Il messaggio in bottiglia di Capo Matapan

Così scriveva in Uomini ombra Mario De Monte, già ufficiale del SIS, il Servizio Informazioni Segrete della Regia Marina durante il secondo conflitto mondiale: “Ma questi sono colpi da 381! Quelle vampate! Qualche nave è saltata! Chiamate lo Zara per radio! Ma lo Zara non risponde. Lo Zara è affondato, il Fiume è affondato, due caccia della scorta sono affondati sotto il fuoco delle navi della Mediterranean Fleet. Sulla plancia del Vittorio Veneto gli uomini impietriti guardano muti i lontani fuochi delle esplosioni, che arrossano il cielo ed illuminano il mare, in direzione sud-est”. Era la notte tra il 28 e il 29 marzo 1941: a Capo Matapan, al largo delle isole del Mar Egeo, si era consumata una delle più grandi disfatte per la Regia Marina e la sua flotta, comandata dall’Ammiraglio di Squadra Angelo Iachino. A combatterli, sui mari del bacino mediterraneo, gli uomini dell’Ammiraglio Andrew Cunningham. La flotta italiana, quella notte, perse ben cinque navi e, cosa ancor peggiore, rimasero uccisi oltre 2330 marinai, mentre oltre un migliaio vennero fatti prigionieri. La Prima Divisione Incrociatori, al comando dell’Ammiraglio Carlo Cattaneo, non esisteva praticamente più: lo Zara, il Pola e il Fiume, incrociatori pesanti con otto cannoni da 203 mm e sedici da 100 mm, erano affondati dalle micidiali bordate da 381 mm delle Navi da Battaglia Warspite, Barham e Valiant.

Messaggio in bottigliaAssieme ai tre incrociatori di Cattaneo, la notte di Capo Matapan vide l’affondamento anche di due Cacciatorpediniere, il Vittorio Alfieri e il Giosuè Carducci, mentre il Vincenzo Gioberti e l’Alfredo Oriani subire gravi danni. La stessa Nave da Battaglia Vittorio Veneto, su cui l’Ammiraglio Iachino aveva istituito il proprio comando, venne raggiunta da un siluro a poppa, che ne compromise la navigazione, riducendone notevolmente la velocità. Per la prima volta, la stessa Regia Marina e lo stesso Governo Italiano dovettero rendere pubblica la disfatta, diffondendo un laconico Bollettino di Guerra pochi giorno dopo, il 297 del 1 aprile 1941: “In una dura battaglia svoltasi nella notte dal 28 al 29 marzo nel Mediterraneo Centrale abbiamo perduto tre incrociatori di medio tonnellaggio e due cacciatorpediniere. Molti uomini degli equipaggi sono stati salvati. Sono state inflitte al nemico perdite non ancora completamente precisate, ma certamente gravi. Un grosso incrociatore inglese ha avuto in pieno una bordata dei nostri massimi calibri ed è affondato”. In realtà, nessuna nave inglese affondò quella notte, mentre i sopravvissuti recuperati furono appena 160, tratti in salvo dalla Nave Ospedale Gradisca, giunta sul luogo della tragica battaglia dopo che lo stesso Ammiraglio Cunningham, prima di lasciare l’area, inviò a Supermarina un messaggio radio in chiaro con le coordinate dei naufraghi. Ma la Battaglia di Capo Matapan non venne dimenticata, neanche dieci anni dopo.

Francesco ChiricoEra il 10 agosto 1952 quando su una spiaggia nei pressi di Cagliari alcune persone rinvennero una bottiglia consumata, ingiallita, con all’interno chiaramente visibile un messaggio arrotolato. Si sa, il mare, prima o poi, tutto ciò che rende lo restituisce. E quello che venne restituito era l’ultimo messaggio di un marinaio imbarcato sull’Incrociatore Fiume, affondato undici anni prima la notte del 28 marzo 1941. Il messaggio, scritto su di un pezzo di tela, riportava l’ultima testimonianza di Francesco Chirico, da allora dichiarato disperso così come gli oltre ottocento suoi commilitoni imbarcati: “Regia Nave Fiume. Prego signori date mie notizie alla mia cara mamma mentre io muoio per la Patria. Marinaio Chirico Francesco da Futani, via Eremiti 1, Salerno. Grazie signori. Italia!”. La notizia suscitò molto scalpore in Italia, nonché grande commozione: rintracciata la madre anziana che da allora non ebbe più notizie di suo figlio, venne ricevuta dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, che volle decorare, come ultimo segno di rispetto e riconoscenza, Francesco Chirico della Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria: “Imbarcato su un incrociatore irrimediabilmente colpito, nel corso di improvviso e violento scontro, da preponderanti forze navali avversarie, prima di scomparire con l’Unità, confermava il suo alto spirito militare affidando ai flutti un messaggio di fede e di amor patrio che, dopo undici anni, veniva rinvenuto in costa italiana. Mediterraneo Orientale; 28 marzo 1941″.