Il siluramento e il conseguente affondamento del Tripoli fu la conseguenza di gravi errori. Primo tra tutti la mancanza di una adeguata scorta: infatti, dalle ore 22.00, la Nave Armata Principessa Mafalda comunicava che veniva lasciato il “servizio di scorta a nave postale in navigazione da Golfo Aranci alla volta di Civitavecchia per lo stato del mare”. Nonostante la presenza a bordo del Piroscafo di un cannone a tiro rapido per la difesa antisommergibile, il Tripoli aveva i minuti contati. L’SOS venne lanciato alle 22.30 del 17 marzo 1918, pochi minuti dopo l’avvenuto siluramento da parte del sommergibile tedesco: colpito sul lato di dritta, il siluro centrò in pieno il compartimento della sala macchine, lasciando il Piroscafo nella completa oscurità. Impiegò quasi quattro ore ad affondare, con i naufraghi in acqua in pieno inverno: la mancanza di scialuppe, la temperature poco al di sopra dei 4°C e il mancato coordinamento dei soccorsi contribuirono all’evolversi della tragedia. Soli, completamente abbandonati nell’oscurità del Mar Tirreno, i superstiti poterono contare solo su sé stessi: c’è chi lasciò il proprio posto sulle scialuppe ai civili e alle donne imbarcate, chi rimase a bordo coordinando i soccorsi, chi non abbandonò la sala radio inviando segnali morse e radio per le altre navi in zona.
Come abbiamo ricordato all’inizio, due uomini si distinsero in maniera particolare quella notte. Furono il Marinaio Radiotelegrafista Carlo Garzia e il Vice Brigadiere dei Carabibieri Reali Angelino Anedda: sacrificarono le proprie vite cercando di salvare quelle degli altri e per questo furono decorati postumi della Medaglia d’Argento al Valor Militare. In qualità di operatore radio, Garzia, “di fronte al nemico e al pericolo, dava mirabile prova di sangue freddo, tenacia e cosciente abnegazione, rimanendo fino all’ultimo al proprio posto per lanciare segnali di soccorso che permisero ad altre navi di accorrere al salvamento dei naufraghi della propria nave irremissibilmente perduta. Scompariva con la sua nave, dando generosamente la vita nel compimento del proprio dovere. Paraggi di Capo Figari, 17 marzo 1918”. Allo stesso modo, il Vice Brigadiere Anedda, “di notte, in servizio di tradotta sul Piroscafo Tripoli, nonostante che la nave silurata dal nemico fosse in procinto di affondare, rimase in coperta ad incuorare e aiutare tutti quelli che, per la depressione dello spirito, non erano capaci di alcuna risoluzione. Viste in una zattera slegata sulla tolda due donne seminude che, quasi assiderate, imploravano soccorso, offrì la propria giubba ad una di esse e, conscio del pericolo, scese nelle sottostanti cabine in cerca d’indumenti per l’altra, trovandovi la morte con la nave che si inabissava. Mirabile esempio di abnegazione, di filantropia e di non comune sangue freddo. Acque del Tirreno, 18 Marzo 1918”