Notiziario: IL PRIMO PARACADUTISTA SABOTATORE DELLA STORIA: L'ARDITO ALESSANDRO TANDURA

IL PRIMO PARACADUTISTA SABOTATORE DELLA STORIA: L'ARDITO ALESSANDRO TANDURA

Oltre il Piave, notte tra l'8 e il 9 agosto 1918.

Una delle più storie più incredibili della Grande Guerra è quella di Alessandro Tandura, nato a Serravalle di Vittorio Veneto il 17 settembre 1893, tenente degli Arditi e primo paracadutista militare al mondo a essere impegnato in azione.

Si arruola volontario il 14 settembre 1914, evidentemente consapevole di ciò che accadrà in futuro, visto che la Grande Guerra già infuria sul fronte occidentale da un mese e mezzo. Immediatamente, si rivela essere un ottimo soldato, tanto da meritare nel giro di quattro mesi i gradi di sottufficiale, con la nomina a caporale.

L’inizio delle ostilità sul fronte italiano lo vede in prima linea nelle fila del 10 Reggimento di Fanteria “Re”, sul Carso, dove subisce una grave ferita all’avambraccio, che lo terrà lontano dal trincee per quasi un anno, sino al maggio 1916. Nel gennaio 1917, chiede e ottiene di tornare al fronte, dove giunge con il 220 Reggimento Fanteria “Sile” e dove nuovamente si distingue, al punto da essere scelto per frequentare il Corso di istruzione per Aspiranti Ufficiali dell’Arma di Fanteria. Nominato tenente di complemento nell’ottobre 1917, dopo un mese al fronte, si ammala gravemente e viene ricoverato sino a dicembre, con l’assegnazione di sei mesi di convalescenza. La sua natura, ancora una volta, non si smentisce ed egli rinuncia alla convalescenza, senza limitarsi a chiedere di tornare in prima linea; ottiene infatti il trasferimento nel nuovo e già leggendario Corpo degli Arditi e, con il XX Reparto d’Assalto, partecipa a tutte le azioni nel settore del Basso Piave, compresa l’eliminazione della testa di ponte di Caposile.

Una missione segreta.

il comandante dell’Ufficio Informazioni, Tenente Colonnello Dupont, lo fa chiamare e gli chiede senza giri di parole se si senta di offrirsi per una missione segreta oltre il Piave, in territorio nemico, per raccogliere informazioni. Alessandro Tandura accetta, senza sapere che sta per passare alla Storia. Dopo aver vagliato ipotesi alternative, quali l’attraversamento delle linee nemiche travestito da soldato austriaco o il trasporto in aereo, si decide che raggiungerà la Sinistra Piave paracadutandosi da un aereo nella zona di Sarmede, a pochi kilometri di distanza da casa sua; da lì, raggiungerà il Col Visentin, dove stabilirà la base operativa e, mischiandosi alla popolazione, inizierà la sua pericolosissima missione di spionaggio (se dovesse essere catturato e riconosciuto come spia, il suo destino sarebbe la fucilazione). Tandura non nasconde una certa apprensione e ne ha ben d’onde: all’epoca, il paracadute è uno strumento di tutt’altro che comune utilizzo; persino gli aviatori hanno iniziato appena ad usarlo, posto che qualcuno negli alti comandi pensa che ne possa influenzare negativamente la combattività e la baldanza … Addirittura, l’Esercito Italiano non ne possiede affatto: i pochi disponibili sono stati acquistati dagli inglesi e non sono previste prove o lanci d’addestramento, nonostante Tandura ne abbia fatto espressa richiesta, poiché una volta aperto, il paracadute non viene più riutilizzato. Il lancio viene programmato per l’8 agosto 1918 e avverrà da un aereo biposto da bombardamento Savoia Pomilio, per l’occasione pilotato da un asso canadese, il Maggiore Barker, con un altro famoso ufficiale quale navigatore, il Capitano Wedgwood, che dopo la guerra diverrà deputato nel parlamento britannico; eseguito il lancio, l’aereo proseguirà il volo, bombardando alcuni obiettivi, così da dissimulare il reale scopo della missione.

Il lancio e il volo.

Quella notte infuria un temporale, che fa smarrire la rotta all’equipaggio; Tandura – seduto su di uno scomodo sedile ribaltabile, collocato di spalle all’equipaggio, con una fune legata sulla schiena a collegarlo al paracadute, situato in uno scomparto sotto la fusoliera – non può fare altro che attendere il momento nel quale il pilota tirerà una leva, aprendo una botola dalla quale egli cadrà nel vuoto: solo allora potrà scoprire se il paracadute funzionerà … Giunti in prossimità di quella che credono essere la zona di lancio – in realtà hanno deviato di parecchio e stanno sorvolando le colline a San Martino di Colle Umberto Umberto – il Maggiore Barker raggiunge la quota prestabilita di 1500 metri e tira la leva, facendo recipitare Tandura nel buio. Le emozioni debbono essere infinite, come egli stesso più tardi racconterà:

“Le orecchie sono straziate da un sibilo che mi devasta il cervello. L’incubo dei sogni orribili! Ma subito ho l’impressione di essere sollevato, di tornare in su. Alzo gli occhi e vedo il paracadute aperto. La pioggia mi sferza il viso. Oso guardare in basso e vedo strade e campi che riddano in un ‘altalena infernale. Mi smarrisco, perdo i sensi … È un attimo: ad un tratto, colpito fortemente al petto, mi trovo a terra, con le gambe all’aria. Lanciato nel vuoto da circa 1500 metri di altezza ero caduto in un vigneto, mentre infuriava il temporale”.

Toccata terra, si affretta a raggiungere il vittoriese e inizia la missione. Da quel momento, egli vivrà tre mesi ad altissimo rischio e davvero in mezzo a mille avventure: raccoglierà informazioni sulla composizione dei reparti nemici in zona e radunerà alcuni gruppi di soldati italiani sbandati con i quali porterà a termine azioni di sabotaggio; verrà catturato due volte dagli austriaci e altrettante volte riuscirà a fuggire, la seconda volta addirittura gettandosi da un treno in corsa. Nella sua opera di sabotaggio e raccolta informazioni, verrà coadiuvato dalla sorella Emma Maddalena Tandura e dalla futura sposa Emma Petterle, l’azione di sostegno delle quali risulterà così efficace da far meritare a entrambe la Medaglia d’Argento al Valor Militare. Con la liberazione della Sinistra Piave e la Vittoria italiana, Tandura potrà fare ritorno al Comando e presentarsi al Tenente Colonnello Dupont, il quale lo proporrà immediatamente per la Medaglia d’Oro al Valor Militare, che gli verrà giustamente concessa e che andrà a coronare un incredibile medagliere, composto da 5 Croci al Merito di Guerra, 3 Medaglie di Bronzo, 4 Medaglie d’Argento, Medaglia d’Oro al Valor Civico e Croix de Guerre 14-18 belga.

Tandura rimarrà nel Regio esercito e cadrà in Somalia nel 1937. La sua vicenda la narrerà egli stesso nel libro «Tre mesi di spionaggio oltre il Piave».

Il Capitano Wedgwood nel suo libro di memorie di guerra dirà: “Non ho mai visto un uomo più coraggioso di questo Piccolo (Alessandro Tandura non raggiungeva il metro e 60, ndr) soldato italiano, il Più valoroso soldato del mondo”.

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«Animato dal più ardente amor di Patria, si offriva per compiere una missione estremamente rischiosa: da un aeroplano in volo si faceva lanciare con un paracadute al di là delle linee nemiche nel Veneto invaso, dove, con alacre intelligenza ed indomito sprezzo di ogni pericolo, raccoglieva nuclei di ufficiali e soldati nostri dispersi, e, animandoli col proprio coraggio e con la propria fede, costituiva con essi un servizio di informazioni che riuscì di preziosissimo ausilio alle operazioni. Due volte arrestato e due volte sfuggito, dopo tre mesi di audacie leggendarie, integrava l’avveduta e feconda opera sua, ponendosi arditamente alla testa delle sue schiere di ribelli e con esse insorgendo nel momento in cui si delineava la ritirata nemica, ed agevolando così l’avanzata vittoriosa delle nostre truppe. Fulgido esempio di abnegazione, di cosciente coraggio e di generosa, intera dedizione di tutto se stesso alla Patria.[2].»
— Piave - Vittorio Veneto, agosto - ottobre 1918