Notiziario: Il Battaglione Val Camonica e il Tenente Ubaldo Ingravalle

Il Battaglione Val Camonica e il Tenente Ubaldo Ingravalle

Spesso le storie migliori da raccontare sono quelle custodite all’interno di casa nostra. Qualche fotografia, qualche lettera ingiallita e qualche cimelio. La storia di oggi nasce così, per caso. Sergio Boem ripercorre, infatti, una storia privata, familiare, quella del nonno materno Ubaldo Ingravalle, intrecciandola con la storia nazionale, condivisa da un’intera generazioni di giovani: la Prima Guerra Mondiale. L’anziano parente, a partire dal 1916, servì come Tenente e poi come Capitano nel Battaglione Val Camonica, uno dei reparti costituenti il 5° Reggimento Alpini, tra i più attivi fin dallo scoppio delle ostilità. Il giovane Tenente Ingravalle giunge al fronte nel marzo 1916, fresco di Accademia Militare, lungo la linea del Monte Rombon. Sebbene già duramente provato da un anno di guerra, a maggio il Val Camonica prende parte a duri scontri per la conquista dei settori e delle trincee austriache, prima di vedere concesso un periodo di riposo. Fin dall’inizio, quindi, Ubaldo Ingravalle ha il duro impatto dell vita di trincea, della guerra e dei bombardamenti austriaci, uniti agli assalti contro le pendici dei monti dove sono asserragliati gli Austriaci. E Tra le pieghe di una vita, accanto ai fatti personali, narra con scorrevolezza proprio gli eventi di cui fu protagonista il nonno dell’autore, passando per i giorni di Caporetto e delle offensive finali del novembre 1918. Nel corso del conflitto Ingravalle si meritò anche una Medaglia di Bronzo al Valor Militare quando, il 21 novembre 1917,  in Località Fontanasecca, dopo aver resistito a costo di gravissime perdite (il Val Camonica perse oltre 450 uomini), messosi alla testa di un piccolo gruppo di Alpini, riuscì ad arginare un assalto austriaco. La motivazione, seppur breve, ricorda efficacemente quell’evento: “Addetto al comando di battaglione, inviato sulla linea quale informatore, di propria iniziativa assumeva il comando di un reparto rimasto senza ufficiali, guidandolo al contrattacco e proteggendo così il regolare ripiegamento di altre truppe. Fontanasecca 21 novembre 1917″. 

1. Intanto una domanda di rito che rivolgiamo a tutti gli autori. Da dove nasce questo libro?

Il libro, che mai avrei pensato potesse nascere dalla mia mano, è stato necessario per dare una risposta ai dubbi della famiglia di mia madre, che mai  aveva potuto conoscere il cammino in guerra del loro genitore: Ubaldo Ingravalle. A parte il nome del reparto, nulla da lui era mai trapelato circa quei tre anni di patimenti al fronte. Qualsiasi domanda trovava una risposta sbarrata, “ho visto morire troppi ragazzi”, diceva e nessun’altro racconto, svelava il suo passato.

2. Tra le pieghe di una vita ripercorre una storia personale, che si intreccia con i grandi sconvolgimenti dell’intero Novecento. Non è cosi?

Monte RombonE’ stato doveroso ricordare, dopo una faticosa ricerca circa quel reparto dimenticato e quegli uomini, il cammino successivo del nonno, che fu talmente colpito e affascinato dalla tempra dei suoi montanari che decise al termine del conflitto, di raffermarsi nel Regio Esercito Italiano, pur non avendo mai nemmeno svolto il servizio di leva nella sua gioventù. Abbiamo così seguito i suoi passi negli anni successivi, peregrinando tra caserme e incarichi alpini fino ad arrivare al secondo conflitto mondiale e ai tragici scontri con gli Slavi sul confine orientale, su quel confine travagliato, e ai massacri a cui scampò miracolosamente.

3. Entriamo adesso nel “vivo” del libro, ovvero il reparto alpino di “dimenticati”. Qual è la loro storia, in breve?

Ubaldo IngravalleIl racconto incontra presto le vicende di migliaia di richiamati nel Battaglione Val Camonica tutti con un età elevata, spesso sopra i quarant’anni di età, padri e mariti delle alti valli della Lombardia prima, e di tutta Italia poi. Non dovevano in realtà combattere in prima linea ma quel vorace conflitto li vide schierati prima al Tonale, poi sul lontano Rombon e infine macellati nella prima difesa del Monte Grappa nel 1917, dove il Reparto venne annientato e ricostruito due volte. Li definiamo così “dimenticati” perché di quella sofferta compagine questo è il primo testo che ne parla, e di loro non esiste un saggio, un monumento, una via o un’aula pubblica e nemmeno nelle valli da dove partirono e dove non ritornarono. La figura del nonno, Ufficiale del Reparto, passa così presto in seconda linea per fare emergere le misere storie di altri nonni, abituati alle privazioni e fatiche ma che non videro mai coronato il loro ricordo e valutate le loro incredibili sofferenze.

4. C’è un evento in particolare che suo nonno ricordava con maggior interesse?

Raccontò pochissimo di quegli anni, e solo il ritrovamento del Diario Storico del Reparto a Roma, ci ha permesso di ricostruirne la storia, ma dava giustificazione della sua calvizie, non alla ferita patita sul Grappa, ma al fatto che vide imbiancare e cadere tutta la sua capigliatura, in quelle tre settimane di orrori, su di quella montagna. Momenti in cui si videro contrastare le baldanzose truppe di Rommel, e che avevano ormai solo quel  baluardo che li separava dalla pianura veneta, e per sbucare poi, alle spalle del Piave.