"Io bambina invisibile, nonna di me stessa". Ovazione per Liliana Segre a Bruxelles

Commemorazione al Parlamento europeo del Giorno della Memoria. Sassoli: "Nazismo e razzismo non sono opinioni ma crimini". Von der Leyen: "Mi sento in colpa"
di Angela Mauro

Era diventata una “bambina invisibile” quando i nazisti la allontanarono dalla scuola, dalla vita quotidiana per mandarla ad Auschwitz insieme agli altri ebrei. Ora Liliana Segre si sente “nonna di se stessa”, di quella “bambina magra e sola” che nei suoi ricordi la senatrice a vita dice di non sopportare più. Ci sono lacrime e commozione intorno a lei quando racconta la sua storia nell’aula del Parlamento europeo, parlando a braccio, tutto d’un fiato, nella convinzione di dover insistere a raccontare il ‘Male’ ai giovani di oggi, spesso figli di “genitori molli” (parole sue), ma anche nella consapevolezza di doversi ritirare, alla bella età di 91 anni, non tanto per stanchezza fisica ma per ripararsi dai quei ricordi nel calore della sua famiglia.
Applausi e standing ovation. L’ebrea italiana scampata ad Auschwitz porta a Bruxelles la testimonianza vivente di orrori che riecheggiano ancora nel presente in tutto il continente. “Il razzismo e il nazismo non sono opinioni, ma crimini”, dice prima di lei il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, incassando anche una standing ovation (non proprio di tutta l’aula), in questa commemorazione del giorno della Memoria che cade nello stesso giorno del voto della plenaria sull’accordo sulla Brexit, l’addio ai parlamentari britannici, momento storico e triste per l’Ue, cui si aggiunge l’emozione per la senatrice a vita e la sua battaglia per far vivere il ricordo, quanto mai utile ad una modernità che ha riscoperto il razzismo con una nonchalance stupefacente.
“Il razzismo e l’antisemitismo ci sono sempre stati e ci sono tuttora, perché sono insiti dell’animo dei poveri di spirito”. C’è chi “si volta dall’altra parte” e ci sono coloro che “approfittano di questa situazione e trovano il terreno adatto per farsi avanti”, dice la senatrice senza nominare direttamente chi fa politica soffiando sul razzismo di chi è vittima della “paura”, ma lasciandosi intendere benissimo.
Segre parla lentamente, con le pause al momento giusto. Si può dire che parli per immagini. Seguirla è come vedere un film in bianco e nero, tra fili spinati, freddo e umanità negata. Scriverne invece è compito che si accompagna al timore di trasformare le sue parole in retorica: una responsabilità di chi scrive.