"Sono arrivato all'aviazione per modo di dire, [...], ed ora mi accorgo di aver avuto un'idea meravigliosa, perchè l'aviazione ha progredito immensamente ed avrà un avvenire strepitoso..."
Tratto da Lettera al padre, Reims, 5 maggio 1912
Francesco Baracca nasce il 9 maggio 1888 da Paolina Biancoli e da Enrico. Da giovane segue dapprima la scuola dei Padri Salesiani di Lugo, poi gli studi presso gli Scolopi della Badia Fiesolana, per terminarli al Liceo “Dante” di Firenze. Dopo la maturità si iscrive alla Scuola Militare di Modena, dove rimane per un paio di anni.
Nel 1909 frequenta la Scuola di Cavalleria a Pinerolo, dove viene promosso al grado di sottotenente nel luglio 1910 e assegnato al 1° Squadrone del Reggimento “Piemonte Reale” di stanza a Roma. Nel 1912 segue i corsi di pilotaggio civile a Reims, dove consegue il brevetto di pilota, attività verso cui avverte una naturale propensione ed un grande entusiasmo, testimoniati dalla lettera al padre del 5 maggio 1912 nella quale afferma: “[...] ora mi accorgo di avere avuto un’idea meravigliosa, perché l’aviazione ha progredito immensamente ed avrà un avvenire strepitoso ”....
IL MITO
Molti autori sottolineano l’importanza del ruolo ma soprattutto del mito dell’aviatore nel contesto della Prima Guerra Mondiale, suggerendone diverse chiavi interpretative.
Già durante la guerra il nome di Baracca era molto conosciuto. Numerosi sono i volumi, gli articoli e gli opuscoli pubblicati sulla sua figura, senza contare lo spazio che gli viene riservato nelle varie storie generali dell’aviazione e del primo conflitto mondiale. I riferimenti d’obbligo sono nei libri di scuola destinati a colpire l’immaginazione di bambini e ragazzi. Questi testi utilizzano l’immagine di Baracca soprattutto in chiave ideologica e pedagogica, di supporto alla mistica della Nuova Italia del Ventennio.
Qual’è dunque l’immagine di Baracca costruita e divulgata nel periodo fra le due guerre?
Si possono individuare due diverse tipologie nelle quali si può raggruppare la maggior parte dei testi.
Da un lato quella di un cavaliere dell’aria, che considera i combattimenti aerei duelli tra gentiluomini e che si entusiasma per la lotta nei cieli come ‘spettacolo’, come agone sportivo alla ricerca della “gloria”.
Dall’altro una tipologia più esasperatamente guerriera, dalla quale scompare ogni traccia di compassione nei confronti del nemico abbattuto, dove egli assume i caratteri dell’eroe sovrumano, visto quale perfetta macchina da guerra, tutto preso dall’assolvimento del “sacro dovere”.
L’immagine che invece i più oggi tendono a prediligere è quella dell’uomo avventuroso, sensibile allo sviluppo della tecnologia e della modernità. Il modello cui, secondo alcuni interpreti moderni, Baracca si ispira, non è tanto quello dell’eroe dell’aria puro ed indomito, quanto quello del “campione di successo”.
Secondo l’analisi del diario e delle lettere inviate alla famiglia, condotta negli anni Ottanta dal generale Vincenzo Manca ne “L’idea meravigliosa di Francesco Baracca ” e, più recentemente, da Irene Guerrini e Marco Pluviano nel libro “Francesco Baracca. Una vita al volo. Guerra e privato di un mito dell’aviazione ”, emerge la figura di un giovane pilota consapevole del proprio ‘status’ di “cavaliere del cielo”, appartenente ad una sorta di élite sopranazionale, il quale “ha la ventura, in vita ma soprattutto dopo la morte, di riassumere in rara sintesi lo spirito del volo e la guerra aerea, l’ardimento e la conquista cavalleresca, la tecnologia più avanzata e lo spirito di avventura più indomito”.
Ma questo mito, che nel Novecento si coniugherà mirabilmente ed inscindibilmente a quello di un altro grande ‘pioniere’, Enzo Ferrari, ha origini che già possiamo rintracciare nel “Manifesto del futurismo ” del 1909, laddove Filippo Tommaso Marinetti, privilegiando l’aeroplano quale simbolo della modernità, scrive:
“Noi canteremo [...] il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta ”.
Esaltazione dell’audacia e dominio dell’uomo sulla ‘macchina’, ma anche senso della sfida e dimensione del sogno, quest’ultimo espresso chiaramente dallo stesso Baracca in una lettera al padre che risale al periodo francese: “[...] Era un meraviglioso sogno ad occhi aperti vedermi scorrere di sotto gli alberi, le strade, la campagna ...”.