primo aviere Romanini avrà il volto di Massimo Barberi, attore sestese, la regia sarà curata da Elisa Strada. Poi ci sono gli story editor Giorgio Martignoni, che lavora anche per Walt Disney, e Rossana Girotto. La parte tecnica e di fotografia è affidata a Barbara di Donato e Raffaele Ferrazzano. «Siamo una squadra a tutti gli effetti, ciascuno gioca un ruolo fondamentale» spiega Zamberletti. La parte più difficile del progetto? «Tutto, a partire dai finanziamenti». Il budget minimo stimato è di 12 mila euro, da raccogliere grazie a una campagna di crowdfunding che partirà la prossima settimana. E poi c’è la paziente ricerca di tutti i dettagli della storia, per provare a ricomporre in modo verosimile l’ultimo volo dello «Sparviero».