Notiziario: L’attacco giapponese all’Alaska

L’attacco giapponese all’Alaska

Lo scopo principale dei Giapponesi fu quello di distogliere parte delle forze americane impegnate nel teatro del Pacifico mentre era in corso la Battaglia delle Midway: per questo, tra il 3 e il 4 giugno 1942, una formazione navale nipponica, comandata dal Contrammiraglio Kakuji Kakuta, con l’appoggio delle Portaerei Ryujo e Junyo e naviglio minore, attaccò la base americana di Fort Mears a Dutch Harbor, piccolo porto situato sull’Isola di Unalaska, nell’Arcipelago delle Aleutine; contemporaneamente all’attacco aeronavale, due forze da sbarco presero terra sugli isolotti limitrofi di Kiska e Attu. Anche se l’attacco dal punto di vista strategico-militare non cambiò il corso della guerra, inferse un altro duro colpo al morale degli Stati Uniti d’America, preoccupati di un eventuale espansionismo giapponese nel Pacifico Settentrionale e facendo temere uno sbarco in forze sulle coste dell’Alaska. Ma solo pochi giorni dopo, con le pesanti perdite giapponesi nella Battaglia delle Midway, la situazione del Pacifico si stabilizzò, ribaltando il rapporto delle forze, permettendo così agli Americani di iniziare la pianificazione per le operazioni di riconquista delle isole e degli arcipelaghi: riconquista che avverrà con gravi perdite.

Battaglia di Dutch HarborL’attacco giapponese iniziò la notte del 3 giugno 1942, alle ore 02.58, quando dalle portaerei nipponiche decollò una formazione di ventidue bombardieri e dodici caccia, diretti a Dutch Harbor: a difesa delle installazioni militari, dall’estate del 1941, erano presenti artiglierie costiere del 206° Gruppo Contraerei dell’Arkansas National Guard. I primi velivoli giunsero in prossimità dell’isola alle ore 04.07, attaccando la stazione radio e i depositi di carburante; i militari statunitensi, colti di sorpresa dall’attacco (nessuna informazione di un possibile raid era infatti giunta), ritardarono la messa in azione delle batterie antiaeree: ciò causò un grave incidente, quando alcune bombe centrarono in pieno i baraccamenti del 37° Reggimento Fanteria e del 151° Reggimento Genio, uccidendo sul colpo una quindicina di soldati. Il primo giorno di combattimenti si concluse senza aver causato danni ingenti alla guarnigione americana, che si preparò ad affrontare un eventuale attacco via terra, scavando una serie di trinceramenti lungo le spiagge, aiutati, in questo, anche dalla popolazione locale. L’attacco del 4 giugno, però, fu molto più devastante: una formazione di ventisei aerei attaccò, alle ore 04.00, il porto e le installazioni all’interno dell’isola, danneggiando o mettendo fuori uso numerosi aerei parcheggiati ai lati della pista di decollo dell’aeroporto, diversi mercantili ormeggiati (tra cui la grande nave cargo Northwestern, che si incendiò ed affondò), numerosi hangar e depositi di carburante. Inoltre, sulla via di ritorno, gli aerei giapponesi ingaggiarono una formazione di caccia statunitensi, riuscendo ad abbatterli tutti quanti. Dopo l’attacco, la flotta giapponese si riunì nel Pacifico Centrale, a sostegno di ciò che restava del gruppo navale sconfitto a Midway e, due giorni dopo, una piccola forza d’invasione di 5400 uomini, sbarcò e occupò le isole di Attu e Kiska, senza incontrare resistenza. La battaglia di Dutch Harbor causò 78 morti tra gli Americani, la perdita di quattordici aerei ed una nave, mentre le perdite giapponesi furono limitate a dieci morti e otto velivoli.