Fu adesso che le gesta e le azioni della Pattuglia Volante entrarono prima nella storia e poi nella leggenda. Dalle vette che sovrastavano le linee italiane, Sepp Innerkofler e i suoi uomini compivano quotidiane azioni di disturbo, scorrerie e azioni rapide e silenziose, grazie alla sua passata esperienza di guida alpina che gli aveva permesso così di conoscere
ogni centimetro delle sue montagne. I suoi meriti furono riconosciuti dal comando austriaco, che lo promosse sul campo al grado di Caporale prima e di Sergente poi, conferendogli anche la medaglia d’argento. Tra il 21 maggio e il 4 luglio 1915, il gruppo di Austriaci effettuò ben diciassette giri di pattuglia, avvicinandosi sempre di più alle linee nemiche e riportando i movimenti delle truppe italiane in movimento. Fu così progettata un’azione per la conquista della cima del Paterno: alla mezzanotte, sei uomini iniziarono la marcia verso la sommità del monte, seguiti da una quarantina di soldati, che Sepp conosceva benissimo, avendo aperto lui stesso per la prima volta la via lungo la cresta di nord-ovest il 1° settembre 1896. Ma questa volta furono scorti dagli Italiani, che riversarono sulla formazione in marcia un violento fuoco di fucileria, mitragliatrici e cannoni. Messisi al riparo dietro ai costoni di roccia, i sei Austriaci continuarono a salire, fino a giungere in vetta, dove a difesa vi era solo un piccolo distaccamento di tre Alpini del Val Piave. Dai piedi della montagna, Josef Sepp Innerkofler, il figlio più giovane di Sepp, assisteva con il binocolo al procedere dell’azione. Vide così suo padre lanciare una prima, poi una seconda e infine una terza bomba a mano verso la fortificazione italiana: proprio la terza sembrò esplodere all’interno della piccola ridotta. Ma vide un’altra cosa: suo padre precipitare nel vuoto, dopo essersi portato le mani al volto.
Ancora oggi non è ben chiaro chi uccise Sepp. Alcuni riferirono di aver visto un soldato italiano sporgersi fuori dalla piccola trincea e lanciare verso il gruppo di Austriaci un grosso masso che lo colpì in pieno volto e altri che venne colpito da una fucilata sparata nelle ultime fasi dello scontro a fuoco. Ma c’è anche un’altra versione: quella del fuoco amico, di un proiettile di una mitragliatrice austriaca che raggiunse Sepp Innerkofler per errore. Dopo la morte, il corpo di Sepp venne recuperato tra mille difficoltà dall’Alpino Angelo Loschi, che si calò tra i crepacci e i dirupi delle Dolomiti: gli Alpini hli vollero tributare l’ultimo onore, seppellendolo sulla cima del Peterno, che tanto aveva conteso ai suoi nemici. Prima di partire per l’azione aveva proibito al figlio di seguirlo e unirsi a lui con una frase che si rivelò profetica: “basta che la mamma pianga per uno solo di noi”.