Il Principe di Borbone caduto a Quota 731
Era un cognome ingombrante, il suo. Ma anche simbolo di un retaggio ormai passato, che era sopravvissuto a secoli di guerre, rivoluzioni e mutamenti sociali. Giorgio di Borbone discendeva direttamente dal ramo nobiliare spagnolo, lui che era nato a Milano all’inizio del secolo, esattamente nel 1900. Eppure, nonostante fosse stato posto in congedo due volte, non esitò ad arruolarsi nuovamente volontario quando, nel giugno 1940, l’Italia scese in guerra contro la Francia e la Gran Bretagna. In precedenza, infatti, aveva prestato servizio come volontario sia nella Grande Guerra che nella campagna per la conquista dell’Etiopia, passando per l’Alta Slesia, dove venne inviato al seguito del Corpo di Spedizione Italiano. E quando la guerra giunse nel giugno 1940, chiese nuovamente di essere arruolato: con il grado di Capitano il 19 settembre si imbarcò alla volta dell’Albania, da dove, nell’ottobre successivo, prendeva parte alle operazioni belliche contro la Grecia, al comando di una compagnia del 31° Reggimento Fanteria. Già il 24 novembre dimostrava tutto il suo valore, al comando degli uomini che gli erano stati affidati: durante un attacco delle forze greche, in un momento critico della battaglia, dove alcuni reparti del 31° Fanteria rischiavano di essere travolti dalla furia avversaria, riordinava i suoi soldati e li spingeva al contrassalto, riuscendo a scongiurare ben più gravi conseguenze. Venne insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare: “Comandante di una compagnia armi di accompagnamento, a difesa di una importante posizione, accortosi che il nemico, travolti gli elementi avanzanti, stava per sopraffare il reparto, guidava i dipendenti al contrassalto. Benché ferito, persisteva nella lotta, incitando i propri Fanti alla più tenace resistenza. Monte Gelil, Fronte Greco, 24 novembre 1940”.
Ripresosi dalle ferite riportate nel combattimento, al Principe di Borbone venne offerto un incarico di comando nelle retrovie: ma lui rifiutò. Volle nuovamente essere in prima linea, con i suoi uomini, con quel 31° Reggimento Fanteria con cui aveva condiviso tutto, fin dalla partenza dall’Italia. E non lo avrebbe abbandonato di certo adesso, proprio nelle settimane in cui era prevista una nuova offensiva per spezzare la linea dei Greci. Il fronte, infatti, si era impantanato di fronte a Quota 731, che invano era stata a più riprese attaccata dai Fanti della 47a Divisione Bari. Scriveva il Maresciallo Ugo Cavallero: “Nella notte sul 14, reparti della Bari riescono ad occupare la Quota 731 di Monastero, ma dopo qualche ora sono obbligati a sgombrarla per i violenti concentramenti di fuoco avversari che sconvolgono profondamente la limitata ampiezza della quota. Viene attuato nel pomeriggio un nuovo tentativo di impadronirsi di Quota 731, ma senza vantaggi apprezzabili”. Cinque giorni dopo, i comandi italiani decisero un nuovo attacco, questa volta appoggiato anche da reparti di carri armati guidati dal Tenente Luigi Camera e da Arditi, il cui compito sarebbe stato quello di irrompere con irruenza nello schieramento avversario, scompaginarlo e creare confusione, in attesa dell’arrivo del grosso delle fanterie lanciate all’assalto. E questo compito viene affidato al Capitano Giorgio di Borbone. Il 19 marzo 1941, puntando diretti a Quota 731, i mezzi corazzati riuscirono ad aprire alcuni varchi nei reticolati, attraverso i quali si slanciarono gli Arditi, con il lancio di bombe a mano.
Il Principe fu il primo ad irrompere nello schieramento avversario. Riuscì con i suoi uomini ad occupare la posizione nemica: l’attesa dei rinforzi divenne vana, perché più in basso, i Fanti della Divisione Bari vennero inchiodati dal fuoco dell’artiglieria greca. Impossibilitati a muoversi, non poterono far altro che tornare sulle posizioni di partenza. Vistosi perduto, Giorgio di Borbone continuò la lotta, adesso che i Greci si facevano nuovamente avanti. Esaurì tutte le munizioni, tutte le bombe a mano, fino a quando un colpo di fucile lo colpiva alla testa, uccidendolo all’istante. Trovò la morte sulla Quota 731 assieme a quasi tutti i suoi Arditi. Venne insignito, per la sua morte in battaglia, della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: “Comandante di una Compagnia Arditi, tre volte volontario di guerra, già ferito in precedenti fatti d’arme in cui si era valorosamente distinto, otteneva, dopo vive istanze, di rientrare al proprio reparto. In aspro combattimento si lanciava, con impareggiabile audacia e sprezzo del pericolo, alla testa dei suoi Arditi, contro munita posizione avversaria. Colpito una prima volta, seguitava ad avanzare e giungeva sulla linea nemica conquistandola e disperdendone i difensori con accanito lancio di bombe a mano. Accerchiato da forze soverchianti, persisteva imperterrito nell’impari lotta finché, esaurite le bombe ed i colpi della propria pistola contro i più vicini avversari, veniva sopraffatto e cadeva da eroe. Quota 731 di Monastero, Fronte Greco-Albanese, 19 marzo 1941”.