Tra coloro che riposano nel grande Tempio, è sepolto anche il Sottotentente Lucindo Faggin, appartenente al 56° Reggimento Fanteria della Brigata Marche. Originario di Padova, dove era nato il 29 agosto 1887, aveva cominciato la sua carriera nel Regio Esercito con la campagna di Libia del 1911-1912, dove, distinguendosi in numerose azioni di combattimento, era stato promosso sul campo al grado di Sergente. Scoppiata la
Prima Guerra Mondiale, con il grado di Maresciallo, partecipò alle operazioni per la conquista di Monfalcone, dove, nel 1916, venne ferito una prima volta al volto: non volendo abbandonare i suoi uomini, benché ferito, continuò ad incitare i suoi soldati e a sventolare una bandiera tricolore sulle posizioni conquistate al nemico. Soltanto quando fu sicuro del successo dell’azione, decise di raggiungere il posto di medicazione. Tornato in
prima linea, nonostante i pareri contrari di medici e superiori, promosso nel frattempo a Sottotenente, a causa dello scoppio di uno shrapnel, il 1° novembre 1916, spirava per le gravi ferite riportate. E compre sempre facciamo nelle nostre pagine, lasciamo che sia la motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria a narrarci le sue eccezionali doti di militare italiano: “In ogni circostanza fu sublime e fulgido esempio di coraggio e di alte virtù militari. Da Maresciallo, ferito al viso durante un attacco, dopo medicato tornò al combattimento, incuorando con nobili parole e con il suo ammirevole contegno i soldati a resistere ai contrattacchi nemici. Nominato ufficiale e non appena dimesso dal luogo di cura ov’era stato ricoverato per la suddetta ferita, raggiunse il suo reparto, e benchè nuovamente colpito in due parti del corpo durante l’esecuzione di un servizio, rifiutò di recarsi in luogo di cura. Il mattino successivo, precedendo il suo Colonnello, al quale aveva dichiarato di voler far scudo del proprio corpo, sotto l’infuriare di un bombardamento avversario, investito dallo scoppio di uno shrapnel, cadde nuovamente e più gravemente ferito al capo. Trasportato all’ospedale e impossibilitato a parlare, chiedeva per iscritto notizie del suo Colonnello e dell’esito dell’azione. Ventiquattr’ore dopo serenamente spirava. Monfalcone, 4 agosto 1916; Oppacchiasella-Nova Vas, 1° novembre 1916”.
Tra i 5401 caduti della Grande Guerra, tra i numerosi decorati al Valor Militare, merita un particolare ricordo il Tenente Mariano D’Ayala Godoy, anch’egli padovano di nascita, pluridecorato per le sue azioni di guerra. Venne infatti insignito di una Medaglia d’Argento e di ben tre di Bronzo al Valor Militare: formatosi nei Lancieri di Novara, dove ottenne il grado di Sottotenente, partecipò alle battaglie sul Monte San Michele nel 1916. In seguito, chiese ed ottenne il trasferimento in aviaziine, dove venne aggregato alla 4a Squadriglia come Ufficiale Osservatore, prendendo parte a più di trenta voli ed azioni di guerra. Purtroppo, nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 1918, dal ritorno da una missione di bombardamento sulle linee nemiche, trovava la morte durante un’errata manovra di atterraggio sul campo d’aviazione di Padova: aveva appena 21 anni. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il Tempio, trovandosi in prossimità della stazione ferroviaria non venne risparmiato dai bombardamenti anglo-americani: colpito duramente, solo nel 1949 terminarono i lavori di restauro. A perenne suggello del nuovo sacrificio offerto dalla città di Padova, negli Anni Sessanta, in una cappelletta ai lati dell’atrio d’ingresso, vennero sepolte mille vittime civili dei bombardamenti aerei, di cui cento rimaste per sempre ignote.