Per la prima volta una delegazione dell’Anpi (che per decenni sostenne che i 17 partigiani cattolici furono uccisi perché in contatto con i fascisti) parteciperà domenica alla commemorazione delle vittime. Tra i caduti il fratello di Pier Paolo Pasolini
di Claudio Del Frate
Presto o tardi, anche le ferite della storia si rimarginano. Per guarire quella dell’eccidio alla malga Porzùs, in Friuli, ci sono voluti 72 ani. Domenica prossima, per la prima volta rappresentanti dell’Anpi di Udine parteciperanno per la prima volta alla commemorazione dei 17 «fazzoletti verdi», partigiani di area cattolica, trucidati il 7 febbraio del 1945 da un gruppo di partigiani di fede comunista . Un massacro per decenni taciuto o misconosciuto dalla storiografia ufficiale, almeno fino agli anni ‘90. Se la memoria di quel tragico episodio è tornato alla ribalta lo si deve all’azione di due presidenti della repubblica, Francesco Cossiga prima e Giorgio Napolitano in seguito che si batterono per riconoscere l’onore ai partigiani uccisi.
Niente parola ai politici
La cerimonia di domenica ha oggi un valore più che altro simbolico e di onore delle armi: la delegazione dell’Anpi ha accettato per la prima volta l’invito dell'associazione partigiani di Osoppo, da sempre impegnata nella ricostruzione di quei fatti. «Una bella novità, un segnale importante e apprezzabile» ha sottolineato il presidente della Provincia di Udine Pietro Fontanini. Domenica alla malga Porzùs, luogo dell’eccidio, verranno inaugurati anche dei pannelli che aiuteranno i visitatori nella comprensione storica degli eventi di 72 anni fa. E’ prevista inoltre la consegna di una medaglia della Liberazione a tre partigiani di Osoppo ancora in vita (Fioravante Bucco, Bruno Moretti e Guido Ravenna. Per rispettare il clima di riconciliazione gli organizzatori della giornata hanno deciso di escludere interventi ufficiali da parte di esponenti di qualsiasi partito.
«Si opponevano ai comunisti»
Le vittime della strage erano tutte componenti delle Brigata “Osoppo”. Di estrazione cattolica, il loro ruolo era preservare l’italianità della zona fronteggiando le mire dei gappisti di ispirazione titina e slovena che puntava a controllare il Friuli per poi farlo rientrare, a guerra conclusa, nella sfera di influenza jugoslava e comunista. Il 7 febbraio del ‘45 un gruppo di partigiani comunisti italiani guidati da Mario “Giacca” Toffanin uccise i 17 esponenti della fazione avversaria su ordine dei comandi sloveni: una esecuzione fratricida, dove i “fazzoletti verdi” pagarono il fatto di essere fedeli all’Italia. Tra i caduti c’erano Guido Pasolini, fratello di Pierpaolo, e lo zio del cantante Francesco De Gregori. Nella prima relazione inviata ai suoi comandi Toffanin motivò l’azione definendo le vittime “venduti ai fascisti e ai tedeschi”, ma questa versione resse solo pochi mesi. A guerra conclusa si aprì il processo a carico degli autori del massacro, molti dei quali erano fuggiti in Jugoslavia e Cecoslovacchia. La sentenza definitiva, nel 1957 condannò “Giacca”, trasferitosi in Cecoslovacchia, e altri due gappisti all’ergastolo. Altri ebbero condanne a 30 anni. Nessuno di loro finì in carcere.
Le due verità
Al di là delle sentenze, l’Anpi ha sempre attribuito il massacro della Malga Porzùs a una generica “lotta intestina tra bande partigiane” continuando ad attribuire le cause a presunti contatti trai “fazzoletti verdi” e i fascisti per evitare che porzioni del Friuli cadessero sotto il controllo comunista. Una versione fin dal 1947 contrastata dall’associazione dei partigiani di Osoppo (non aderenti all’Anpi) che ha sempre prestato fede invece alla verità uscita dalle carte processuali (e che smontarono subito la tesi del “tradimento” da parte delle vittime).