1. Intanto una domanda di rito che rivolgiamo a tutti gli autori. Da dove nasce questo libro?
Il libro, che mai avrei pensato potesse nascere dalla mia mano, è stato necessario per dare una risposta ai dubbi della famiglia di mia madre, che mai aveva potuto conoscere il cammino in guerra del loro genitore: Ubaldo Ingravalle. A parte il nome del reparto, nulla da lui era mai trapelato circa quei tre anni di patimenti al fronte. Qualsiasi domanda trovava una risposta sbarrata, “ho visto morire troppi ragazzi”, diceva e nessun’altro racconto, svelava il suo passato.
2. Tra le pieghe di una vita ripercorre una storia personale, che si intreccia con i grandi sconvolgimenti dell’intero Novecento. Non è cosi?
E’ stato doveroso ricordare, dopo una faticosa ricerca circa quel reparto dimenticato e quegli uomini, il cammino successivo del nonno, che fu talmente colpito e affascinato dalla tempra dei suoi montanari che decise al termine del conflitto, di raffermarsi nel Regio Esercito Italiano, pur non avendo mai nemmeno svolto il servizio di leva nella sua gioventù. Abbiamo così seguito i suoi passi negli anni successivi, peregrinando tra caserme e incarichi alpini fino ad arrivare al secondo conflitto mondiale e ai tragici scontri con gli Slavi sul confine orientale, su quel confine travagliato, e ai massacri a cui scampò miracolosamente.
3. Entriamo adesso nel “vivo” del libro, ovvero il reparto alpino di “dimenticati”. Qual è la loro storia, in breve?
Il racconto incontra presto le vicende di migliaia di richiamati nel Battaglione Val Camonica tutti con un età elevata, spesso sopra i quarant’anni di età, padri e mariti delle alti valli della Lombardia prima, e di tutta Italia poi. Non dovevano in realtà combattere in prima linea ma quel vorace conflitto li vide schierati prima al Tonale, poi sul lontano Rombon e infine macellati nella prima difesa del Monte Grappa nel 1917, dove il Reparto venne annientato e ricostruito due volte. Li definiamo così “dimenticati” perché di quella sofferta compagine questo è il primo testo che ne parla, e di loro non esiste un saggio, un monumento, una via o un’aula pubblica e nemmeno nelle valli da dove partirono e dove non ritornarono. La figura del nonno, Ufficiale del Reparto, passa così presto in seconda linea per fare emergere le misere storie di altri nonni, abituati alle privazioni e fatiche ma che non videro mai coronato il loro ricordo e valutate le loro incredibili sofferenze.
4. C’è un evento in particolare che suo nonno ricordava con maggior interesse?
Raccontò pochissimo di quegli anni, e solo il ritrovamento del Diario Storico del Reparto a Roma, ci ha permesso di ricostruirne la storia, ma dava giustificazione della sua calvizie, non alla ferita patita sul Grappa, ma al fatto che vide imbiancare e cadere tutta la sua capigliatura, in quelle tre settimane di orrori, su di quella montagna. Momenti in cui si videro contrastare le baldanzose truppe di Rommel, e che avevano ormai solo quel baluardo che li separava dalla pianura veneta, e per sbucare poi, alle spalle del Piave.