Notiziario: Il Diario di un Ufficiale Veterinario sull’Hermada

Il Diario di un Ufficiale Veterinario sull’Hermada

Stasera sull’Hermada nessun colpo è un diario giunto fino ai nostri giorni dalle trincee della Grande Guerra. Apparteneva ad un Ufficiale del Regio Esercito, il Tenente Veterinario Giuseppe Carruba Toscano, originario di Sutera, un piccolo comune in provincia di Caltanisetta, dove era nato nel 1878. Avrebbe dovuto seguire le orme paterne, Giuseppe, una volta terminati gli studi: laureatosi all’Università di Napoli proprio in veterinaria e iniziando ad esercitare la professione proprio nella sua Sicilia, l’andamento del conflitto lo costrinse a lasciare la sua casa. Nel 1917 fu inviato sul fronte di guerra nel Basso Isonzo, la zona del Vallone, dove erano state già combattute numerose battaglie: questa è la zona dove egli iniziò a scrivere il suo diario di guerra. Terminato il conflitto e smobilitato nel 1919 riprese il lavoro di veterinario a Sutera. Per la guerra di Etiopia fu richiamato alle armi e nominato Maggiore Veterinario, ma nel 1937, per un infarto al miocardio, dovette limitare il carico di lavoro. Iniziata la Seconda Guerra Mondiale tornò sotto le armi con il grado di Tenente Colonnello tra il 1939 e il 1940, anno in cui venne posto definitivamente in congedo. Morirà, dicono serenamente, a Sutera nella notte del 14 ottobre 1950. Adesso, grazie a Vera Ambra, che ha curato la stampa del diario del Tenente Giuseppe Carruba Toscano è possibile leggere quanto questo Ufficiale del Regio Esercito si trovò a scrivere tra il fango delle trincee: soprattutto è un diario inusuale eppure preziosissimo. Come prezioso fu il lavoro svolto dal Servizio Veterinario durante l’intero conflitto, alle prese con centinaia di migliaia di animali feriti, mobilitati come tanti soldati. E quanti di loro caddero assieme ai fanti in grigio-verde? Nessuno lo sa di preciso, ma è stato calcolato in oltre il 50%: uccisi negli assalti, nei bombardamenti, di fatica e di stenti, precipitati in crepacci e dirupi. Trent’anni dopo, questo sacrificio silenzioso si sarebbe ripetuto nel corso del secondo conflitto mondiale, con ancora una volta gli animali, soldati silenziosi senza uniforme, al fronte con i loro compagni, con i loro conducenti e con i loro sconci, come venivano allora chiamati i conduttori dei muli.

Cavalleggero cadutoTra i tanti diari di guerra, quello del Tenente Carruba Toscano è forse il più inusuale perché Ufficiale Veterinario. Come è stato possibile recuperarlo e tramandarlo fino ai giorni nostri?
Il libro che è stato pubblicato e che raccoglie il diario è un prezioso documento da cui si evince lo stato d’animo e la condizione in cui vivevano i nostri soldati a quel tempo. Purtroppo è solo una parte. Non tutto è stato salvato, molti quaderni sono andati perduti mentre era al fronte. Ciò che ha riportato a casa e riposto in una cassa in soffitta è quello che è stato ritrovato dalla figlia. Quel poco che è rimasto è comunque una preziosa e reale testimonianza in quanto il Tenente Carrubba non scriveva con l’interesse che un giorno potesse essere oggetto di lettura ma ciò che annotava nei suoi quaderni era un modo per esorcizzare la paura, magari per dire a sé stesso che era ancora vivo.

Che tipo di persona era il Tenente Giuseppe Carruba Toscano?
La personalità, e più che altro l’umanità del Tenente Giuseppe Carruba Toscano emerge con prepotenza dai suoi scritti. Il suo animo poetico non lo ha mai abbandonato, neanche davanti agli orrori della guerra. I suoi occhi sapevano scoprire la poesia ovunque ed era questa la forza che lo spingeva a sopportare. Riporto un passo che ben può meglio spiegare il mio pensiero: “Fuori del pericolo si teme il pericolo. Entro il pericolo non si pensa più al pericolo! L’uomo è l’animale più adattabile fra gli esseri viventi: vive al polo come nel deserto: sui monti e nelle pianure; nei luoghi ubertosi e nei luoghi sterili; nei continenti, nelle isole; nell’aria ed in mezzo all’acqua; sulla terra e sul mare; sulla superficie e nelle viscere della terra”.

Soldato austriaco con cane porta messaggiDel contributo nella Grande Guerra degli animali se ne parla poco. Quanto era necessario un buon servizio veterinario al fronte?
E’ proprio vero, del sacrificio innocente degli animali impiegati e mobilitati durante la Prima Guerra Mondiale se ne parla poco e niente, eppure sono stati compagni preziosi, soprattutto muli e asini preposti al trasferimento di armi in zone impervie. Si stima che siano stati all’incirca otto milioni, tra questi anche circa quattromila cani. Per questa ragione era necessario la presenza dei veterinari, che in ogni caso erano anche medici e in quei frangenti non credo si facesse attenzione se sotto i ferri c’era un soldato o un animale: in ogni caso era sempre una perdita importante. Un mulo in particolare è ricordato a Villa Boeghese a Roma: la statua di Scudela, il mulo degli Alpini.

C’è un passo del Diario di questo Ufficiale che ti ha maggiormente colpito più di tutti gli altri?
No, non c’è un passo in particolare: esso è un unicum in cui ci si immerge per sedersi accanto all’autore e in questa circostanza patire insieme a lui l’impotenza con cui si affronta la quotidianità di una guerra che descrive senza manifestare quella rabbia che ha dentro il cuore e a cui non può dare pace se non con le parole che mette su carta.